
In La Svizzera è un paese neutrale (e felice) (Laterza 2025) Maurizio Binaghi osserva come il paese alpino sia spesso ridotto a una serie di luoghi comuni. Le Alpi, il cioccolato, gli orologi, le banche, la prosperità economica, la qualità della vita, la neutralità dipingono l’immagine di un paese prospero, preciso, affidabile, felice e noioso. Ma la Svizzera rimane in gran parte sconosciuta. Molti ne hanno una visione stereotipata – un’immagine positiva dovuta al suo sistema democratico unico al mondo. Le finanze sono eccellenti (debito pubblico al 28 per cento nel 2023), la disoccupazione è bassa (2 per cento). Il paese possiede la quinta flotta mercantile in Europa. Il franco è la quinta moneta più importante al mondo. Gli investimenti in R&S rappresentano il 3 per cento del PIL, rendendo la Svizzera uno dei paesi con il maggior numero di brevetti e Nobel pro capite. Sonderfall Schweiz?
La neutralità svizzera viene spesso criticata come massima espressione di ipocrisia, viltà, opportunismo o avidità, specialmente in riferimento al sistema bancario. Gli svizzeri, considerati incapaci di vera grandezza, sembrano essere in costante ricerca della propria identità. Orson Welles affermò che essi, in cinque secoli di pace, riuscirono a inventare solo gli orologi a cucù. Denis de Rougemont disse che «i popoli felici non hanno storia». In realtà, la Svizzera possiede, come tutti gli Stati, una ricca storia europea caratterizzata da divisioni e conflitti. La narrazione del mito delle origini è fondamentale per la creazione di un’identità collettiva. Nel mitico racconto della fondazione c’è la resistenza contro gli aggressori, la difesa – militare, politica, culturale e spirituale – dell’indipendenza e della libertà. La Svizzera si fonda sul rifiuto, scrive Binaghi: il rifiuto di sottomettersi. Prevale dunque l’immagine della “Willesnation”. Tenuta ai margini dei conflitti, la Svizzera ha potuto seguire il suo “Sonderweg”.
Solo così ha beneficiato delle condizioni ideali per trasformarsi in uno degli Stati più aperti in termini di scambi. L’astensionismo nelle relazioni internazionali è funzionale alle dimensioni ridotte del paese e serve a mantenere la sua coesione. Per secoli, l’isolamento politico è stato considerato un prerequisito per la ricerca del compromesso interno. La neutralità è per gli svizzeri un elemento fondamentale di identificazione nazionale, secondo Binaghi. Benché essa non sia un’invenzione svizzera, la Confederazione l’ha praticata a lungo e ha contribuito alla sua definizione giuridica. Tommaso Moro descrisse gli svizzeri come primitivi, privi di cultura politica. Jean Bodin come un insieme caotico di piccole repubbliche. Niccolò Machiavelli, invece, elogiò i confederati come «armatissimi e liberissimi». Gli svizzeri vengono ritratti come valorosi guerrieri e popolo distinto, situato ai margini della civiltà. Guglielmo Tell, il cui tirannicidio simboleggia la resistenza all’oppressione asburgica, è emblematica.
La Confederazione nasce da un atto di resistenza. La libertà non significa liberazione dall’Impero, scrive Binaghi, ma libertà di difendere i privilegi concessi dall’Impero stesso. Le comunità si organizzano politicamente secondo il modello comunale, con assemblee locali che gestiscono i beni comuni e regolano la vita sociale. Queste assemblee, tuttavia, non sono democratiche in senso moderno, poiché il potere rimane nelle mani di poche famiglie. Il giuramento di Uri, Svitto e Untervaldo nel 1291 segna l’inizio della Confederazione. La coesione ancestrale vene confermata nel 1315 col Patto di Brunnen. Si formano alleanze, con Berna che diventa la più grande città-Stato della Germania. Nel 1316, in segno di gratitudine per il sostegno nella disputa per la successione al trono, Ludovico il Bavaro riconferma il privilegio imperiale alle tre comunità. Nel 1370, sei città approvano un primo statuto comune, la Carta dei preti.
Le leghe svizzere colmano il vuoto geopolitico lasciato dagli Asburgo, distratti dall’acquisizione di nuovi principati a est. Nel 1386 avviene la battaglia di Sempach contro l’Austria, dove le truppe asburgiche vengono annientate dalla fanteria di Lucerna, Uri, Svitto e Untervaldo. La sconfitta asburgica suscita grande scalpore per la violenza dell’azione confederata. Per i confederati, invece, Sempach diventa un simbolo di benedizione divina. Il mito di Arnold von Winkelried, che si sacrifica aprendo un varco nelle lance nemiche, diventa un esempio di sacrificio patriottico. Nel 1393 tutti gli otto cantoni firmano la Convenzione di Sempach, una pace territoriale che limita le violenze in caso di guerra e regola il sostegno militare reciproco. Nel Quattrocento, la Confederazione si estende dal lago di Ginevra a quello di Costanza, negoziando trattati con Asburgo e re francesi. Lo scontro con la Borgogna segna un periodo di campagne militari.
Gli eserciti svizzeri si dimostrano invincibili. Berna gioca un ruolo chiave, invadendo i territori della Savoia, alleata della Borgogna. Il mercenariato diventa un elemento distintivo: i confederati combattono in formazioni compatte, note come quadrati svizzeri. Con la Convenzione di Stans (1481), la Confederazione si espande includendo Friburgo e Soletta. La guerra di Svevia porta all’ingresso di Basilea e Sciaffusa. Con la frontiera settentrionale consolidata, l’attenzione della Confederazione si rivolge verso Sud. Il trattato di Arona vede la Lombardia cedere Bellinzona e Riviera: nella Confederazione si parla ora anche italiano. La sconfitta confederata a Marignano ha come conseguenza la firma nel 1516 della Pace perpetua con la Francia. Il Ticino viene assegnato agli svizzeri, insieme con Valtellina, Bormio e Chiavenna (baliaggi). La Francia, in cambio di queste concessioni, ottiene un accesso privilegiato al reclutamento di mercenari svizzeri, mentre la Confederazione beneficia di risorse economiche e militari.
La neutralità trova origine in Nicolao della Flüe, il pacificatore degli svizzeri alla Convenzione di Stans, che consigliava: «Non lasciatevi coinvolgere negli affari degli altri». La sconfitta non è più vista come un fallimento, ma come una lezione di saggezza. Un momento in cui la Svizzera impara l’importanza di evitare le guerre espansionistiche e di concentrarsi sulla difesa dell’autonomia. La neutralità è il risultato della trasformazione delle relazioni internazionali, frutto del passaggio da un sistema imperiale medievale a una moderna rete di Stati sovrani. Binaghi esplora la Riforma, frutto maturo del pensiero umanista. Erasmo da Rotterdam e Ulrico Zwingli sfidano il tradizionale ordine liturgico. La Riforma svizzera si distingue per il suo carattere urbano e repubblicano. A differenza di Martin Lutero, che sostiene l’autorità del principe come incontestabile ed ereditaria, Zwingli considera i magistrati come l’espressione del consenso popolare.
In Svizzera, le dispute religiose si svolgono in tedesco e non in latino, come avviene in Germania, rendendole più accessibili. A Zurigo le immagini sacre vengono rimosse dalle chiese. L’azione di Zwingli coincide con gli interessi delle principali città dell’Altopiano. Berna sfrutta l’espansione del culto evangelico per strappare alla Savoia il Vaud. Con questo ampliamento, il territorio della Confederazione diventa trilingue. La Svizzera si trova divisa a causa della Riforma. Numericamente, i cantoni cattolici sono in maggioranza. Ma le città più potenti (Zurigo, Berna, Basilea) sono riformate. Nel 1531 le due fazioni si scontrano a Kappel. La sconfitta degli zurighesi è decisiva: sul campo rimangono centinaia di morti, incluso Zwingli. I protestanti non possono imporre con la forza il loro credo ai cantoni cattolici. I cattolici non hanno i mezzi per sottomettere i cantoni riformati. Si stabilisce una convivenza di due confessioni.
La Pace di Kappel prevede che ciascun cantone fosse libero di stabilire la confessione dei cittadini, anticipando la Pace di Augusta. Ad Aegidius Tschudi si deve l’invenzione dell’Elvezia nel 1538. Appellandosi alla discendenza dagli Elvezi, antico popolo celtico, Tschudi cerca di legittimare l’idea di un’identità svizzera distinta dalle influenze franco-tedesche, evidenziando l’amore per la libertà. I conflitti interni al movimento anabattista portano alla nascita della comunità amish, fondata da Jakob Ammann, in Pennsylvania, Ohio, Indiana. Sotto la guida di Giovanni Calvino, Ginevra diventa la Roma protestante. L’autoamministrazione calvinista permette la formazione di comunità religiose nei territori ostili, come la Francia, dove i calvinisti sono chiamati ugonotti (una traduzione francese di “Eidgenossen”, confederati). Altre chiese calviniste si formano in Scozia, Inghilterra, Paesi Bassi, Germania, Polonia, influenzando pure i pellegrini del Mayflower. Calvino e il successore Theodore de Bèze lasciano un’eredità duratura.
Nel 1815, con l’ingresso di Ginevra nella Confederazione, la città porta con sé la sua reputazione di severità etica e umanista. La Guerra dei Trent’anni costringe i cantoni a trasformare la neutralità in una neutralità obbligata. Alla Pace di Vestfalia, che pone fine alla guerra, la Confederazione ottiene la piena libertà ed esenzione dall’Impero e afferma la neutralità armata. Questo favorisce la stabilità politica e la prosperità economica, promuovendo sviluppi tecnologici e relazioni commerciali, come documentato nel Libro bianco di Sarnen. La Confederazione offre asilo solo a quei rifugiati che possono dare in cambio un contributo allo sviluppo economico. Jacques Necker evidenzia il rapporto tra crescita del settore bancario e sviluppo del protestantesimo. La produzione necessita di sbocchi esteri che il mercato locale non può assorbire. Il successo dell’artigianato svizzero è dovuto all’alta qualità dei prodotti e all’espansione dei beni di lusso.
Dopo aver trascorso anni a Torino come apprendista, François-Louis Cailler sviluppa una tecnica per solidificare il cioccolato: nasce la tavoletta. Suo genero, Daniel Peter, inventa il cioccolato al latte. Mastri costruttori ticinesi e mesolcinesi iniziano a emigrare, trasformando la migrazione artistica in un elemento fondante dell’identità elvetica. È opinione comune considerare la Confederazione estranea alle dinamiche del colonialismo e dello schiavismo. Tuttavia, la popolazione assimila gradualmente mode, misconoscenze e stereotipi razzisti. Tra il 1773 e il 1830 gli svizzeri sono stati coinvolti in un centinaio di spedizioni, che hanno portato alla deportazione di un numero di africani nelle Americhe compreso tra i 18mila e i 25mila, ricorda Binaghi. Cittadini elvetici risultano proprietari di schiavi, soprattutto nelle Americhe. L’invasione del 1798 di Napoleone Bonaparte decreta la fine dell’antica Confederazione e l’istituzione della Repubblica Elvetica. La neutralità viene abolita e l’Elvetica diventa subordinata alla Francia.
