Convegno

Antonio Rosmini: una lezione di ieri per la libertà di domani

Convegno della Cattedra Rosmini dal 12 al 13 dicembre 2025

“LA QUESTIONE ROSMINIANA”, acrilico su tavola, 52,5 x 48 cm

LA QUESTIONE ROSMINIANA, acrilico su tavola, 52,5 x 48 cm (dettaglio)

La democrazia si fonda, in ultima analisi, sulla comunicazione: sul libero scambio di opinioni, sulla possibilità per ciascuno di formarsi preferenze in modo autonomo, sulla capacità razionale di riconoscere l’altro come interlocutore legittimo e di cercare compromessi o soluzioni condivise. Per questo motivo, alcune dinamiche amplificate dalle nuove tecnologie – come bias cognitivi rafforzati dagli algoritmi, circolazione incontrollata di fake news e diffusione di hate speech – minano profondamente la qualità del discorso pubblico. A queste si aggiungono fenomeni resi possibili dall’intelligenza artificiale, quali la manipolazione avanzata delle immagini o i deepfake, che possono intaccare la fiducia nelle fonti, alterare la percezione della realtà e influenzare il consenso politico.

Un ulteriore elemento critico riguarda la drastica riduzione dei tempi di attenzione: la comunicazione politica tende sempre più a comprimere questioni complesse in slogan semplicistici, favorendo chi non ha scrupoli nel ricorrere a messaggi populisti o polarizzanti. Per quanto le nuove tecnologie aprano anche spazi inediti di partecipazione e possano contribuire a immaginare una “democrazia del futuro”, finora sembrano essersi sviluppati soprattutto i rischi per la tenuta morale e culturale dei presupposti democratici.

A ciò si somma la crescente consapevolezza che anche i regimi democratici raccolgono e analizzano grandi quantità di dati dei cittadini, spesso con l’obiettivo di orientare i loro comportamenti attraverso tecniche di nudging. Da qui nasce l’impressione – in alcuni casi affrettata – che la distanza tra democrazie e autocrazie si stia assottigliando, almeno per quanto riguarda le pratiche di sorveglianza e controllo sociale.
Diventa quindi urgente interrogarsi sulla dimensione politica della libertà: su come essa venga effettivamente tutelata nelle democrazie contemporanee e su quanto le nuove tecnologie ne modifichino la percezione. È significativo che più della metà della popolazione ritenga che l’IA abbia un impatto negativo sulla democrazia, pur senza modificare i propri comportamenti digitali. Ciò fa sorgere una domanda inquietante: il valore della libertà è ancora percepito come esperienza esistenziale irrinunciabile, oppure viene facilmente sacrificato in cambio dei vantaggi e delle comodità che le tecnologie offrono?

Di fronte agli indubbi benefici sociali – dalla sicurezza pubblica al contrasto alla criminalità, fino ai progressi nell’assistenza medica e nella cura degli anziani – la libertà rischia di ridursi a un principio astratto, proclamato in linea generale ma raramente difeso nelle pratiche quotidiane. Quasi nessuno sembra turbato dall’idea che ogni dettaglio dei processi sociali sia ormai registrato, né consapevole del fatto che tali dati alimentano il potere delle grandi aziende digitali, protagoniste di quel “capitalismo della sorveglianza” descritto da Shoshana Zuboff, con cui anche i governi democratici collaborano almeno dai tempi della guerra al terrorismo, come rivelato dal caso Snowden.

Quando si cerca di prevedere i comportamenti prima ancora che si manifestino, di vendere prodotti prima di averli realizzati o di identificare potenziali criminali prima che commettano un reato, allora qualcosa di fondamentale è cambiato nel nostro modo di intendere la libertà. Comprendere questo cambiamento è una delle sfide politiche più urgenti del nostro tempo, e le democrazie – in modo forse molto variegato e differenziato – si rendono protagoniste non solo in questa analisi ma anche nella ricerca di dispositivi giuridici e istituzionali per porre rimedio.
In una democrazia, ciò significa però che tutti noi dobbiamo contribuire a questa nuova consapevolezza. Interrogarsi sul senso della libertà, sulle origini della sua realizzazione politico-istituzionale nell’Occidente, e sulle problematiche che i suoi primi teoretici avevano già individuato, potrebbe essere una pista promettente ed efficace in tale impresa. Ed ecco perché si propone il convegno 2025 della Cattedra Rosmini sul tema «Quale libertà? Quale democrazia? L’analisi rosminiana della società moderna e la sua importanza per il nostro tempo» dal 12 al 13 dicembre.

Markus Krienke

L’iscrizione è possibile entro martedì 9 dicembre presso laura.cianciarelli@usi.ch. Programma completo.

In cima