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Arte e filosofia all’Institut Giacometti a Montparnasse

Al numero 5 di rue Victor Schœlcher, a pochi passi dal cimitero di Montparnasse a Parigi, un hôtel particulier ospita l’Institut Giacometti, luogo di ritrovo per un pellegrinaggio francese nell’universo creativo di Alberto Giacometti. L’edificio è già di per sé un capolavoro: l’antico atelier di Paul Follot, artista-decoratore del movimento Art Nouveau e Art Déco, è composto da linee sinuose dell’architettura originale, elementi decorativi in ferro battuto e vetrate policrome. La Fondation Giacometti ha qui riunito una ricca collezione dell’artista svizzero. Sono tantissime le opere di Giacometti sparse nei musei di tutto il mondo tra sculture, opere su carta, fotografie che testimoniano una vita straordinaria. Il pezzo forte dell’istituto si trova al piano terra: lo studio di Giacometti è stato ricostruito con una precisione maniacale che lascia senza fiato. Un miracoloso trasferimento fisico dell’atelier originale al 46 di rue Hippolyte-Maindron.

Le pareti sono state smontate, trasportate e rimontate, insieme agli utensili da lavoro, ai cavalletti polverosi, alle spatole incrostate, ai barattoli di vernice scoloriti. Nell’atelier giacomettiano, protetto da due vetri, ogni oggetto sembra raccontare una storia. Sul tavolo da lavoro si scorgono ancora le tracce delle mani dell’artista. Matite consumate, pezzi di carboncino, fogli sgualciti con schizzi abbozzati. Quasi come se questi attendessero il ritorno del maestro. Alcune sculture in gesso sono coperte da veli di polvere. Poi teste emergenti dalla materia grezza, braccia che si protendono nello spazio come in cerca di forma definitiva. L’atmosfera che si respira nello spazio è di una densità emotiva straordinaria. Peccato non sentire il profumo della creta che si mischia a quelle più sottili del legno antico e della carta ingiallita del piano superiore. Qui gli interni moderni ed essenziali, caratterizzati da ampi spazi e pareti lucide.

Le poche statue esemplari di Giacometti, essenzialmente delle teste bianche tra i libri della biblioteca dell’istituto, sono disposte con una precisione e gusto museale che permette di apprezzarne ogni dettaglio da più prospettive. Le sue figure filiformi, quegli uomini e quelle donne che sembrano dissolversi sotto lo sguardo del visitatore, dialogano con l’architettura contemporanea, quasi in un gioco di riflessi. Poi l’illuminazione: studiata ad hoc fa emergere la drammaticità delle sculture. Le ombre proiettate dalle figure allungate si allungano sulle pareti come presenze spettrali, amplificando il senso di solitudine esistenziale che permea il concettualismo dell’opera del Nostro. Gli scaffali custodiscono volumi rari – non solo di Giacometti. Quindi corrispondenze autografe, documenti fotografici che raccontano sì l’artista, ma anche il florido ambiente intellettuale che lo circondava a Parigi. Il database online, che conta ormai oltre mille opere catalogate, testimonia l’ambizione scientifica dell’Institut Giacometti e l’estensione artistica dello scultore.

Attualmente, è ospitata una mostra straordinaria che esplora le relazioni intellettuali tra Simone de Beauvoir che per oltre trent’anni ha abitato in rue Schœlcher, Jean-Paul Sartre e l’artista. “Beauvoir, Sartre, Giacometti. Vertiges de l’absolu” rivela i legami profondi che univano queste tre figure capitali del XX secolo. Peraltro, è a pochi passi da qui, nel cimitero di Montparnasse, che riposano i due filosofi esistenzialisti. Le cui lapidi color sabbia sono ricoperte di baci impressi con rossetto dai visitatori del mondo intero. La mostra si struttura attorno a opere come “L’Objet invisible” (1934), “La Main” (1947) e “L’Homme qui chavire” (1950). Un tocco contemporaneo è dato dalle fotografie di Agnès Geoffray, che materializzano la vertigine filosofica ed esistenziale che caratterizzava i rapporti tra i tre. Esposte anche lettere e schizzi di Giacometti che pianificava le sue creazioni anche sui volumi del magazine sartriano Les Temps Modernes.

L’esposizione ricostruisce anche l’atmosfera dei caffè di Boulevard Saint-Germain dove Giacometti si incontrava regolarmente con i due filosofi. I documenti esposti testimoniano una corrispondenza intensa e una frequentazione regolare. Le lettere, i libri con disegni di Giacometti, i ritratti di Sartre e de Beauvoir raccontano di lunghe notti trascorse ai tavoli de Les Deux Magots, il Café de Flore, Le Dôme e La Rotonde, templi della vita intellettuale parigina dove si discuteva di esistenzialismo, fenomenologia e arte d’avanguardia. Ma le amicizie parigine di Giacometti spaziavano in un universo straordinariamente ricco di personalità. Da André Breton, con cui mantenne un rapporto profondo anche dopo la rottura con il movimento surrealista, a Louis Aragon, Samuel Beckett, Paul Eluard, Tristan Tzara, Pablo Picasso. La Coupole divenne uno dei ritrovi prediletti di Giacometti, che vi disegnava anche di notte su tovaglioli di carta che portava sempre con sé.

Accanto all’Institut Giacometti, il Giacometti Lab intona l’anima più dinamica e partecipativa del progetto culturale. Lo spazio, dedicato alle pratiche artistiche e alla trasmissione della conoscenza, offre un programma variegato che spazia dai laboratori tematici legati alle mostre temporanee ai corsi di storia dell’arte. L’approccio pedagogico dell’Institut Giacometti non si limita alla contemplazione passiva delle opere, ma mira a far comprendere il gesto creativo dell’artista attraverso la pratica diretta e il confronto interdisciplinare. I finesettimana di modellato, condotti dall’artista Kevin Ducrot, permettono ai partecipanti di immergersi nella materia, scoprendo le specificità e le sottigliezze dell’argilla che Giacometti manipolava con maestria. Parallelamente, i cicli di storia dell’arte condotti da Camille Paulhan, storica dell’arte, critica e docente, offrono riflessioni approfondite su temi dell’arte moderna e contemporanea. In questa maniera, l’opera di Giacometti dialoga con il nostro presente.

La capacità di Montparnasse di favorire incontri e contaminazioni artistiche è evidente ancora oggi nell’atmosfera negli eventi organizzati dall’Institut Giacometti. Lo scultore visse e lavorò in questo quartiere per tutta la carriera fino alla morte nel 1966. Lo studio di rue Hippolyte-Maindron, oggi distinto solo da una targa commemorativa, era sempre aperto ad amici e visitatori. E divenne un punto di riferimento per artisti, scrittori e intellettuali. Al tempo, la scelta di Montparnasse per questa istituzione non è casuale. Il quartiere, che ha visto lavorare numerosi artisti nel XX secolo – l’elenco sarebbe lungo. Eppure, ancora oggi Parigi mantiene una gloriosa dimensione globale come capitale mondiale dell’arte moderna. Non è lontano il Musée Zadkine, il Musée Bourdelle (Antoine Bourdelle fu suo maestro alla Grande Chaumière) o il Musée Rodin … Ma l’Institut Giacometti è una delle gemme più preziose della costellazione di musei parigini dedicati alla scultura.

Amedeo Gasparini

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