Architettura

“Archi”: i rapporti tra Svizzera ed Africa in ambito architettonico

Nonostante la diffusione del Covid-19, la rivista svizzera d’architettura, ingegneria e urbanistica “Archi” non si ferma. Il 6 aprile è uscito il secondo numero del 2020, realizzato tutto in modalità telelavoro. Racconta i rapporti tra Svizzera ed Africa in ambito architettonico, ovvero le esperienze progettuali condotte nel continente da alcuni professionisti elvetici: si va dall’«avventura africana» di Tita Carloni a esperienze contemporanee di studi come Urban-Think Tank, con il suo progetto di urbanistica partecipata. Quel che ne emerge è, come scrive la direttrice di “Archi” Mercedes Daguerre, «una mappatura provvisoria, delineata da un osservatore situato al di qua del Mediterraneo, che cerca nel rapporto asimmetrico tra la Svizzera e lo sfaccettato continente africano un filo che organizzi il discorso. Un filo fragile e ambiguo ma denso di possibilità».

Già dall’Ottocento, con l’ingegnere Alfred Ilg che diviene consigliere dell’imperatore d’Etiopia, si riscontrano tracce della presenza di progettisti svizzeri nel continente. Da allora, e in particolare a seguito del processo di decolonizzazione, le collaborazioni non hanno fatto che intensificarsi, sulla scia di mandati istituzionali, cooperazione allo sviluppo, progetti di ricerca accademici e iniziative di singoli studi.

Si tratta di progetti che nascono da relazioni «asimmetriche e spesso puntuali, squilibrate e talvolta marginali», come scrivono i curatori del numero Tomà Berlanda, architetto diplomato all’Accademia di Mendrisio e professore all’Università di Città del Capo, e Gabriele Neri, ricercatore e redattore di “Archi”. Proprio per questo, però, riflettono diversi aspetti del rapporto tra le due terre: mostrano, ad esempio, quale immagine di sé la Svizzera veicoli in Africa tramite i suoi edifici-simbolo (le ambasciate, di cui il numero riporta due esempi); ma illustrano anche come i progettisti elvetici si confrontino con i materiali e le caratteristiche dell’architettura del luogo, traendone forme nuove e ibride.

Il numero presenta poi esperienze di scambio attivo con la popolazione locale, come quelle promosse sul piano formativo da università e politecnici, o come il progetto di urbanistica partecipata per le townships del Sudafrica dello studio zurighese Urban-Think Tank. E non manca una finestra sul Ticino, con un saggio dedicato alla breve «avventura africana» di Tita Carloni.

Il nuovo numero di “Archi” è reperibile su www.espazium.ch

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