Si assiste alla formazione dello Stato unitario, che si basa su principi giuridici validi ancora oggi: sovranità popolare, separazione dei poteri, Stato di diritto, uguaglianza davanti alla legge, diritti individuali come la libertà di opinione, stampa, commercio e domicilio. Col suo dramma “Wilhelm Tell” (1804), Friedrich Schiller idealizza l’esperienza elvetica, trasformando la storia della Confederazione in una storia di libertà e resistenza legittima contro la tirannia. I soggetti italiani dei Grigioni (Valtellina, Bormio, Chiavenna) optano per l’adesione alla Repubblica Cisalpina, distaccandosi dalla Confederazione. La Repubblica Elvetica subisce una damnatio memoriae, ricorda Binaghi, considerata come un esperimento contro natura. Poiché la Repubblica Elvetica rimane instabile, nel 1803 Napoleone impone l’Atto di Mediazione con l’obiettivo di calmare la situazione. Con la riorganizzazione federalista, non solo i cantoni recuperano la loro sovranità, ma i baliaggi diventano entità sovrane, come il Ticino.
Non si fa menzione della neutralità nella Mediazione. Ma la Confederazione rimane un protettorato francese. Nella memoria collettiva, la Mediazione è più positiva rispetto a quella della Repubblica. E Napoleone è erto a padre della patria. Nel 1815, la Dichiarazione di Vienna sancisce che la neutralità è riconosciuta a livello internazionale. Le potenze non solo riconoscono la neutralità, ma la garantiscono nell’interesse dell’Europa. La Svizzera si trasforma in uno Stato neutrale per scelta. La Confederazione, la cui principale istituzione è la Dieta – con rappresentanti dei 22 cantoni – ha competenze limitate. La Restaurazione vede emergere il movimento liberale che mira a cambiare i rapporti politici a livello cantonale, cercando di scardinare l’egemonia conservatrice. I cantoni rigenerati premono per una revisione del patto federale, mentre i conservatori minacciano di ricorrere alle potenze per ristabilire lo status quo.
Temendo un’imposizione radicale con la forza, i cantoni conservatori stipulano nel 1845 il Sonderbund. La maggioranza della Dieta condanna come illegale il Sonderbund e ne chiede lo scioglimento. Nel 1847, come reazione, i conservatori mobilitano le loro truppe, segnando la secessione. Le forze federali, guidate da Guillaume-Henri Dufour, sconfiggono il Sonderbund. Nel 1848 si giunge all’adozione di una nuova Costituzione che trasforma la Svizzera in una federazione. Lo Stato federale affronta riforme cruciali: il governo non può essere sfiduciato, l’introduzione del franco, l’unificazione dei pesi, il miglioramento delle infrastrutture, la gestione della posta. La ferrovia come motore dello sviluppo, insieme all’industria meccanica e alla metallurgia. Nel 1855 apre l’ETH e l’anno dopo viene fondato il Credit Suisse. Contrariamente al 1815, quando la Svizzera aveva sottoposto la propria struttura politica all’approvazione delle potenze europee, questa volta la Costituzione è affare interno, fondato sul consenso popolare.
La Dieta discute la neutralità come un mezzo politico, concordando sul fatto che la Confederazione deve riservarsi il diritto di allontanarsi dalla sua posizione neutrale. Dopo il massacro di Perugia del 1859, in cui soldati svizzeri al servizio del Papa si macchiano di gravi violenze contro i civili, l’Assemblea federale vieta ai cittadini di prestare servizio militare all’estero. Questo rappresenta la conclusione della lunga era del mercenariato. La neutralità svizzera acquisisce una nuova dimensione con la fondazione, nel 1863, del Comitato Internazionale della Croce Rossa di Henry Dunant e altre figure come Dufour. L’impegno della Confederazione nel diritto internazionale umanitario diventa parte integrante della sua politica estera, armonizzandosi con la neutralità. Nel 1880 Johanna Spyri pubblica due racconti che, tradotti in settanta lingue, narrano la storia di Heidi. Le Alpi diventano una meta sempre più popolare tra le élite europee.
Tra il 1872 e il 1882 lavorano al traforo del San Gottardo migliaia di italiani, che costituiscono tra l’80 per cento di tutti i manovali, muratori e minatori, in condizioni disumane. Tra il 1880 e il 1910 il numero degli italiani in Svizzera raddoppia, raggiungendo il 36 per cento della popolazione straniera. Nessun altro gruppo di immigrati quanto quello italiano influenza così profondamente le condizioni politiche e socioculturali del paese. Nella Costituzione è sancita la discriminazione nei confronti dei cittadini svizzeri di fede ebraica, a cui non è concessa la libertà di domicilio, per timore che in base al diritto si verifichi una massiccia immigrazione di ebrei francesi. Il sistema politico svizzero è guidato dai radicali, che dominano il parlamento e il governo. Si tratta di un gruppo, formato dall’élite economica e industriale, si trova a fronteggiare un crescente movimento democratico che chiede una maggiore partecipazione popolare.
La revisione della Costituzione del 1874 è una risposta a queste richieste e introduce strumenti di democrazia diretta, come il referendum facoltativo – che permette ai cittadini di bloccare leggi federali – e l’iniziativa popolare del 1891, che consente di proporre emendamenti costituzionali. Il primo utilizzo del diritto d’iniziativa nel 1893 è sul divieto della macellazione rituale. Nonostante sia presentato come una misura a tutela degli animali, il divieto colpisce le norme religiose ebraiche. Il ricorso al popolo per sostenere posizioni conservatrici e reazionarie non colpisce solo la minoranza ebraica, ma anche le donne, a cui l’elettorato maschile nega il diritto di votare, eleggere ed essere elette. Se la Costituzione del 1848 pone le basi per il sistema democratico svizzero, avverte Binaghi, la sua evoluzione è caratterizzata da tensioni tra principi di libertà e pratiche politiche che favoriscono le forze conservatrici.
La Svizzera è un esempio di società borghese e si distingue per il suo stile di vita e valori che si allineano a quelli che diventeranno virtù nazionali: operosità, precisione, diligenza, ordine, individuo, proprietà privata, famiglia, democrazia, esercito, patria. Di fronte alla crescente pressione dei nazionalismi esterni e alla minaccia dell’internazionalismo socialista, la Svizzera rafforza la propria identità nazionale. E riesce a legittimarsi come un piccolo Stato neutrale e multiculturale; un modello di convivenza democratica e repubblicana, di riconciliazione e pacificazione. Le conferenze di pace del 1899 e del 1907 all’Aja portano all’adozione delle convenzioni internazionali sui diritti e doveri degli Stati neutrali in tempo di guerra. La convenzione del 1907 codifica i diritti della Svizzera come Stato neutrale, stabilendo l’inviolabilità delle sue frontiere, l’impossibilità di transito di truppe belligeranti. Le due convenzioni sono ancora oggi gli unici accordi di diritto internazionale che regolano il diritto della neutralità.
Nel frattempo, emerge un contenzioso tra Svizzera e Germania. Otto von Bismarck accusa anarchici e socialisti in Svizzera e vuole imporre al paese restrizioni al diritto d’asilo. Negli anni Novanta, in concomitanza con l’aumento del terrorismo anarchico, la Svizzera applica una politica repressiva. E procede all’espulsione di esuli nel 1895. Tra di essi vi è l’anarchico Pietro Gori che, per l’occasione, scrive “Addio Lugano bella”. La crescita imponente del nuovo Stato tedesco affascina la maggioranza germanofona della Confederazione. Il Reich prussiano appare la dimostrazione della supremazia della Zivilisation germanica sulla civiltà latina. Ma i romandi tendono a favorire il revanscismo francese, volgendosi preoccupati verso Parigi. In Ticino si condanna l’italofobia delle autorità svizzere. La firma della Triplice Alleanza tra Germania, Italia e Austria-Ungheria rende probabile l’utilizzo del territorio come luogo di incontro delle forze alleate in caso di conflitto con la Francia.
Dunque, la neutralità deve essere armata in modo che eventuali aggressori possano trovare nella resistenza militare un deterrente. La Svizzera decide di investire nella costruzione di fortezze per aumentare la sua capacità dissuasiva. L’esercito di milizia è composto da cittadini che prestano servizio militare a tempo parziale. La Svizzera vede nell’Italia la minaccia principale, a causa dell’irredentismo. Il CICR ha un ruolo centrale nel sostegno ai POW e nel 1917 è insignito del Nobel per la Pace. La Svizzera diventa luogo di rifugio per numerosi uomini politici, artisti, pacifisti e disertori. La critica più radicale alla guerra proviene dai bolscevichi di Lenin e dal movimento dadaista, nato a Zurigo. Questa accoglienza diventa un elemento dell’identità svizzera, definita come diplomazia umanitaria. Il Consiglio federale notifica la Dichiarazione di neutralità a tutte le potenze firmatarie del Trattato del 1815. La Germania rassicura la Confederazione, sebbene abbia invaso i neutrali Belgio e Lussemburgo.
Per avere successo, il piano Schlieffen-Moltke necessita che il fronte meridionale tedesco sia privo di pericoli. Per la Svizzera è importante che la neutralità sia credibile. Si crea una situazione vantaggiosa per entrambi. Si procede alla nomina del generale, lo zurighese Ulrich Wille, inviso ai romandi, convinto della vittoria della Germania. L’esercito svizzero è preparato a una guerra difensiva di breve durata. Londra e Parigi insistono affinché il governo proibisca l’esportazione di alcune materie prime verso gli Stati nemici. Si crea un “fossato morale” tra le due regioni linguistiche. Nel 1918 scoppia lo sciopero generale, definito come l’applicazione dell’esperimento leninista alla Svizzera. Si tratta della più grave crisi interna della storia del paese. Lo Stato liberale è restio a intervenire. Lo sciopero blocca il paese e provoca le elezioni anticipate, le prime a suffragio universale maschile. Una rivoluzione del sistema politico.
I liberali perdono la metà dei seggi, mentre il Partito Socialista raddoppia la rappresentanza. L’anticomunismo e la figura del “giudeo-bolscevico” incarnano una nuova minaccia del nemico. Si gettano le basi per norme discriminatorie sull’immigrazione che avrebbero segnato il XX secolo, constata Binaghi. Ginevra diventa il centro della Società delle Nazioni. Fulcro del meccanismo di protezione collettiva sono le misure punitive militari ed economiche congiunte. La Svizzera partecipa alle sanzioni economiche solo per solidarietà e si riconosce la particolarità del paese, esentato dall’adesione alle misure militari. L’Unione popolare per l’autonomia della Svizzera accoglie nell’agosto 1923 Adolf Hitler a Zurigo e gli danno 30mila franchi in sovvenzioni. La neutralità permanente si fonda su due elementi: il diritto di neutralità – definito dalle norme internazionali – e la politica di neutralità – azioni che uno Stato neutrale attua in tempo di pace per garantire l’efficienza e l’attendibilità della sua neutralità.
