Teatro

Atmosfere giapponesi per Gysin e Zucchinelli

Delizioso lo spettacolo presentato oggi nell’ambito degli Incontri pubblici del Laboratorio Internazionale del Teatro delle Radici e da quella formazione provengono le due interpreti Viviana Gysin a cui è toccato il ruolo di narratrice e Irene Zucchinelli scatenata polistrumentista. Da un suggerimento della compianta Vania Luraschi nascono due racconti Monogatari / Storie di pioggia, ispirati ad altrettante narrazioni del celebre autore giapponese di fiabe Yuichi Kimura. S’inseriscono bene nel tema degli “opposti”, preda e predatore, cattivo e buono…

In una notte di temporale, al buio, con la pioggia che mistifica gli odori, senza quindi riconoscersi come tali, cioè nemici in natura, s’incontrano nella capanna, dove erano giunti per rifugiarsi, una capretta e un lupo ed iniziano a dialogare, scoprendo di avere cose in comune, fino ad arrivare a rassicurarsi e consolarsi a vicenda. Si danno appuntamento il giorno dopo per pranzare insieme alla luce del sole… La storia si ferma qui, lasciando in sospeso l’accadimento… Una tregua forse soltanto, come nella trincea di Natale durante la Prima guerra mondiale? Prima di ridiventare l’una il pasto dell’altra?

Piove anche nel secondo racconto On the seesaw bridge, dove le vite di un coniglio e una volpe, in bilico su un ponte, dipendono l’una dall’altra. Questa volta sanno di essere nemici, ma si danno il respiro di un dialogo in circostanze pericolose per entrambi: se cade uno, cade anche l’altra… Alla fine sarà persino il coniglio ad aiutare la volpe. Si salveranno ma ricomincerà la corsa dell’inseguito e dell’inseguitore… E non si sa chi vincerà.

Parabole che insegnano come il nemico, se impari a conoscerlo, se riesci a parlarci, diventa un po’ meno nemico…

Il tutto arricchito da costumi, gesti (anche marziali) e suoni evocanti atmosfere giapponesi, Zucchinelli si serve di percussioni, tamburo, gong, ma anche flauto, fisarmonica per “condire” le parole, nei momenti cruciali, intessendo talvolta un’ironica, dialettica, mimica con la narratrice. La semplicità, non è certo una novità, nasce dallo studio, dalla ricerca anche complessa se si pensa all’universo giapponese, libri, immagini, filmati, laboratori di cui nutrirsi e naturalmente l’insieme calato anche nel nostro universo occidentale per renderlo comprensibile al pubblico di qui. Non marginale l’uso di un ventaglio (ma cinese da combattimento) che Gysin utilizza per produrre certe sonorità fruscianti.

Poco più di mezzora di spettacolo riuscito e applaudito.

Domani la rassegna prosegue con Reina – Regina, collezione di immagini, ricette, e racconti con Augusto Bitter, alle ore 18.30 al Teatro Foce.

Manuela Camponovo

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