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Il blu Majorelle, l’arte berbera e YSL a Marrakech

È forse la zona più frequentata dai turisti occidentali e non solo, perché rue Yves Saint Laurent appare come una delle tante vie europee: è nella città ocra di Marrakech dove si cela un angolo di paradiso, il celebre Jardin Majorelle, un’oasi botanica e attrazione più visitata del Marocco. All’interno del complesso si trovano una libreria specializzata, una boutique, il caffè, la Love Gallery e il Musée Pierre Bergé des Arts Berbères, inaugurato nel 2011. Tra le piante che popolano questo Eden botanico spiccano i cactus dalle forme scultoree, le ninfee che galleggiano nelle vasche, i bambù altissimi e le palme. Tutto però è avvolto da quel blu elettrico e magnetico che ha dato il nome al giardino: il blu Majorelle, una tonalità unica che Jacques Majorelle inventò nel 1937 e che oggi è persino brevettata. Il giardino è inebriato di profumi.

Nell’aria si percepisce l’aroma del mango, insieme alle fragranze dei gelsomini e delle bouganville. Ci si immerge in un fresco prezioso durante le calde giornate di Marrakech. I passaggi ombrosi si snodano tra la ghiaia rosa chiaro e tantissimi vasi blu cobalto e gialli accesi. L’anno scorso si è celebrato il centenario della nascita del giardino, per cui oggi si può visitare un padiglione temporaneo curato da celebri botanici. Il complesso si presenta come un piccolo labirinto ragionato dove ogni angolo riserva una sorpresa visiva. C’è anche un memoriale dedicato a Yves Saint Laurent e Pierre Bergé, immerso tra il canto di oltre quindici specie di uccelli del Nord Africa e le vasche popolate da carpe bianche e arancioni. Il giardino è diventato inevitabilmente un luogo amatissimo dagli appassionati di Instagram. I mosaici per terra alternano blu e verdi in pattern ipnotici dell’arte islamica.

Il blu Majorelle è talmente perfetto da sembrare quasi un invito a toccarlo. Un blu ultramarino intenso appena punteggiato di bianco, che Majorelle trasse osservando i burnous berberi e le piastrelle marocchine. Il patio blu costituisce il cuore iconico del giardino, mentre la villa cubista che ospita il museo berbero presenta arcate Art Nouveau dipinte di un verde acqua brillante. Il Musée Pierre Bergé des Arts Berbères rappresenta un incrocio di occidentalismo e cultura maghrebina. La prima stanza presenta la storia e la geografia dei berberi del Marocco, con una mappa delle tribù più significative. Lo studio originale apparteneva al pittore, nato a Nancy nel 1886, figlio del celebre ebanista Louis Majorelle. Arrivato in Marocco nel 1917 per curarsi da una grave malattia, si stabilì a Marrakech nel 1919. Nel 1923 acquistò quattro acri di terreno e costruì una casa in stile moresco.

Nel 1931 commissionò all’architetto Paul Sinoir una villa moderna, con il piano terra trasformato in atelier per le sue opere orientaliste. Curò il giardino fino al 1962, anno della sua morte a Parigi dopo un grave incidente automobilistico. Fu nel 1980 che Saint Laurent e Bergé acquistarono il giardino minacciato di distruzione, salvandolo dall’oblio. Da allora il complesso è stato restaurato e aperto al pubblico, con sistemi di irrigazione automatica, una squadra di venti giardinieri e l’incremento delle specie vegetali da 135 a 300. Il museo esplora la civiltà berbera attraverso quattro spazi distinti. Si possono ammirare oggetti d’arte per uso cerimoniale: gioielli raffinati in argento con filigrana e incisioni che raccontano antiche credenze, armi finemente decorate, porte in legno intagliate con motivi geometrici. La collezione comprende vasi intarsiati, oggetti in metallo cesellato, espressione di un savoir-faire che si manifesta nella lavorazione del legno.

Suggestiva è la stanza del tesoro, dove un gioco di specchi crea una sorta di cielo stellato che si moltiplica all’infinito. La sezione dedicata ai costumi tradizionali mostra l’uso sapiente dell’argento, della filigrana e dell’incisione. Una parentesi interessante è dedicata alla scrittura berbera, chiamata Tifinagh, un alfabeto antico sopravvissuto attraverso i secoli, che nel 2003 è diventato la scrittura ufficiale per la lingua tamazight in Marocco. Uscendo dal giardino, dopo pochi passi si arriva al Musée Yves Saint Laurent, un edificio modernista progettato da Studio KO. E dà il suo benvenuto ai visitatori con l’iconico marchio YSL in lettere dorate. La sala espositiva principale presenta una sessantina di abiti haute couture in un ambiente completamente nero, dove i tessuti preziosi sembrano fluttuare nel buio. L’edificio è stato concepito come un grande centro culturale per rendere omaggio allo stilista e al suo legame con Marrakech.

Anche questo edificio è un capolavoro architettonico. Dalla base in granito si eleva una struttura rivestita da mattoni in terracotta color terra, disposti per evocare la trama di un tessuto. All’interno, le superfici lisce e setose complementano l’esterno come la fodera di una giacca haute couture. I patii interni sono elementi centrali. Il primo è un ambiente circolare con vetrate colorate. Il secondo è una camera quadrata ricoperta di zellige con un piatto circolare che raccoglie l’acqua piovana. La galleria fotografica ripercorre i momenti salienti della sua vita attraverso fotografie d’archivio. L’esposizione è stata inaugurata da Catherine Deneuve, musa e amica intima di Saint Laurent. Il foyer presenta disegni preparatori originali, schizzi e modelli che hanno sfilato sulle passerelle durante cinquant’anni di carriera. Il museo dispone di una biblioteca di ricerca con più di 5mila opere. Si tratta di opere sulla storia arabo-andalusa del XII secolo.

La storia d’amore tra Saint Laurent e Marrakech iniziò nel 1966. Fu un colpo di fulmine: entro la fine di quella prima visita, aveva già acquistato una casa nella medina. Lo stilista trovò ispirazione determinante nella bellezza del paese. I giardini rigogliosi, i caffettani dalle tinte brillanti, i cieli blu intenso, l’architettura in terra battuta e le dune dei deserti. Quando YSL morì nel 2008, le sue ceneri furono sparse nel roseto del Jardin Majorelle. Due anni dopo, la strada fu ribattezzata rue Yves Saint Laurent. Nel 2010, la proprietà passò alla Fondation Pierre Bergé – Yves Saint Laurent. Lasciando il complesso, si porta con sé la consapevolezza di aver attraversato un luogo dove culture diverse si sono incontrate e arricchite. Un luogo dove le culture dialogano attraverso il linguaggio universale della bellezza, portando avanti l’eredità di tre visionari – Majorelle, Saint Laurent e Bergé – che hanno dedicato la loro vita all’arte.

Amedeo Gasparini

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