Se il diritto di neutralità durante un conflitto rappresenta un aspetto stabile e invariato, la politica di neutralità viene modificata in base ai mutamenti del panorama internazionale. L’accesso della Svizzera alla SdN comporta una politica di neutralità più elastica, la neutralità differenziata. Così il paese può scegliere di sostenere sia le misure restrittive economiche. La neutralità totale presuppone un collegamento stretto tra diritto di neutralità e politica di neutralità, escludendo qualsiasi patto politico o militare e la non adesione a misure restrittive economiche. Benito Mussolini si trasferisce in Svizzera dal 1902 al 1904 per evitare il servizio militare e condurre l’attività politica socialista. Critica la Svizzera come «democrazia salsicciaia». Il primo nucleo fascista fuori dall’Italia sorge nel 1920 a Lugano. Nonostante il Consiglio federale tenti di conservare rapporti positivi con l’Italia, limitandosi a proibire l’utilizzo della camicia nera, il regime fascista influenza il contesto politico elvetico.
Nel 1937 l’Università di Losanna gli conferisce il dottorato honoris causa per aver creato «un’organizzazione sociale che ha arricchito la scienza sociologica». Durante gli accordi di Monaco, Giuseppe Motta elogia Mussolini. La Svizzera diventa un centro finanziario importante assumendo la posizione di centro di capitali internazionali, consolidando il franco. Nel 1934 la Confederazione stabilisce la legge sulle banche, che definisce alcune norme riguardanti l’organizzazione e l’amministrazione degli istituti. L’articolo 47 conferma il segreto bancario, il simbolo identitario svizzero più discusso. Il Nationale Front (1930-1943) imita i modelli italiani e tedeschi, tramite gruppi di aggressori responsabili di episodi di violenza – come l’invasione a Zurigo guidata da James Schwarzenbach. Il movimento attira consensi tra gli intellettuali come Friedrich Dürrenmatt. La classe borghese perde la sua coesione politica e trova nell’opposizione al comunismo l’ambito di collaborazione comune. Nel 1936 l’autorità svizzera pubblica due ordinanze che proibiscono l’esportazione di armamenti verso la Spagna.
Equiparando i due schieramenti si avvantaggia il fronte nazionalista. Nascosta dietro l’apparenza della neutralità, la strategia è motivata dalla tutela degli interessi svizzeri in Spagna, ricorda Binaghi. Con l’attacco italiano contro l’Abissinia, la Svizzera si trova obbligata dalla SdN ad applicare sanzioni economiche. Attenta a non danneggiare i legami con l’Italia e a salvaguardare gli interessi, la Svizzera evita di criticare l’invasione dell’Etiopia. Anzi, suggerisce che sia Addis Abeba a essere allontanata dalla SdN, sostenendo che l’Etiopia non ha rispettato gli impegni sull’eliminazione della schiavitù. La Svizzera diventa il primo paese neutrale a riconoscere il dominio italiano sull’Etiopia. Hailé Selassié, commosso al Palazzo delle Nazioni, denuncia il tradimento della comunità internazionale e della Svizzera. Di fronte all’Anschluss, accettato dalla Svizzera, il governo dichiara che non rispetterà più l’obbligo di partecipare a provvedimenti internazionali; dunque, vara il ritorno alla neutralità integrale – quindi nessuna sanzione.
Il Consiglio federale invia al parlamento un comunicato riguardante i mezzi per mantenere e divulgare il patrimonio spirituale della Confederazione: la Difesa nazionale spirituale, una formulazione ufficiale e sistematica dell’identità svizzera per proteggere e valorizzare le caratteristiche distintive del paese. La Difesa spirituale risponde alle insicurezze dell’epoca, fornendo un fondamento ideologico robusto e aggregante. Consolidata dall’esperienza bellica, costituisce ancora oggi il substrato concettuale attraverso cui una porzione rilevante della popolazione interpreta la realtà. Il 30 agosto 1939 l’Assemblea federale nomina al comando dell’esercito Henri Guisan. La designazione del francofono vuole dimostrare che le fratture del 1914 sono superate. Conservatore e non privo di simpatie verso i regimi autoritari, diventa oggetto di venerazione. Il 25 giugno 1940 Marcel Pilet-Golaz, presidente della Confederazione, invita i cittadini affinché seguano il governo che deve assumersi delle responsabilità di fronte al nuovo ordine europeo. Il messaggio provoca una reazione contraria nell’opinione pubblica.
Duemila svizzeri giurano fedeltà al Führer e servono nelle SS. Altri si uniscono ai movimenti di resistenza europei. Le istituzioni adottano una strategia volta a impedire che la Confederazione diventi un luogo stabile di accoglienza per gli ebrei. Ma Heinrich Rothmund, responsabile dell’ufficio di polizia degli stranieri e della divisione di polizia, afferma che non è desiderabile che la popolazione ebraica superi una certa quota. Gli svizzeri richiedono alla Germania un sistema per identificare gli ebrei in uscita dal Terzo Reich. Il timbro J è già utilizzato nell’amministrazione federale dal 1919. Dall’ottobre 1938 l’obbligo del visto per i tedeschi non ariani è effettivo. Con questo provvedimento la Svizzera adotta la normativa antisemita tedesca. Giustificata come un provvedimento sotto pressione e impulso tedeschi, la misura del timbro costituisce una testimonianza dell’ampio spazio di azione che le autorità svizzere possiedono nei confronti della Germania nazista, ricorda Binaghi.
Il timbro rappresenta una grave macchia sulla politica d’asilo, tanto che lo stesso Rothmund si oppone al provvedimento. Nel maggio 1942, Franz Rudolph von Weiss, console svizzero a Colonia, trasmette a Berna un resoconto sulle violenze contro gli ebrei sul fronte russo. L’uso del gas per l’eliminazione degli ebrei è menzionato in un comunicato del novembre 1942, esaminato da Pilet-Golaz. Nel 1944 Carl Lutz a Budapest riesce, con un’iniziativa diplomatico-umanitaria oltre il suo incarico, a salvare 62mila ebrei ungheresi, la metà dei 120mila sopravvissuti. Nel luglio 1944 le autorità svizzere aprono le frontiere a chiunque si trovi in pericolo di vita. Per la prima volta, Berna riconosce che gli ebrei sono da considerarsi in pericolo e devono essere accolti. Nel complesso, per la durata della guerra la Svizzera accoglie 60mila rifugiati civili, inclusi 19mila ebrei. La chiusura non può essere giustificata dal timore di una rappresaglia.
Jean-François Bergier sostiene che la politica d’asilo svizzera durante la guerra è stata eccessivamente restrittiva e inutilmente severa. Numerose persone in pericolo sono state respinte senza motivazione e quelle accolte non sono state trattate con rispetto. La politica ufficiale è rimasta rigida, nonostante le autorità fossero coscienti delle conseguenze per le vittime e sapevano che un atteggiamento più elastico non avrebbe comportato effetti intollerabili né per la sovranità del paese né per la popolazione. Certo, afferma Binaghi, col procedere della guerra, la politica è diventa più umanitaria. Ma nel 1944 è tardi. La Shoah è anche storia svizzera. Nella primavera-estate 1940 il rischio di un’invasione tedesca è elevato. Quando vengono rivelate le prove dei contatti di Guisan con lo Stato maggiore francese, Hitler chiede la preparazione di un piano di invasione – l’Operazione Tannenbaum. L’iniziativa imprudente di Guisan di aprirsi a un’alleanza segreta coi francesi avrebbe peraltro legittimato l’attacco.
Il Führer disprezza gli svizzeri, «ripugnanti e meschini», poiché «hanno sperato di stare meglio separandosi dal destino comune del popolo tedesco». Ma la Svizzera non costituisce una priorità per la Germania e dipende dalle potenze dell’Asse. Costretta a seguire una politica di collaborazione, che non deve essere interpretata come sottomissione totale. La Svizzera offre equipaggiamento bellico alla Germania per 600 milioni di franchi e all’Italia 150 milioni, dieci volte superiore che agli Alleati. Dopo il 1940, il franco diventa la moneta internazionale per eccellenza, poiché sterlina e dollaro non sono più riconosciuti ovunque. Bisognoso di valuta estera, l’Asse riesce a procurarsela in Svizzera, vendendo l’oro sottratto alle banche centrali dei territori occupati. La BNS contribuisce al riciclaggio di quest’oro. Sebbene la politica di collaborazione economica e finanziaria abbia assicurato la clemenza tedesca e consentito la protezione del territorio dall’invasione, questa strategia ha danneggiato la reputazione della Svizzera.
Secondo Bergier, la cooperazione è andata spesso oltre il limite. Perciò Stalin non esita a chiamare gli svizzeri «porci» e rifiuta di instaurare rapporti diplomatici. Questo comportamento deriva anche dalle posizioni anticomuniste di Motta. Gli Alleati evidenziano che la partecipazione all’ONU implica obblighi incompatibili con la neutralità. Gli svizzeri chiedono, come nel 1920, di essere considerati un Sonderfall, per poter conciliare l’adesione con il mantenimento della neutralità integrale. Tale richiesta non è accolta. Il Consiglio federale, temendo una bocciatura, preferisce non sottoporre al voto popolare l’adesione, decidendo di restare fuori dall’ONU e le organizzazioni internazionali. Rifiuta la partecipazione a Bretton Woods, ritenendo gli obblighi del FMI incompatibili con la neutralità. Nel 1946 ottiene lo status di osservatore all’ONU, nel 1947 partecipa alla Corte internazionale di giustizia, all’UNICEF e all’UNESCO. Per superare l’isolamento internazionale, il governo adotta tre approcci, ricorda Binaghi.
Il primo: presentare la Svizzera come un paese neutrale, umanitario e generoso, cercando di riabilitare la sua immagine, compromessa dai rapporti economici col Reich. La seconda strategia prevede l’offerta di crediti commerciali ai paesi europei, in cambio dell’accesso ai prodotti svizzeri. Il centro finanziario registra un incremento del numero di clienti stranieri. La terza strategia prevede che i diplomatici avvino con gli Alleati le discussioni sulle responsabilità del paese e sulla questione del risarcimento in risposta alle accuse di occultamento nei rapporti economici con la Germania nazista. Dal 1943, gli americani hanno compilato una lista nera che include 1.300 imprese e individui svizzeri. Il segreto bancario ne esce potenziato. L’instaurazione di relazioni privilegiate con i singoli Stati, l’URSS, con cui nel 1946 firma un accordo commerciale e riprende i rapporti. Nel 1950 è tra i primi Stati occidentali a riconoscere la Cina maoista.
