Importante per il transito del ferro e per la sua conformazione portuale libera dai ghiacci, Narvik è ancora oggi un importante snodo per il trasporto in alta Norvegia – tra bus diretti alle Lofoten e quelli verso Tromsø. Ma nella memoria collettiva la città è collegata alla caduta del paese sotto l’occupazione nazista. Tra fiordi e le montagne che si stagliano maestose in questa regione, rivive un passato oscuro raccolto da un centro che, con rigore e passione, racconta una storia spesso marginale nella narrazione della Seconda Guerra Mondiale. Si tratta del Museo della Guerra di Narvik (Narvik Krigsmuseum), precedentemente noto come Nordland Red Cross War Memorial Museum, gestito dalla Stiftelsen Narviksenteret. E ha come obiettivo la salvaguardia del lavoro per la pace e i diritti umani, preservando la storia bellica della Norvegia settentrionale. La fondazione promuove dunque il dialogo, la democrazia e l’inclusione.
Il museo affronta la celebre battaglia di Narvik e gli eventi ad essa collegati che hanno segnato il paese, tra design innovativo, immagini e suoni. L’edificio è situato nel centro di Narvik e condivide gli spazi con la biblioteca e l’ufficio turistico. Le grandi vetrate si affacciano sul fiordo. All’interno, l’area espositiva si estende su tre piani tematici – “Attacco”, “Guerra” e “Zona”. La prima impressione è quella di trovarsi davanti a un racconto ricco e articolato, che non si limita ai fatti di guerra. Ma investiga anche il tessuto sociale, culturale e umano di quegli anni. Il pezzo forte è l’ampio modello interattivo che permette di assistere alla battaglia in tempo reale. Il 9 aprile 1940, le forze tedesche lanciarono un attacco coordinato sui porti più importanti della Norvegia. All’alba, dieci cacciatorpediniere tedeschi entrarono nel porto di Narvik, dove erano ancorate due vecchie navi da difesa costiera, Eidsvold e Norge.
Qui si comprende quanto la località fosse strategica. Il porto di Narvik, che consentiva l’esportazione del minerale di ferro svedese, era cruciale per l’industria bellica tedesca. L’occupazione della città da parte delle forze naziste e la resistenza di truppe norvegesi, britanniche, francesi e polacche rappresentarono una delle prime grandi sconfitte tedesche durante la guerra. La battaglia fu una delle più grandi a livello navale della Seconda Guerra Mondiale. Le sale espositive dedicano ampio spazio alla descrizione delle manovre militari, ai protagonisti degli scontri, alle difficoltà logistiche e climatiche. Il museo evita ogni forma di retorica patriottica, offrendo invece un ritratto autentico e spesso crudo. Non mancano i dettagli sulle perdite umane, gli errori strategici, le condizioni drammatiche dei soldati che si muovevano in un ambiente tanto ostile quanto determinante. Le cifre? 62 giorni di guerra, 64 navi perdute, 86 aerei perduti, 8500 morti.
Il museo espone oggetti come uniformi, armi e medaglie, insieme con cimeli toccanti come un paio di guanti donati dalla gente di Ballangen ai marinai della nave britannica Hardy affondata a Sud di Narvik; e una bambola portata con sé dal piccolo Bjørn durante l’evacuazione del 29 maggio a Herjangen. Un’altra parte rilevante è dedicata alla resistenza e alla vita civile sotto l’occupazione. La sezione “Zona” affronta temi relativi alla guerra e ai conflitti, tra cui la Convenzione di Ginevra, i rifugiati, la prigionia, la propaganda e le cause della guerra. Attraverso documenti, foto e registrazioni audio, il museo restituisce le storie di chi ha scelto di opporsi. Ma anche di chi ha collaborato o subito. Altri temi della guerra sono anch’essi in primo piano, come il destino dei prigionieri di guerra sovietici e l’Olocausto a Narvik.
La visita si completa con l’esposizione di veicoli militari originali. La presenza di carri armati e cannoni, posti in un contesto naturale così pacifico, rende palpabile il contrasto tra guerra e pace, tra distruzione e vita. Per chi visita Narvik in estate, è un’esperienza quasi straniante. Il silenzio, la luce e il calore si confrontano con le tracce della violenza passata. Il senso di solitudine e di resistenza che emerge dalle sale si amplifica nel paesaggio esterno, dove la natura sembra invitarci a non dimenticare. Il museo ha una funzione che va oltre la mera esposizione storica. È un centro di ricerca, un luogo di riflessione per la memoria storica e l’educazione sulla conoscenza e la comprensione della pace e del diritto umanitario.