Economia

Un Ticino dinamico e politicamente in crisi

La “metropoli svizzera” e la “megalopoli padana”.

«TICINO, Unique, Différent et AILLEURS». Così si era già espresso il professor Martin Schuler – uno dei relatori al recente seminario – in occasione della 3a Conferenza nazionale sul federalismo (Mendrisio, 2011). Nella sua analisi, la territorialità dell’Elvezia di questo primo scorcio del XXI° secolo si lascerebbe caratterizzare da due aree metropolitane sempre più emergenti – la Grande Zurigo e l’Arco lemanico. Il Ticino ne esce come un caso particolare; ai margini e talvolta in balia dei due assi metropolitani che si sono sviluppati a nord e a sud delle Alpi: quello dell’altopiano svizzero e quello della megalopoli lombardo-padana.
I due crescono secondo una logica propria, non si incontrano veramente e non fanno rete; e il Ticino intra-metropolitano si trova, quasi soffocato, in una improbabile funzione di ponte, tanto sbandierata quanto teorica.

«TICINO AILLEURS»: un Ticino senza un nord. Pur tutt’altro che immobile – con un’economia differenziata e in forte crescita immigratoria almeno fino al 2016 – il Cantone ha tenuto il passo con le medie nazionali in termini di crescita del prodotto interno lordo e dell’occupazione, ma non in termini di redditi individuali e di tassi di produttività.
Sostanzialmente, la Svizzera italiana si sta scostando dalla fase in cui aveva conosciuto una progressiva convergenza in seno al modello elvetico del federalismo solidale. Oggi viviamo in un contesto caratterizzato da realtà sovra-cantonali: si vive e si compete sempre più nell’ambito di reti e sistemi territoriali regionali, in risposta alle sfide esterne e della globalizzazione.
La Confederazione – in parte fuori causa – si è progressivamente orientata verso un federalismo competitivo. Così, “unico” e “differente” il Canton Ticino, che da solo non ha una massa critica per fare sistema, si trova senza il “filtro” intermedio nazionale. Ma come? Si potrà obiettare: negli ultimi vent’anni, abbiamo fatto veri e propri balzi in avanti: con l’USI e la SUPSI, con Istituti di ricerca di livello internazionale; con il LAC, l’OSI le compagnie teatrali, gruppi di imprese innovative. A livello infrastrutturale, ci sono premesse per una nuova organizzazione territoriale, con l’asta ferroviaria verso il Nord (AlpTransit) e i due Metro regionali: il triangolo Bellinzona-Lugano-Locarno (dal 2020) e il triangolo policentrico transfrontaliero Mendrisio-Como/Chiasso e Varese.
Eppure, sentiamo che manca qualcosa: siamo politicamente in crisi e mettiamo in crisi chi ci guarda dall’esterno.
Non dobbiamo forse, lo vedremo in un prossimo articolo, completare questi buoni segnali e premesse con una forte visione politica strategica, dialogante
a livello nazionale e transfrontaliero?

Remigio Ratti

(vedi anche L’Osservatore Magazine del 16.3.2019, p.129)

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