Il ministro degli Esteri Max Petitpierre fa della politica di anticomunismo attivo quasi una dottrina di Stato. La tendenza atlantista proviene dal settore industriale e finanziario. La Svizzera partecipa nel 1948 all’OECE (poi OECD/OCSE). Le autorità americane, inizialmente critiche verso la neutralità, apprezzano il contributo svizzero, segnando la fine dell’isolamento. Sotto la pressione degli Stati Uniti, la Svizzera è chiamata ad accettare l’accordo Hotz-Linder che la conduce a discriminare economicamente gli Stati del Blocco orientale. La Confederazione è considerata una specie di paese neutrale occidentale. Petitpierre è preoccupato dall’irrigidimento della neutralità: può ritorcersi contro e bloccare l’azione a livello internazionale. Dunque, ridefinisce una neutralità attiva collegandola al concetto di solidarietà e alla cooperazione internazionale. La Svizzera partecipa ai programmi di assistenza dell’ONU e avvia aiuti attraverso borse di studio e invio di esperti. Accolti ungheresi (1956), tibetani (1963), cecoslovacchi (1968), profughi del Sud-Est asiatico (1979) e polacchi (1982).
Contrasta il fatto che il governo accetta di accogliere solo duecento profughi cileni in fuga da Augusto Pinochet. In seguito a forti proteste, il governo estende il numero a 1.600, viste le accuse di solidarietà selettiva, contro la professata neutralità solidale, che ha liberato la Svizzera dall’isolamento degli anni. Dal 1959 il Consiglio federale è composto da due radicali, due cattolici, due socialisti e un membro del Partito dei contadini, degli artigiani e dei borghesi (PAB), rinominato UDC. Per garantire l’azione governativa, i ministri sono tenuti a rispettare la collegialità e a sostenere la posizione della maggioranza, anche quando in disaccordo. Gli svizzeri diventano sempre più fieri della loro cooperazione. La “formula magica” è considerata come l’esempio di una gloriosa e antica tradizione al compromesso. Tra il 1951 e il 1970 si verifica l’ondata immigratoria più rilevante nella storia Svizzera: 2,68 milioni di stranieri.
I lavoratori italiani passano da 140mila nel 1950 a 584mila nel 1970 e costituiscono la metà dei residenti stranieri in Svizzera. La preferenza viene data agli stagionali, lavoratori facilmente rimpatriabili. La continua rotazione serve a impedire che la manodopera si stabilizzi nel paese. Molti di questi uomini e donne non sposati vanno in Svizzera non solo per il problema di sostentamento, ma anche per alleviare quello delle famiglie. Scrive Max Frisch: «Un piccolo popolo sovrano si sente in pericolo: cercavamo braccia, sono arrivati uomini. […] Ci si sente invasi dagli stranieri, e allora si comincia lentamente a prendersela con loro. […] Non si è razzisti. […] Sono diversi». Nel 1961, in Svizzera sorge l’Azione nazionale che dal 1991 diventa i Democratici svizzeri. Il movimento, associato a Schwarzenbach, punta a imporre provvedimenti limitativi contro l’immigrazione, soprattutto dall’Europa meridionale. Il populismo di destra combina xenofobia e critica dell’élite.
Il Consiglio federale, sotto pressione sia della campagna antimmigrazione che delle richieste degli imprenditori necessitanti manodopera, sceglie una limitazione dell’immigrazione, fissando tetti annuali ai permessi di soggiorno. Questa scelta porta all’insuccesso dell’Iniziativa Schwarzenbach, che comunque raggiunge il 46 per cento dei voti nel 1970. Il ritardo nell’introduzione del suffragio femminile è collegato al sistema federale, che concede la sovranità ai cantoni e alla democrazia diretta, che affida agli uomini il compito di decidere tramite voto popolare la concessione del suffragio. Nel referendum del febbraio 1959 l’introduzione del suffragio femminile è respinta con una maggioranza di due terzi. Nel 1963 la Svizzera entra nel Consiglio d’Europa. Resta però l’unico stato a non aver firmato la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il governo decide di farlo, ma con riserva, perché nel documento è vietata la discriminazione in base al genere. La reputazione della Svizzera inizia a soffrire negativamente dell’esclusione delle donne.
Nel febbraio 1971, i cittadini approvano il diritto di voto femminile con 621.109 sì (65,7 per cento) contro 323.882 no. Nel 1981 la Costituzione viene modificata sia per garantire l’uguaglianza dei diritti tra uomini e donne. Operanti in diversi ambiti, dall’alimentare (Nestlé) all’assicurativo (Zurich, Vaudoise, Swiss Re), le holding svizzere subiscono una rivoluzione. Nel 1970 la Ciba e la Geigy si uniscono, creando la Ciba-Geigy, che nel 1996 si fonde con la Sandoz, con cui forma la Novartis. La finanziarizzazione dell’economia inizia con il trasferimento di capitali dall’Italia, dove vige l’impossibilità di realizzare operazioni finanziarie internazionali. Tali limitazioni inducono le grandi aziende a creare società finanziarie e banche in Ticino. La mobilitazione contro lo Spazio economico europeo viene guidata dall’Azione per una Svizzera neutrale e indipendente (ASNI) di Cristoph Blocher, con lo scopo di proteggere la tradizione bilaterale e per opporsi all’inserimento della Svizzera in istituzioni politiche sovranazionali.
Viene anche evocato il pericolo di un afflusso massiccio di stranieri, visto come un risultato inevitabile dell’apertura economica. L’ingresso nello SEE metterebbe in pericolo la natura del sistema politico svizzero. L’emergere di Blocher, che adotta nuovi metodi di comunicazione supportati da mezzi economici senza paragoni, trasforma i modelli consociativi del sistema politico, culminando nell’elezione dello stesso Blocher al Consiglio federale, rompendo la formula magica. La distanza tra la Svizzera francofona e quella tedesca comincia a ridursi, ma le diversità tra zone urbane e rurali rimangono, con le aree cittadine più inclini e le campagne più esitanti verso gli accordi con l’Europa. Il Congresso ebraico mondiale concentra reclama beni non reclamati appartenenti a vittime dell’Olocausto. Questi fondi si trovano nelle banche, che non hanno mai tentato di rintracciarne gli eredi. Per numerosi svizzeri il periodo della guerra costituisce un episodio positivo della loro vicenda nazionale per il mantenimento della neutralità.
Di conseguenza, le richieste di spiegazioni sul passato sono interpretate come interferenze. Bill Clinton chiede al viceministro al Commercio Stuart Eizenstat di intervenire e nel 1997 questi divulga un documento severissimo contro la Svizzera, definita «tesoriere della Germania nazista». La posizione di Eizenstat è sostenuta dal CEM, il cui presidente Israel Singer, nel 2005, dichiara sul Financial Times che la neutralità della Svizzera è stata un reato. Alla fine del 1996, il Consiglio federale crea la Commissione d’esperti per esaminare il ruolo della Svizzera nella guerra. Il rapporto conclusivo del 2002 modifica la visione tradizionale della Svizzera come vittima passiva delle pressioni esterne, sottolineando che possedeva una libertà d’azione, sia interna che internazionale. Lo Stato svizzero decise di non utilizzare la propria libertà decisionale, stabilendo un rapporto di cooperazione con la Germania nazista che andò oltre persino le previsioni tedesche.
Dopo il 1989 è indispensabile una strategia sulla neutralità, per cui il coinvolgimento della Svizzera nelle misure punitive economiche è compatibile. Già nel 1990, dopo l’occupazione del Kuwait da parte dell’Iraq, il Consiglio federale ha stabilito l’immediata adesione alle restrizioni decise dall’ONU. La Confederazione applica poi restrizioni contro vari stati, inclusi Haiti, Sierra Leone, Angola, Afghanistan, Iran e Libia. Per Serbia, Montenegro, Birmania e Siria ha implementato misure punitive stabilite dall’UE e dagli Stati Uniti. La nuova strategia confluisce nel Rapporto sulla neutralità del 1993. Col voto del marzo 2002, l’ingresso nell’ONU viene accettato con il 54,6 per cento dei votanti, benché la maggioranza cantonale sia minima. Dodici cantoni sostengono l’iniziativa, undici la respingono. Tra gli oppositori la Svizzera centrale, i cantoni orientali e il Ticino. La nazione diventa il 190° Stato membro dell’ONU, senza condizioni sulla neutralità. La partecipazione culmina con l’elezione al Consiglio di sicurezza nel 2023-2024.
Anche UBS si espone nel mercato immobiliare statunitense e nell’attività di banca d’investimento, speculando sui subprime. Ma nel 2008 viene giudicata troppo grande per fallire. Sono assegnati alla banca 70 miliardi di franchi, cioè il 13 per cento del PIL svizzero e del 58 per cento del debito pubblico. I Paesi del G20 minacciano di includere la Svizzera nell’elenco dei paradisi fiscali. Nel febbraio 2009, sotto la minaccia della revoca dell’autorizzazione negli Stati Uniti, UBS è obbligata a rivelare i nominativi di 255 clienti americani sospettati di evasione fiscale e a versare una sanzione di 780 milioni di dollari. La cessazione del segreto bancario è un grave contraccolpo per l’identità nazionale. La proposta udc “contro l’immigrazione di massa” sollecita un contenimento dei flussi migratori e ottiene l’approvazione il 9 febbraio 2014 con il 50,3 per cento. L’UE manifesta forte disappunto, escludendo la Svizzera da Horizon.
La vicenda di Credit Suisse del 2023 vede la liquidazione della più antica banca svizzera e l’integrazione con UBS. Il colosso occupa 124.500 individui nel pianeta, che diminuiranno del 20 per cento in dieci anni, dei quali 37.420 in Svizzera. Con l’emergenza del Covid-19 e l’attacco all’Ucraina, Ignazio Cassis suggerisce un principio denominato neutralità partecipativa che aspira a un aggiornamento rispetto al 1993. La Svizzera non può mantenersi neutrale davanti agli abusi delle norme internazionali. La nazione elvetica recepisce le misure restrittive dell’UE contro la Russia. Cassis giustifica la decisione, argomentando che l’imparzialità non va equiparata all’indifferenza verso gli oltraggi al diritto internazionale. La Svizzera ha dunque superato la consueta imparzialità, preservata perfino con la Germania hitleriana. Colpisce la vastità dell’attenzione su scala mondiale, osserva Binaghi. L’implementazione delle sanzioni non rappresenta una novità assoluta. Costituisce, pertanto, una metodologia consolidata dal 1990.
L’UDC manifesta dissenso contro Cassis. Secondo cui, la neutralità deve funzionare come strumento di politica estera, subordinato alla politica di sicurezza, non viceversa. La neutralità viene periodicamente modificata in relazione ai mutamenti dell’ordine internazionale, come nel 1918, 1945 e 1989. Nel Rapporto del 1993 la Svizzera adotta la dottrina della sicurezza attraverso la collaborazione. La cooperazione è l’elemento essenziale per assicurare la stabilità e la pace, per il benessere della Confederazione. Da un lato, la Svizzera s’impegna a contribuire alla sicurezza collettiva. Dall’altro, conserva i principi della Convenzione dell’Aja. Ma alcune disposizioni della convenzione, come l’articolo 9 che richiede la parità di trattamento tra le parti in guerra, vanno abbandonate. Non è più ammissibile trattare l’aggressore e la vittima allo stesso modo. Questo principio, un tempo cruciale per la neutralità, è superato. Tuttavia, la narrazione della Difesa nazionale spirituale continua a condizionare l’opinione pubblica.
