I viaggi di Manuela

Barcellona (4)

Barcellona, un orizzonte così incantevole,
Barcellona come un gioiello al sole
Per te sarò un gabbiano
che vola sopra il tuo bel mare
(Freddie Mercury)

Lunedì – Barceloneta

Oggi, lunedì, la maggior parte dei musei sono chiusi, come quasi ovunque in Europa e allora è l’occasione per fare una lunga passeggiata verso… il mare: è ora di vederlo, dopo due giorni e una notte! Si potrebbe vivere qui, in questa vastità, senza mai raggiungerlo, un po’ come negli stretti e periferici vicoli napoletani, e sarebbe una disgrazia.

Vista che costeggia il porto vecchio.

Nessun problema d’orientamento, anche per una come me che non ha precisamente una bussola in testa. M’incammino di buon mattino e, per iniziare, mi ritrovo di nuovo sulla Rambla che questa volta percorro nei suoi tratti Rambla dels Caputxins e Rambla de Santa Monica, nel nome, testimonianze di antichi edifici religiosi, scomparsi o trasformati, fino a raggiungere il Mirador de Colom, la svettante statua di Colombo che guarda l’orizzonte lontano (c’è ancora qualche storico che afferma sia barcellonese…). Non salirò in ascensore per una contemplazione dall’alto, preferisco proseguire per la Ronda del Litoral, costeggiando il porto vecchio. Lungo il palmato, cioè seminato di palme, Moll de la Fusta m’imbatto in una goletta a tre alberi del 1918, il Pailebot de Santa Eulàlia, oggi non si può visitare, ma comunque non c’è molto da vedere: roba per turisti, anche il giretto di navigazione che ogni tanto è organizzato. Costeggiando, costeggiando e macinando chilometri, arrivo alle spiagge deserte, la distesa d’acqua un po’ imbronciata, nella memoria gli affollamenti e la chiassosità estivi, sembra di essere in una dimensione di tranquilla sospensione surreale.

Qui in effetti qualche museo c’è, il Marittimo, l’Acquario, ma per una che ha frequentato l’università a Genova non è che possano essere, pur nelle loro peculiarità, delle attrazioni originali. E nemmeno il Museo di storia della Catalogna: avrò occasione di vederne altri. Decido anche di non raggiungere il porto nuovo e la cittadella olimpica. Questioni di scelte. C’è anche chi va a Barcellona solo per vedere lo stadio delle mille vittorie… In quanto al “cetriolo” di Jean Nouvel, la Torre AGBAR, la vedrò dalle colline.

Mi addentro invece per i vicoli di quello che una volta era il villaggio di pescatori; se lasciate il lungomare, potrete ancora imbattervi in qualche traccia di quell’atmosfera. Entro nella barocca Església de Sant Miquel del Port, la mia guida dice che fu il primo edificio eretto qui, nel 1755. Di fianco c’è una pittoresca facciata con una targa dedicata a Ferdinand Lesseps, l’ingegnere francese che progettò il Canale di Suez e in questa casa visse quando era console a Barcellona.

Casa di Lesseps.

Mi fermo a mangiare una truita de patates, che non è una trota, ma una frittata, a El Guindilla, un locale carino, nella quieta piazzetta del mercato, molto meglio dei ristoranti lungo i viali principali.
Torno dunque indietro e, visto che ho ancora tempo, ripercorro la Rambla per raggiungere il Gran Teatre del Liceu, una delle poche attrazioni culturali aperta di lunedì. Desidero prenotare una visita guidata alle 15, ma la vita di un viaggiatore è ricca di sorprese e imprevisti, perché non possono o non vogliono cambiare la mia banconota da 100 euro; le banche sono chiuse, gli uffici cambi danno solo moneta estera, ma io sono cocciuta.
E guarda caso, tornando sulla Rambla, m’imbatto in una ragazzina che, davanti ad una porta abbastanza anonima anche se colorata di rosso, cerca di procacciare clienti e così mi accorgo di questo piccolo museo, piuttosto allegro, a quanto pare: l’Erotic Museum di Barcellona. Non so cosa aspettarmi ma salgo le scale, seguita dalla ragazza che non ha difficoltà con i miei 100 euro, anzi, m’invita ad infilarli nella macchinetta da cui poi riprenderò il resto, come nelle panetterie francesi… E allora già che ci sono visito le varie salette e mi accorgo che è meno peggio di quanto potessi pensare, ci sono raffigurazioni d’arte, dall’India e Giappone a Picasso e, tra vari strumenti, al confine di tortura e piacere, angoli dedicati ad icone sensuali come Marlyn Monroe o la coppia John Lennon-Yoko Ono. Lascio i manifesti dei primati e le sex doll, come il negozietto, ai feticisti del genere e torno al teatro, con il denaro contante.
Il Liceo, come viene comunemente chiamato, è uno dei più grandi teatri d’Europa, di una bellezza abbagliante, sopravvissuto e ricostruito, dopo distruzioni varie, l’ultimo incendio risale al 1994. La struttura ottocentesca fu di nuovo inaugurata nel 1999, con un palcoscenico dotato di apparecchiature tecniche tra le più sofisticate e d’avanguardia, una torre profondissima e altissima, da far invidia alla Scala di Milano, come racconta con orgoglio la guida. Può ospitare 2300 spettatori e ha accolto tutti i più importanti artisti del mondo. Magnificenza e sontuosità contraddistinguono colonne, scalinate, lampadari, affreschi, specchi, tra Foyer e sale del “prima”, del “dopo” e tra una pausa e l’altra e naturalmente l’Auditorium. Anche se, in termini di architettura “musicale”, le mie preferenze vanno al modernismo del Palazzo della Musica, che vi racconterò più avanti.

Teatro del Liceo.

 

La sala del Teatro.

Manca ancora circa un’ora al tramonto e allora torno al Barri Gòtic, cioè al quartiere medioevale per inoltrarmi in El Call, il quartiere storico della comunità ebraica (kahal significa proprio “comunità”) che in qualche modo, tra negozietti e caffè, con le sue frequentazioni, oggetti, cibi e bevande, restituisce l’atmosfera dell’antico ghetto e riesco anche a trovare la Sinagoga Major, scoperta negli anni ’90, quando un negozio venne acquistato e furono trovati i resti (ma al riguardo è ancora aperto il dibattito); situata in uno stretto vicolo (Carrer de Marlet) oggi si visitano i due ambienti, dove francamente non si capisce il limite tra autentico e artificiale dei simboli originari. Nella zona si trova anche il Centro visitatori per un supplemento informativo.

Scorcio del quartiere medioevale Barri Gòtic.

4-Continua

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