Storie di Musetta e altri gatti

All’assalto!

Musetta

La gatta Musetta

Era scatenata, non camminava, conosceva una sola andatura: la corsa! E s’infilava tra le gambe, velocissima, a rischio di far inciampare. “Non si regala un cucciolo ad una persona anziana”, si lamentava la madre. Era curiosamente aggressiva, non avendo fratelli o madri pelose da attaccare, si accontentava degli esseri umani, corpo inarcato, orecchie basse, peli irti, sguardo minaccioso, coda frenetica, riusciva veramente a far paura… Era sempre pronta all’assalto e non si trattava soltanto di una finta. Non le interessavano cordicelle, fiocchetti, bastoncini… Mirava direttamente alle dita, le sue prede preferite. Più che graffiare ambiva mordere e affondare i denti nella carne, da vampiretta vedere sgorgare il sangue. Le cose più utili da tenere a portata di mano erano cerotti e pomate disinfettanti e cicatrizzanti. “Non ti affezionare troppo, quella è pericolosa…”, “Troppo tardi…”. Come riescono a farsi amare i tipacci, i cattivi ragazzi o ragazze, che genere di seduzione avessero, ecco qui, anche nei felini meno docili… Non sopportava di essere presa in braccio, figuriamoci e risultava insofferente anche all’insistenza delle carezze: si diceva, uno, due, tre e poi la gatta dice basta e arrivava puntuale la graffiata o la morsicata.

Da adolescente scopriva sempre nuovi modi per inquietare, come esercitarsi nell’equilibrismo sulla ringhiera del balcone. “Non cade, basta non spaventarla”. Più che la madre, era la figlia che sapeva come prenderla, all’improvviso da sotto la pancia, ma poi la gatta come un’anguilla sgusciava via, indipendente e libera, come sempre. Cresceva e cresceva. “Ma non finirà mai di diventare grande?” L’appartamento sembrava rimpicciolirsi, davanti a quelle misure da gattona matronale, che appariva ancora più grande per la sua dotata, folta, pelliccia, una coda da strascico, elegante e bellissima. Lei lo sapeva di essere bella quanto pericolosa.

Musetta

“Smettila di rimpinzarla”, “Ma se non le do da mangiare quando lo vuole, diventa cattiva”. Messa sotto scacco da un gatto ricattatore. La madre ne aveva timore anche se godeva dei momenti di affettuosità. La figlia, abituata a manipolare da sempre gattoni e gattini senza timidezze, cercava di domarla e di dominarla, ma era una lotta continua. Non si piacevano. Anche perché quando veniva a trovare la madre, l’attenzione concentrata sul felino si spostava. Provano gelosia gli animali? A quanto pare, sì.

Arrivava quando voleva lei per accoccolarsi sul letto. Ma attenzione a muovere le braccia. Avete presente l’addestramento dei cani poliziotti che addentano il braccio dell’intruso? Come un molosso. Se nel cuore della notte risuonava un urlo, era la donna colpita di punto in bianco, senza motivo. Gli splendidi occhi verdi brillavano nel buio di una cattiveria malefica. Come sotto assedio, le braccia dovevano essere tenute immobili nascoste dalle coperte. E lei era lì a guatare nel buio.

Non sopportava neppure di vedere la gonna muoversi mentre la donna camminava e allora, da dietro, all’improvviso assaliva le gambe. Le fece venire una sorta di complesso, anche quando era per strada si voltava di scatto, per paura di essere attaccata dal felino, cosa impossibile visto che Musetta era rimasta a casa. Una volta il morso fu così profondo che dovette ricorrere al vicino ambulatorio della Croce Rossa, ma quando erano pronti a schedare l’animale feroce che aveva procurato quella ferita, la donna prima di dichiarare le sue generalità, tagliò la corda. Difendeva la sua Musetta, così bella e così perfida. Il veterinario sentenziò che aveva la “sindrome della tigre”. “Dio ha creato il gatto per dare all’uomo il piacere di accarezzare la tigre”, il famoso aforisma dalle varie attribuzioni qui andava preso alla lettera? Che razza di animale domestico era questo? Chissà che padre aveva avuto…

Manuela Camponovo

(18. Continua)

In cima