Amedeo Gasparini
In La Svizzera è un paese neutrale (e felice) (Laterza 2025) Maurizio Binaghi osserva come il paese alpino sia spesso ridotto a una serie di luoghi comuni. Le Alpi, il cioccolato, gli orologi, le banche, la prosperità economica, la qualità della vita, la neutralità dipingono l’immagine di un paese prospero, preciso, affidabile, felice e noioso. Ma la Svizzera rimane in gran parte sconosciuta. Molti ne hanno una visione stereotipata – un’immagine positiva dovuta al suo sistema democratico unico al mondo. Le finanze sono eccellenti (debito pubblico al 28 per cento nel 2023), la disoccupazione è bassa (2 per cento). Il paese possiede la quinta flotta mercantile in Europa. Il franco è la quinta moneta più importante al mondo. Gli investimenti in R&S rappresentano il 3 per cento del PIL, rendendo la Svizzera uno dei paesi con il maggior numero di brevetti e Nobel pro capite. Sonderfall Schweiz?
La neutralità svizzera viene spesso criticata come massima espressione di ipocrisia, viltà, opportunismo o avidità, specialmente in riferimento al sistema bancario. Gli svizzeri, considerati incapaci di vera grandezza, sembrano essere in costante ricerca della propria identità. Orson Welles affermò che essi, in cinque secoli di pace, riuscirono a inventare solo gli orologi a cucù. Denis de Rougemont disse che «i popoli felici non hanno storia». In realtà, la Svizzera possiede, come tutti gli Stati, una ricca storia europea caratterizzata da divisioni e conflitti. La narrazione del mito delle origini è fondamentale per la creazione di un’identità collettiva. Nel mitico racconto della fondazione c’è la resistenza contro gli aggressori, la difesa – militare, politica, culturale e spirituale – dell’indipendenza e della libertà. La Svizzera si fonda sul rifiuto, scrive Binaghi: il rifiuto di sottomettersi. Prevale dunque l’immagine della “Willesnation”. Tenuta ai margini dei conflitti, la Svizzera ha potuto seguire il suo “Sonderweg”.
Solo così ha beneficiato delle condizioni ideali per trasformarsi in uno degli Stati più aperti in termini di scambi. L’astensionismo nelle relazioni internazionali è funzionale alle dimensioni ridotte del paese e serve a mantenere la sua coesione. Per secoli, l’isolamento politico è stato considerato un prerequisito per la ricerca del compromesso interno. La neutralità è per gli svizzeri un elemento fondamentale di identificazione nazionale, secondo Binaghi. Benché essa non sia un’invenzione svizzera, la Confederazione l’ha praticata a lungo e ha contribuito alla sua definizione giuridica. Tommaso Moro descrisse gli svizzeri come primitivi, privi di cultura politica. Jean Bodin come un insieme caotico di piccole repubbliche. Niccolò Machiavelli, invece, elogiò i confederati come «armatissimi e liberissimi». Gli svizzeri vengono ritratti come valorosi guerrieri e popolo distinto, situato ai margini della civiltà. Guglielmo Tell, il cui tirannicidio simboleggia la resistenza all’oppressione asburgica, è emblematica.
La Confederazione nasce da un atto di resistenza. La libertà non significa liberazione dall’Impero, scrive Binaghi, ma libertà di difendere i privilegi concessi dall’Impero stesso. Le comunità si organizzano politicamente secondo il modello comunale, con assemblee locali che gestiscono i beni comuni e regolano la vita sociale. Queste assemblee, tuttavia, non sono democratiche in senso moderno, poiché il potere rimane nelle mani di poche famiglie. Il giuramento di Uri, Svitto e Untervaldo nel 1291 segna l’inizio della Confederazione. La coesione ancestrale vene confermata nel 1315 col Patto di Brunnen. Si formano alleanze, con Berna che diventa la più grande città-Stato della Germania. Nel 1316, in segno di gratitudine per il sostegno nella disputa per la successione al trono, Ludovico il Bavaro riconferma il privilegio imperiale alle tre comunità. Nel 1370, sei città approvano un primo statuto comune, la Carta dei preti.
Le leghe svizzere colmano il vuoto geopolitico lasciato dagli Asburgo, distratti dall’acquisizione di nuovi principati a est. Nel 1386 avviene la battaglia di Sempach contro l’Austria, dove le truppe asburgiche vengono annientate dalla fanteria di Lucerna, Uri, Svitto e Untervaldo. La sconfitta asburgica suscita grande scalpore per la violenza dell’azione confederata. Per i confederati, invece, Sempach diventa un simbolo di benedizione divina. Il mito di Arnold von Winkelried, che si sacrifica aprendo un varco nelle lance nemiche, diventa un esempio di sacrificio patriottico. Nel 1393 tutti gli otto cantoni firmano la Convenzione di Sempach, una pace territoriale che limita le violenze in caso di guerra e regola il sostegno militare reciproco. Nel Quattrocento, la Confederazione si estende dal lago di Ginevra a quello di Costanza, negoziando trattati con Asburgo e re francesi. Lo scontro con la Borgogna segna un periodo di campagne militari.
Gli eserciti svizzeri si dimostrano invincibili. Berna gioca un ruolo chiave, invadendo i territori della Savoia, alleata della Borgogna. Il mercenariato diventa un elemento distintivo: i confederati combattono in formazioni compatte, note come quadrati svizzeri. Con la Convenzione di Stans (1481), la Confederazione si espande includendo Friburgo e Soletta. La guerra di Svevia porta all’ingresso di Basilea e Sciaffusa. Con la frontiera settentrionale consolidata, l’attenzione della Confederazione si rivolge verso Sud. Il trattato di Arona vede la Lombardia cedere Bellinzona e Riviera: nella Confederazione si parla ora anche italiano. La sconfitta confederata a Marignano ha come conseguenza la firma nel 1516 della Pace perpetua con la Francia. Il Ticino viene assegnato agli svizzeri, insieme con Valtellina, Bormio e Chiavenna (baliaggi). La Francia, in cambio di queste concessioni, ottiene un accesso privilegiato al reclutamento di mercenari svizzeri, mentre la Confederazione beneficia di risorse economiche e militari.
La neutralità trova origine in Nicolao della Flüe, il pacificatore degli svizzeri alla Convenzione di Stans, che consigliava: «Non lasciatevi coinvolgere negli affari degli altri». La sconfitta non è più vista come un fallimento, ma come una lezione di saggezza. Un momento in cui la Svizzera impara l’importanza di evitare le guerre espansionistiche e di concentrarsi sulla difesa dell’autonomia. La neutralità è il risultato della trasformazione delle relazioni internazionali, frutto del passaggio da un sistema imperiale medievale a una moderna rete di Stati sovrani. Binaghi esplora la Riforma, frutto maturo del pensiero umanista. Erasmo da Rotterdam e Ulrico Zwingli sfidano il tradizionale ordine liturgico. La Riforma svizzera si distingue per il suo carattere urbano e repubblicano. A differenza di Martin Lutero, che sostiene l’autorità del principe come incontestabile ed ereditaria, Zwingli considera i magistrati come l’espressione del consenso popolare.
In Svizzera, le dispute religiose si svolgono in tedesco e non in latino, come avviene in Germania, rendendole più accessibili. A Zurigo le immagini sacre vengono rimosse dalle chiese. L’azione di Zwingli coincide con gli interessi delle principali città dell’Altopiano. Berna sfrutta l’espansione del culto evangelico per strappare alla Savoia il Vaud. Con questo ampliamento, il territorio della Confederazione diventa trilingue. La Svizzera si trova divisa a causa della Riforma. Numericamente, i cantoni cattolici sono in maggioranza. Ma le città più potenti (Zurigo, Berna, Basilea) sono riformate. Nel 1531 le due fazioni si scontrano a Kappel. La sconfitta degli zurighesi è decisiva: sul campo rimangono centinaia di morti, incluso Zwingli. I protestanti non possono imporre con la forza il loro credo ai cantoni cattolici. I cattolici non hanno i mezzi per sottomettere i cantoni riformati. Si stabilisce una convivenza di due confessioni.
La Pace di Kappel prevede che ciascun cantone fosse libero di stabilire la confessione dei cittadini, anticipando la Pace di Augusta. Ad Aegidius Tschudi si deve l’invenzione dell’Elvezia nel 1538. Appellandosi alla discendenza dagli Elvezi, antico popolo celtico, Tschudi cerca di legittimare l’idea di un’identità svizzera distinta dalle influenze franco-tedesche, evidenziando l’amore per la libertà. I conflitti interni al movimento anabattista portano alla nascita della comunità amish, fondata da Jakob Ammann, in Pennsylvania, Ohio, Indiana. Sotto la guida di Giovanni Calvino, Ginevra diventa la Roma protestante. L’autoamministrazione calvinista permette la formazione di comunità religiose nei territori ostili, come la Francia, dove i calvinisti sono chiamati ugonotti (una traduzione francese di “Eidgenossen”, confederati). Altre chiese calviniste si formano in Scozia, Inghilterra, Paesi Bassi, Germania, Polonia, influenzando pure i pellegrini del Mayflower. Calvino e il successore Theodore de Bèze lasciano un’eredità duratura.
Nel 1815, con l’ingresso di Ginevra nella Confederazione, la città porta con sé la sua reputazione di severità etica e umanista. La Guerra dei Trent’anni costringe i cantoni a trasformare la neutralità in una neutralità obbligata. Alla Pace di Vestfalia, che pone fine alla guerra, la Confederazione ottiene la piena libertà ed esenzione dall’Impero e afferma la neutralità armata. Questo favorisce la stabilità politica e la prosperità economica, promuovendo sviluppi tecnologici e relazioni commerciali, come documentato nel Libro bianco di Sarnen. La Confederazione offre asilo solo a quei rifugiati che possono dare in cambio un contributo allo sviluppo economico. Jacques Necker evidenzia il rapporto tra crescita del settore bancario e sviluppo del protestantesimo. La produzione necessita di sbocchi esteri che il mercato locale non può assorbire. Il successo dell’artigianato svizzero è dovuto all’alta qualità dei prodotti e all’espansione dei beni di lusso.
Dopo aver trascorso anni a Torino come apprendista, François-Louis Cailler sviluppa una tecnica per solidificare il cioccolato: nasce la tavoletta. Suo genero, Daniel Peter, inventa il cioccolato al latte. Mastri costruttori ticinesi e mesolcinesi iniziano a emigrare, trasformando la migrazione artistica in un elemento fondante dell’identità elvetica. È opinione comune considerare la Confederazione estranea alle dinamiche del colonialismo e dello schiavismo. Tuttavia, la popolazione assimila gradualmente mode, misconoscenze e stereotipi razzisti. Tra il 1773 e il 1830 gli svizzeri sono stati coinvolti in un centinaio di spedizioni, che hanno portato alla deportazione di un numero di africani nelle Americhe compreso tra i 18mila e i 25mila, ricorda Binaghi. Cittadini elvetici risultano proprietari di schiavi, soprattutto nelle Americhe. L’invasione del 1798 di Napoleone Bonaparte decreta la fine dell’antica Confederazione e l’istituzione della Repubblica Elvetica. La neutralità viene abolita e l’Elvetica diventa subordinata alla Francia.
Si assiste alla formazione dello Stato unitario, che si basa su principi giuridici validi ancora oggi: sovranità popolare, separazione dei poteri, Stato di diritto, uguaglianza davanti alla legge, diritti individuali come la libertà di opinione, stampa, commercio e domicilio. Col suo dramma “Wilhelm Tell” (1804), Friedrich Schiller idealizza l’esperienza elvetica, trasformando la storia della Confederazione in una storia di libertà e resistenza legittima contro la tirannia. I soggetti italiani dei Grigioni (Valtellina, Bormio, Chiavenna) optano per l’adesione alla Repubblica Cisalpina, distaccandosi dalla Confederazione. La Repubblica Elvetica subisce una damnatio memoriae, ricorda Binaghi, considerata come un esperimento contro natura. Poiché la Repubblica Elvetica rimane instabile, nel 1803 Napoleone impone l’Atto di Mediazione con l’obiettivo di calmare la situazione. Con la riorganizzazione federalista, non solo i cantoni recuperano la loro sovranità, ma i baliaggi diventano entità sovrane, come il Ticino.
Non si fa menzione della neutralità nella Mediazione. Ma la Confederazione rimane un protettorato francese. Nella memoria collettiva, la Mediazione è più positiva rispetto a quella della Repubblica. E Napoleone è erto a padre della patria. Nel 1815, la Dichiarazione di Vienna sancisce che la neutralità è riconosciuta a livello internazionale. Le potenze non solo riconoscono la neutralità, ma la garantiscono nell’interesse dell’Europa. La Svizzera si trasforma in uno Stato neutrale per scelta. La Confederazione, la cui principale istituzione è la Dieta – con rappresentanti dei 22 cantoni – ha competenze limitate. La Restaurazione vede emergere il movimento liberale che mira a cambiare i rapporti politici a livello cantonale, cercando di scardinare l’egemonia conservatrice. I cantoni rigenerati premono per una revisione del patto federale, mentre i conservatori minacciano di ricorrere alle potenze per ristabilire lo status quo.
Temendo un’imposizione radicale con la forza, i cantoni conservatori stipulano nel 1845 il Sonderbund. La maggioranza della Dieta condanna come illegale il Sonderbund e ne chiede lo scioglimento. Nel 1847, come reazione, i conservatori mobilitano le loro truppe, segnando la secessione. Le forze federali, guidate da Guillaume-Henri Dufour, sconfiggono il Sonderbund. Nel 1848 si giunge all’adozione di una nuova Costituzione che trasforma la Svizzera in una federazione. Lo Stato federale affronta riforme cruciali: il governo non può essere sfiduciato, l’introduzione del franco, l’unificazione dei pesi, il miglioramento delle infrastrutture, la gestione della posta. La ferrovia come motore dello sviluppo, insieme all’industria meccanica e alla metallurgia. Nel 1855 apre l’ETH e l’anno dopo viene fondato il Credit Suisse. Contrariamente al 1815, quando la Svizzera aveva sottoposto la propria struttura politica all’approvazione delle potenze europee, questa volta la Costituzione è affare interno, fondato sul consenso popolare.
La Dieta discute la neutralità come un mezzo politico, concordando sul fatto che la Confederazione deve riservarsi il diritto di allontanarsi dalla sua posizione neutrale. Dopo il massacro di Perugia del 1859, in cui soldati svizzeri al servizio del Papa si macchiano di gravi violenze contro i civili, l’Assemblea federale vieta ai cittadini di prestare servizio militare all’estero. Questo rappresenta la conclusione della lunga era del mercenariato. La neutralità svizzera acquisisce una nuova dimensione con la fondazione, nel 1863, del Comitato Internazionale della Croce Rossa di Henry Dunant e altre figure come Dufour. L’impegno della Confederazione nel diritto internazionale umanitario diventa parte integrante della sua politica estera, armonizzandosi con la neutralità. Nel 1880 Johanna Spyri pubblica due racconti che, tradotti in settanta lingue, narrano la storia di Heidi. Le Alpi diventano una meta sempre più popolare tra le élite europee.
Tra il 1872 e il 1882 lavorano al traforo del San Gottardo migliaia di italiani, che costituiscono tra l’80 per cento di tutti i manovali, muratori e minatori, in condizioni disumane. Tra il 1880 e il 1910 il numero degli italiani in Svizzera raddoppia, raggiungendo il 36 per cento della popolazione straniera. Nessun altro gruppo di immigrati quanto quello italiano influenza così profondamente le condizioni politiche e socioculturali del paese. Nella Costituzione è sancita la discriminazione nei confronti dei cittadini svizzeri di fede ebraica, a cui non è concessa la libertà di domicilio, per timore che in base al diritto si verifichi una massiccia immigrazione di ebrei francesi. Il sistema politico svizzero è guidato dai radicali, che dominano il parlamento e il governo. Si tratta di un gruppo, formato dall’élite economica e industriale, si trova a fronteggiare un crescente movimento democratico che chiede una maggiore partecipazione popolare.
La revisione della Costituzione del 1874 è una risposta a queste richieste e introduce strumenti di democrazia diretta, come il referendum facoltativo – che permette ai cittadini di bloccare leggi federali – e l’iniziativa popolare del 1891, che consente di proporre emendamenti costituzionali. Il primo utilizzo del diritto d’iniziativa nel 1893 è sul divieto della macellazione rituale. Nonostante sia presentato come una misura a tutela degli animali, il divieto colpisce le norme religiose ebraiche. Il ricorso al popolo per sostenere posizioni conservatrici e reazionarie non colpisce solo la minoranza ebraica, ma anche le donne, a cui l’elettorato maschile nega il diritto di votare, eleggere ed essere elette. Se la Costituzione del 1848 pone le basi per il sistema democratico svizzero, avverte Binaghi, la sua evoluzione è caratterizzata da tensioni tra principi di libertà e pratiche politiche che favoriscono le forze conservatrici.
La Svizzera è un esempio di società borghese e si distingue per il suo stile di vita e valori che si allineano a quelli che diventeranno virtù nazionali: operosità, precisione, diligenza, ordine, individuo, proprietà privata, famiglia, democrazia, esercito, patria. Di fronte alla crescente pressione dei nazionalismi esterni e alla minaccia dell’internazionalismo socialista, la Svizzera rafforza la propria identità nazionale. E riesce a legittimarsi come un piccolo Stato neutrale e multiculturale; un modello di convivenza democratica e repubblicana, di riconciliazione e pacificazione. Le conferenze di pace del 1899 e del 1907 all’Aja portano all’adozione delle convenzioni internazionali sui diritti e doveri degli Stati neutrali in tempo di guerra. La convenzione del 1907 codifica i diritti della Svizzera come Stato neutrale, stabilendo l’inviolabilità delle sue frontiere, l’impossibilità di transito di truppe belligeranti. Le due convenzioni sono ancora oggi gli unici accordi di diritto internazionale che regolano il diritto della neutralità.
Nel frattempo, emerge un contenzioso tra Svizzera e Germania. Otto von Bismarck accusa anarchici e socialisti in Svizzera e vuole imporre al paese restrizioni al diritto d’asilo. Negli anni Novanta, in concomitanza con l’aumento del terrorismo anarchico, la Svizzera applica una politica repressiva. E procede all’espulsione di esuli nel 1895. Tra di essi vi è l’anarchico Pietro Gori che, per l’occasione, scrive “Addio Lugano bella”. La crescita imponente del nuovo Stato tedesco affascina la maggioranza germanofona della Confederazione. Il Reich prussiano appare la dimostrazione della supremazia della Zivilisation germanica sulla civiltà latina. Ma i romandi tendono a favorire il revanscismo francese, volgendosi preoccupati verso Parigi. In Ticino si condanna l’italofobia delle autorità svizzere. La firma della Triplice Alleanza tra Germania, Italia e Austria-Ungheria rende probabile l’utilizzo del territorio come luogo di incontro delle forze alleate in caso di conflitto con la Francia.
Dunque, la neutralità deve essere armata in modo che eventuali aggressori possano trovare nella resistenza militare un deterrente. La Svizzera decide di investire nella costruzione di fortezze per aumentare la sua capacità dissuasiva. L’esercito di milizia è composto da cittadini che prestano servizio militare a tempo parziale. La Svizzera vede nell’Italia la minaccia principale, a causa dell’irredentismo. Il CICR ha un ruolo centrale nel sostegno ai POW e nel 1917 è insignito del Nobel per la Pace. La Svizzera diventa luogo di rifugio per numerosi uomini politici, artisti, pacifisti e disertori. La critica più radicale alla guerra proviene dai bolscevichi di Lenin e dal movimento dadaista, nato a Zurigo. Questa accoglienza diventa un elemento dell’identità svizzera, definita come diplomazia umanitaria. Il Consiglio federale notifica la Dichiarazione di neutralità a tutte le potenze firmatarie del Trattato del 1815. La Germania rassicura la Confederazione, sebbene abbia invaso i neutrali Belgio e Lussemburgo.
Per avere successo, il piano Schlieffen-Moltke necessita che il fronte meridionale tedesco sia privo di pericoli. Per la Svizzera è importante che la neutralità sia credibile. Si crea una situazione vantaggiosa per entrambi. Si procede alla nomina del generale, lo zurighese Ulrich Wille, inviso ai romandi, convinto della vittoria della Germania. L’esercito svizzero è preparato a una guerra difensiva di breve durata. Londra e Parigi insistono affinché il governo proibisca l’esportazione di alcune materie prime verso gli Stati nemici. Si crea un “fossato morale” tra le due regioni linguistiche. Nel 1918 scoppia lo sciopero generale, definito come l’applicazione dell’esperimento leninista alla Svizzera. Si tratta della più grave crisi interna della storia del paese. Lo Stato liberale è restio a intervenire. Lo sciopero blocca il paese e provoca le elezioni anticipate, le prime a suffragio universale maschile. Una rivoluzione del sistema politico.
I liberali perdono la metà dei seggi, mentre il Partito Socialista raddoppia la rappresentanza. L’anticomunismo e la figura del “giudeo-bolscevico” incarnano una nuova minaccia del nemico. Si gettano le basi per norme discriminatorie sull’immigrazione che avrebbero segnato il XX secolo, constata Binaghi. Ginevra diventa il centro della Società delle Nazioni. Fulcro del meccanismo di protezione collettiva sono le misure punitive militari ed economiche congiunte. La Svizzera partecipa alle sanzioni economiche solo per solidarietà e si riconosce la particolarità del paese, esentato dall’adesione alle misure militari. L’Unione popolare per l’autonomia della Svizzera accoglie nell’agosto 1923 Adolf Hitler a Zurigo e gli danno 30mila franchi in sovvenzioni. La neutralità permanente si fonda su due elementi: il diritto di neutralità – definito dalle norme internazionali – e la politica di neutralità – azioni che uno Stato neutrale attua in tempo di pace per garantire l’efficienza e l’attendibilità della sua neutralità.
Se il diritto di neutralità durante un conflitto rappresenta un aspetto stabile e invariato, la politica di neutralità viene modificata in base ai mutamenti del panorama internazionale. L’accesso della Svizzera alla SdN comporta una politica di neutralità più elastica, la neutralità differenziata. Così il paese può scegliere di sostenere sia le misure restrittive economiche. La neutralità totale presuppone un collegamento stretto tra diritto di neutralità e politica di neutralità, escludendo qualsiasi patto politico o militare e la non adesione a misure restrittive economiche. Benito Mussolini si trasferisce in Svizzera dal 1902 al 1904 per evitare il servizio militare e condurre l’attività politica socialista. Critica la Svizzera come «democrazia salsicciaia». Il primo nucleo fascista fuori dall’Italia sorge nel 1920 a Lugano. Nonostante il Consiglio federale tenti di conservare rapporti positivi con l’Italia, limitandosi a proibire l’utilizzo della camicia nera, il regime fascista influenza il contesto politico elvetico.
Nel 1937 l’Università di Losanna gli conferisce il dottorato honoris causa per aver creato «un’organizzazione sociale che ha arricchito la scienza sociologica». Durante gli accordi di Monaco, Giuseppe Motta elogia Mussolini. La Svizzera diventa un centro finanziario importante assumendo la posizione di centro di capitali internazionali, consolidando il franco. Nel 1934 la Confederazione stabilisce la legge sulle banche, che definisce alcune norme riguardanti l’organizzazione e l’amministrazione degli istituti. L’articolo 47 conferma il segreto bancario, il simbolo identitario svizzero più discusso. Il Nationale Front (1930-1943) imita i modelli italiani e tedeschi, tramite gruppi di aggressori responsabili di episodi di violenza – come l’invasione a Zurigo guidata da James Schwarzenbach. Il movimento attira consensi tra gli intellettuali come Friedrich Dürrenmatt. La classe borghese perde la sua coesione politica e trova nell’opposizione al comunismo l’ambito di collaborazione comune. Nel 1936 l’autorità svizzera pubblica due ordinanze che proibiscono l’esportazione di armamenti verso la Spagna.
Equiparando i due schieramenti si avvantaggia il fronte nazionalista. Nascosta dietro l’apparenza della neutralità, la strategia è motivata dalla tutela degli interessi svizzeri in Spagna, ricorda Binaghi. Con l’attacco italiano contro l’Abissinia, la Svizzera si trova obbligata dalla SdN ad applicare sanzioni economiche. Attenta a non danneggiare i legami con l’Italia e a salvaguardare gli interessi, la Svizzera evita di criticare l’invasione dell’Etiopia. Anzi, suggerisce che sia Addis Abeba a essere allontanata dalla SdN, sostenendo che l’Etiopia non ha rispettato gli impegni sull’eliminazione della schiavitù. La Svizzera diventa il primo paese neutrale a riconoscere il dominio italiano sull’Etiopia. Hailé Selassié, commosso al Palazzo delle Nazioni, denuncia il tradimento della comunità internazionale e della Svizzera. Di fronte all’Anschluss, accettato dalla Svizzera, il governo dichiara che non rispetterà più l’obbligo di partecipare a provvedimenti internazionali; dunque, vara il ritorno alla neutralità integrale – quindi nessuna sanzione.
Il Consiglio federale invia al parlamento un comunicato riguardante i mezzi per mantenere e divulgare il patrimonio spirituale della Confederazione: la Difesa nazionale spirituale, una formulazione ufficiale e sistematica dell’identità svizzera per proteggere e valorizzare le caratteristiche distintive del paese. La Difesa spirituale risponde alle insicurezze dell’epoca, fornendo un fondamento ideologico robusto e aggregante. Consolidata dall’esperienza bellica, costituisce ancora oggi il substrato concettuale attraverso cui una porzione rilevante della popolazione interpreta la realtà. Il 30 agosto 1939 l’Assemblea federale nomina al comando dell’esercito Henri Guisan. La designazione del francofono vuole dimostrare che le fratture del 1914 sono superate. Conservatore e non privo di simpatie verso i regimi autoritari, diventa oggetto di venerazione. Il 25 giugno 1940 Marcel Pilet-Golaz, presidente della Confederazione, invita i cittadini affinché seguano il governo che deve assumersi delle responsabilità di fronte al nuovo ordine europeo. Il messaggio provoca una reazione contraria nell’opinione pubblica.
Duemila svizzeri giurano fedeltà al Führer e servono nelle SS. Altri si uniscono ai movimenti di resistenza europei. Le istituzioni adottano una strategia volta a impedire che la Confederazione diventi un luogo stabile di accoglienza per gli ebrei. Ma Heinrich Rothmund, responsabile dell’ufficio di polizia degli stranieri e della divisione di polizia, afferma che non è desiderabile che la popolazione ebraica superi una certa quota. Gli svizzeri richiedono alla Germania un sistema per identificare gli ebrei in uscita dal Terzo Reich. Il timbro J è già utilizzato nell’amministrazione federale dal 1919. Dall’ottobre 1938 l’obbligo del visto per i tedeschi non ariani è effettivo. Con questo provvedimento la Svizzera adotta la normativa antisemita tedesca. Giustificata come un provvedimento sotto pressione e impulso tedeschi, la misura del timbro costituisce una testimonianza dell’ampio spazio di azione che le autorità svizzere possiedono nei confronti della Germania nazista, ricorda Binaghi.
Il timbro rappresenta una grave macchia sulla politica d’asilo, tanto che lo stesso Rothmund si oppone al provvedimento. Nel maggio 1942, Franz Rudolph von Weiss, console svizzero a Colonia, trasmette a Berna un resoconto sulle violenze contro gli ebrei sul fronte russo. L’uso del gas per l’eliminazione degli ebrei è menzionato in un comunicato del novembre 1942, esaminato da Pilet-Golaz. Nel 1944 Carl Lutz a Budapest riesce, con un’iniziativa diplomatico-umanitaria oltre il suo incarico, a salvare 62mila ebrei ungheresi, la metà dei 120mila sopravvissuti. Nel luglio 1944 le autorità svizzere aprono le frontiere a chiunque si trovi in pericolo di vita. Per la prima volta, Berna riconosce che gli ebrei sono da considerarsi in pericolo e devono essere accolti. Nel complesso, per la durata della guerra la Svizzera accoglie 60mila rifugiati civili, inclusi 19mila ebrei. La chiusura non può essere giustificata dal timore di una rappresaglia.
Jean-François Bergier sostiene che la politica d’asilo svizzera durante la guerra è stata eccessivamente restrittiva e inutilmente severa. Numerose persone in pericolo sono state respinte senza motivazione e quelle accolte non sono state trattate con rispetto. La politica ufficiale è rimasta rigida, nonostante le autorità fossero coscienti delle conseguenze per le vittime e sapevano che un atteggiamento più elastico non avrebbe comportato effetti intollerabili né per la sovranità del paese né per la popolazione. Certo, afferma Binaghi, col procedere della guerra, la politica è diventa più umanitaria. Ma nel 1944 è tardi. La Shoah è anche storia svizzera. Nella primavera-estate 1940 il rischio di un’invasione tedesca è elevato. Quando vengono rivelate le prove dei contatti di Guisan con lo Stato maggiore francese, Hitler chiede la preparazione di un piano di invasione – l’Operazione Tannenbaum. L’iniziativa imprudente di Guisan di aprirsi a un’alleanza segreta coi francesi avrebbe peraltro legittimato l’attacco.
Il Führer disprezza gli svizzeri, «ripugnanti e meschini», poiché «hanno sperato di stare meglio separandosi dal destino comune del popolo tedesco». Ma la Svizzera non costituisce una priorità per la Germania e dipende dalle potenze dell’Asse. Costretta a seguire una politica di collaborazione, che non deve essere interpretata come sottomissione totale. La Svizzera offre equipaggiamento bellico alla Germania per 600 milioni di franchi e all’Italia 150 milioni, dieci volte superiore che agli Alleati. Dopo il 1940, il franco diventa la moneta internazionale per eccellenza, poiché sterlina e dollaro non sono più riconosciuti ovunque. Bisognoso di valuta estera, l’Asse riesce a procurarsela in Svizzera, vendendo l’oro sottratto alle banche centrali dei territori occupati. La BNS contribuisce al riciclaggio di quest’oro. Sebbene la politica di collaborazione economica e finanziaria abbia assicurato la clemenza tedesca e consentito la protezione del territorio dall’invasione, questa strategia ha danneggiato la reputazione della Svizzera.
Secondo Bergier, la cooperazione è andata spesso oltre il limite. Perciò Stalin non esita a chiamare gli svizzeri «porci» e rifiuta di instaurare rapporti diplomatici. Questo comportamento deriva anche dalle posizioni anticomuniste di Motta. Gli Alleati evidenziano che la partecipazione all’ONU implica obblighi incompatibili con la neutralità. Gli svizzeri chiedono, come nel 1920, di essere considerati un Sonderfall, per poter conciliare l’adesione con il mantenimento della neutralità integrale. Tale richiesta non è accolta. Il Consiglio federale, temendo una bocciatura, preferisce non sottoporre al voto popolare l’adesione, decidendo di restare fuori dall’ONU e le organizzazioni internazionali. Rifiuta la partecipazione a Bretton Woods, ritenendo gli obblighi del FMI incompatibili con la neutralità. Nel 1946 ottiene lo status di osservatore all’ONU, nel 1947 partecipa alla Corte internazionale di giustizia, all’UNICEF e all’UNESCO. Per superare l’isolamento internazionale, il governo adotta tre approcci, ricorda Binaghi.
Il primo: presentare la Svizzera come un paese neutrale, umanitario e generoso, cercando di riabilitare la sua immagine, compromessa dai rapporti economici col Reich. La seconda strategia prevede l’offerta di crediti commerciali ai paesi europei, in cambio dell’accesso ai prodotti svizzeri. Il centro finanziario registra un incremento del numero di clienti stranieri. La terza strategia prevede che i diplomatici avvino con gli Alleati le discussioni sulle responsabilità del paese e sulla questione del risarcimento in risposta alle accuse di occultamento nei rapporti economici con la Germania nazista. Dal 1943, gli americani hanno compilato una lista nera che include 1.300 imprese e individui svizzeri. Il segreto bancario ne esce potenziato. L’instaurazione di relazioni privilegiate con i singoli Stati, l’URSS, con cui nel 1946 firma un accordo commerciale e riprende i rapporti. Nel 1950 è tra i primi Stati occidentali a riconoscere la Cina maoista.
Il ministro degli Esteri Max Petitpierre fa della politica di anticomunismo attivo quasi una dottrina di Stato. La tendenza atlantista proviene dal settore industriale e finanziario. La Svizzera partecipa nel 1948 all’OECE (poi OECD/OCSE). Le autorità americane, inizialmente critiche verso la neutralità, apprezzano il contributo svizzero, segnando la fine dell’isolamento. Sotto la pressione degli Stati Uniti, la Svizzera è chiamata ad accettare l’accordo Hotz-Linder che la conduce a discriminare economicamente gli Stati del Blocco orientale. La Confederazione è considerata una specie di paese neutrale occidentale. Petitpierre è preoccupato dall’irrigidimento della neutralità: può ritorcersi contro e bloccare l’azione a livello internazionale. Dunque, ridefinisce una neutralità attiva collegandola al concetto di solidarietà e alla cooperazione internazionale. La Svizzera partecipa ai programmi di assistenza dell’ONU e avvia aiuti attraverso borse di studio e invio di esperti. Accolti ungheresi (1956), tibetani (1963), cecoslovacchi (1968), profughi del Sud-Est asiatico (1979) e polacchi (1982).
Contrasta il fatto che il governo accetta di accogliere solo duecento profughi cileni in fuga da Augusto Pinochet. In seguito a forti proteste, il governo estende il numero a 1.600, viste le accuse di solidarietà selettiva, contro la professata neutralità solidale, che ha liberato la Svizzera dall’isolamento degli anni. Dal 1959 il Consiglio federale è composto da due radicali, due cattolici, due socialisti e un membro del Partito dei contadini, degli artigiani e dei borghesi (PAB), rinominato UDC. Per garantire l’azione governativa, i ministri sono tenuti a rispettare la collegialità e a sostenere la posizione della maggioranza, anche quando in disaccordo. Gli svizzeri diventano sempre più fieri della loro cooperazione. La “formula magica” è considerata come l’esempio di una gloriosa e antica tradizione al compromesso. Tra il 1951 e il 1970 si verifica l’ondata immigratoria più rilevante nella storia Svizzera: 2,68 milioni di stranieri.
I lavoratori italiani passano da 140mila nel 1950 a 584mila nel 1970 e costituiscono la metà dei residenti stranieri in Svizzera. La preferenza viene data agli stagionali, lavoratori facilmente rimpatriabili. La continua rotazione serve a impedire che la manodopera si stabilizzi nel paese. Molti di questi uomini e donne non sposati vanno in Svizzera non solo per il problema di sostentamento, ma anche per alleviare quello delle famiglie. Scrive Max Frisch: «Un piccolo popolo sovrano si sente in pericolo: cercavamo braccia, sono arrivati uomini. […] Ci si sente invasi dagli stranieri, e allora si comincia lentamente a prendersela con loro. […] Non si è razzisti. […] Sono diversi». Nel 1961, in Svizzera sorge l’Azione nazionale che dal 1991 diventa i Democratici svizzeri. Il movimento, associato a Schwarzenbach, punta a imporre provvedimenti limitativi contro l’immigrazione, soprattutto dall’Europa meridionale. Il populismo di destra combina xenofobia e critica dell’élite.
Il Consiglio federale, sotto pressione sia della campagna antimmigrazione che delle richieste degli imprenditori necessitanti manodopera, sceglie una limitazione dell’immigrazione, fissando tetti annuali ai permessi di soggiorno. Questa scelta porta all’insuccesso dell’Iniziativa Schwarzenbach, che comunque raggiunge il 46 per cento dei voti nel 1970. Il ritardo nell’introduzione del suffragio femminile è collegato al sistema federale, che concede la sovranità ai cantoni e alla democrazia diretta, che affida agli uomini il compito di decidere tramite voto popolare la concessione del suffragio. Nel referendum del febbraio 1959 l’introduzione del suffragio femminile è respinta con una maggioranza di due terzi. Nel 1963 la Svizzera entra nel Consiglio d’Europa. Resta però l’unico stato a non aver firmato la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il governo decide di farlo, ma con riserva, perché nel documento è vietata la discriminazione in base al genere. La reputazione della Svizzera inizia a soffrire negativamente dell’esclusione delle donne.
Nel febbraio 1971, i cittadini approvano il diritto di voto femminile con 621.109 sì (65,7 per cento) contro 323.882 no. Nel 1981 la Costituzione viene modificata sia per garantire l’uguaglianza dei diritti tra uomini e donne. Operanti in diversi ambiti, dall’alimentare (Nestlé) all’assicurativo (Zurich, Vaudoise, Swiss Re), le holding svizzere subiscono una rivoluzione. Nel 1970 la Ciba e la Geigy si uniscono, creando la Ciba-Geigy, che nel 1996 si fonde con la Sandoz, con cui forma la Novartis. La finanziarizzazione dell’economia inizia con il trasferimento di capitali dall’Italia, dove vige l’impossibilità di realizzare operazioni finanziarie internazionali. Tali limitazioni inducono le grandi aziende a creare società finanziarie e banche in Ticino. La mobilitazione contro lo Spazio economico europeo viene guidata dall’Azione per una Svizzera neutrale e indipendente (ASNI) di Cristoph Blocher, con lo scopo di proteggere la tradizione bilaterale e per opporsi all’inserimento della Svizzera in istituzioni politiche sovranazionali.
Viene anche evocato il pericolo di un afflusso massiccio di stranieri, visto come un risultato inevitabile dell’apertura economica. L’ingresso nello SEE metterebbe in pericolo la natura del sistema politico svizzero. L’emergere di Blocher, che adotta nuovi metodi di comunicazione supportati da mezzi economici senza paragoni, trasforma i modelli consociativi del sistema politico, culminando nell’elezione dello stesso Blocher al Consiglio federale, rompendo la formula magica. La distanza tra la Svizzera francofona e quella tedesca comincia a ridursi, ma le diversità tra zone urbane e rurali rimangono, con le aree cittadine più inclini e le campagne più esitanti verso gli accordi con l’Europa. Il Congresso ebraico mondiale concentra reclama beni non reclamati appartenenti a vittime dell’Olocausto. Questi fondi si trovano nelle banche, che non hanno mai tentato di rintracciarne gli eredi. Per numerosi svizzeri il periodo della guerra costituisce un episodio positivo della loro vicenda nazionale per il mantenimento della neutralità.
Di conseguenza, le richieste di spiegazioni sul passato sono interpretate come interferenze. Bill Clinton chiede al viceministro al Commercio Stuart Eizenstat di intervenire e nel 1997 questi divulga un documento severissimo contro la Svizzera, definita «tesoriere della Germania nazista». La posizione di Eizenstat è sostenuta dal CEM, il cui presidente Israel Singer, nel 2005, dichiara sul Financial Times che la neutralità della Svizzera è stata un reato. Alla fine del 1996, il Consiglio federale crea la Commissione d’esperti per esaminare il ruolo della Svizzera nella guerra. Il rapporto conclusivo del 2002 modifica la visione tradizionale della Svizzera come vittima passiva delle pressioni esterne, sottolineando che possedeva una libertà d’azione, sia interna che internazionale. Lo Stato svizzero decise di non utilizzare la propria libertà decisionale, stabilendo un rapporto di cooperazione con la Germania nazista che andò oltre persino le previsioni tedesche.
Dopo il 1989 è indispensabile una strategia sulla neutralità, per cui il coinvolgimento della Svizzera nelle misure punitive economiche è compatibile. Già nel 1990, dopo l’occupazione del Kuwait da parte dell’Iraq, il Consiglio federale ha stabilito l’immediata adesione alle restrizioni decise dall’ONU. La Confederazione applica poi restrizioni contro vari stati, inclusi Haiti, Sierra Leone, Angola, Afghanistan, Iran e Libia. Per Serbia, Montenegro, Birmania e Siria ha implementato misure punitive stabilite dall’UE e dagli Stati Uniti. La nuova strategia confluisce nel Rapporto sulla neutralità del 1993. Col voto del marzo 2002, l’ingresso nell’ONU viene accettato con il 54,6 per cento dei votanti, benché la maggioranza cantonale sia minima. Dodici cantoni sostengono l’iniziativa, undici la respingono. Tra gli oppositori la Svizzera centrale, i cantoni orientali e il Ticino. La nazione diventa il 190° Stato membro dell’ONU, senza condizioni sulla neutralità. La partecipazione culmina con l’elezione al Consiglio di sicurezza nel 2023-2024.
Anche UBS si espone nel mercato immobiliare statunitense e nell’attività di banca d’investimento, speculando sui subprime. Ma nel 2008 viene giudicata troppo grande per fallire. Sono assegnati alla banca 70 miliardi di franchi, cioè il 13 per cento del PIL svizzero e del 58 per cento del debito pubblico. I Paesi del G20 minacciano di includere la Svizzera nell’elenco dei paradisi fiscali. Nel febbraio 2009, sotto la minaccia della revoca dell’autorizzazione negli Stati Uniti, UBS è obbligata a rivelare i nominativi di 255 clienti americani sospettati di evasione fiscale e a versare una sanzione di 780 milioni di dollari. La cessazione del segreto bancario è un grave contraccolpo per l’identità nazionale. La proposta udc “contro l’immigrazione di massa” sollecita un contenimento dei flussi migratori e ottiene l’approvazione il 9 febbraio 2014 con il 50,3 per cento. L’UE manifesta forte disappunto, escludendo la Svizzera da Horizon.
La vicenda di Credit Suisse del 2023 vede la liquidazione della più antica banca svizzera e l’integrazione con UBS. Il colosso occupa 124.500 individui nel pianeta, che diminuiranno del 20 per cento in dieci anni, dei quali 37.420 in Svizzera. Con l’emergenza del Covid-19 e l’attacco all’Ucraina, Ignazio Cassis suggerisce un principio denominato neutralità partecipativa che aspira a un aggiornamento rispetto al 1993. La Svizzera non può mantenersi neutrale davanti agli abusi delle norme internazionali. La nazione elvetica recepisce le misure restrittive dell’UE contro la Russia. Cassis giustifica la decisione, argomentando che l’imparzialità non va equiparata all’indifferenza verso gli oltraggi al diritto internazionale. La Svizzera ha dunque superato la consueta imparzialità, preservata perfino con la Germania hitleriana. Colpisce la vastità dell’attenzione su scala mondiale, osserva Binaghi. L’implementazione delle sanzioni non rappresenta una novità assoluta. Costituisce, pertanto, una metodologia consolidata dal 1990.
L’UDC manifesta dissenso contro Cassis. Secondo cui, la neutralità deve funzionare come strumento di politica estera, subordinato alla politica di sicurezza, non viceversa. La neutralità viene periodicamente modificata in relazione ai mutamenti dell’ordine internazionale, come nel 1918, 1945 e 1989. Nel Rapporto del 1993 la Svizzera adotta la dottrina della sicurezza attraverso la collaborazione. La cooperazione è l’elemento essenziale per assicurare la stabilità e la pace, per il benessere della Confederazione. Da un lato, la Svizzera s’impegna a contribuire alla sicurezza collettiva. Dall’altro, conserva i principi della Convenzione dell’Aja. Ma alcune disposizioni della convenzione, come l’articolo 9 che richiede la parità di trattamento tra le parti in guerra, vanno abbandonate. Non è più ammissibile trattare l’aggressore e la vittima allo stesso modo. Questo principio, un tempo cruciale per la neutralità, è superato. Tuttavia, la narrazione della Difesa nazionale spirituale continua a condizionare l’opinione pubblica.
Amedeo Gasparini