Teatro

“Benvenuto in psichiatria”: storie di ordinaria follia e di rara umanità

Da sin: Roberto Albin, Giovanni Casula, Emanuele Santoro – “Benvenuto in psichiatria”, ilCortile, 16.02.20.

E guarirai da tutte le malattie / perché sei un essere speciale / ed io, avrò cura di te … (Franco Battiato)

Sulle note del capolavoro di Battiato si è aperto l’intenso recital di Emanuele Santoro, Benvenuto in psichiatria, proposto ieri al Cortile di Viganello. Mai scelta fu più saggia. La poesia del cantautore siciliano può forse essere considerata la chiave di lettura dello spettacolo, del libro a cui è ispirato, Benvenuto in psichiatria. Storie e incontri di straordinaria follia, e della missione del suo autore, Giovanni Casula. Educatore all’interno di un reparto psichiatrico a Cagliari, dal 2008 al 2010, qui incontra individui straordinari, fuori dall’ordinario, certamente, uomini e donne dal passato difficile, con la loro stravaganza e fragilità ma anche dignità e ricchezza. Esseri umani, anzitutto, non pazienti, non “matti”. A loro, in quanto uomini, Giovanni Casula rivolge la sua attenzione, accompagnandoli nel delicato processo di riabilitazione, e in cambio ne ricava storie autentiche, che racconta nel suo libro, rese brillantemente da Santoro, grazie anche all’adattamento di Paola Santoro e all’accompagnamento musicale di Roberto Albin.

La cura, il titolo della canzone di Battiato e la missione morale e professionale di Casula, è incisa indelebilmente nella memoria di tutti, compresa quella dell’anonimo autore che la trascrive su una delle tante sedie in plastica messe a disposizione dei pazienti dell’ospedale psichiatrico cagliaritano. «Ti proteggerò», scrive Battiato, «dalle paure delle ipocondrie», «dai turbamenti», «dai fallimenti», «dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore», «dalle ossessioni delle tue manie», «dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo». L’inganno e il paradosso di alcune strutture psichiatriche è proprio questo: i pazienti si trovano in ambienti precari e inadatti al processo di cura, e il personale non crede nella loro riabilitazione. Giovanni Casula, il primo giorno di lavoro, è accolto con un sarcastico sorriso, dato che il personale del reparto pare non comprendere l’importanza del suo lavoro, e che il semplice ascolto, il mettere al centro la persona e i suoi bisogni più profondi è fondamentale. La generale carenza di attenzione nei confronti delle storie dei pazienti non è letta da Casula come un limite personale degli infermieri, ma il frutto di un’impostazione data al reparto; tuttavia, l’educatore non può fare a meno di notare l’irrigidimento dell’umanità del personale, e l’aridità di fronte alla sofferenza, che in un reparto di psichiatria scorre incessante.

Nel recital sono state così ripercorse le storie di alcuni pazienti, che il pubblico ha “conosciuto” grazie al talento di Emanuele Santoro, capace di restituircele in tutte le loro sfaccettature, nelle loro debolezze e curiose stravaganze, e tramite un racconto che coniuga la drammaticità di queste storie agli aspetti più divertenti. Ecco allora “apparire” Marino, l’ex meccanico che chiede a quello che lui sostiene chiamarsi Danilo, e in realtà è Giovanni Casula, se può comprargli dei vestiti, di modo che possa lavarsi e cambiarsi. Accettato l’accordo, il paziente tende quindi una banconota da 100 € all’educatore, ma senza dimenticarsi di dividerla in due: 50 € sarebbero stati sufficienti! «Io ero Danilo e avevo in mano cinquanta euro», commenta ironicamente Santoro impersonando Casula. Un incontro meno ilare è stato quello con Simone, ammanettato per giorni perché considerato pericoloso, e costretto a urinarsi addosso per tutto il tempo di contenzione. Si è ritornati a sorridere con Anna, la ragazza che accusa l’educatore di sembrarle un prete, alla quale lui prontamente risponde che ne ha guadagnato in reputazione, essendo stato accusato, qualche giorno prima, di aver qualcosa da farsi perdonare, data l’attenzione e cordialità che riserva a tutti i pazienti. La ragazza, affetta da depressione, lascerà il reparto psichiatrico, ma non prima di aver cantato a tutti i pazienti Eppure sentire (un senso di te) di Elisa, con Casula alla chitarra – unico episodio legato all’esperienza psichiatrica che ricorderà quando rincontrerà l’educatore per caso, in un ristorante. Anna è guarita, non grazie alla medicina o alla psichiatria, ma alla sorellina più piccola, che l’ha invitata a seguire il suo sogno, quello di andare in Africa come volontaria. E ancora, il pubblico ha conosciuto Francesco, il colto Professore, affetto da bipolarismo, che ottenuto un permesso di pochi minuti per uscire dalla struttura intraprenderà, ai “danni” di Casula, una tragicomica fuga: ‘comica’, perché l’affannato educatore cercherà ogni espediente per porre fine all’inaspettato inseguimento, ‘tragica’, perché quella era una corsa verso l’agognata libertà.

Il recital, seguito da un affollatissimo pubblico, tale da riempire interamente ilCortile di Viganello, si è concluso con un lungo e convinto applauso. Presente anche Giovanni Casula, il quale ha sottolineato che Emanuele Santoro e Roberto Albin sono riusciti efficacemente a cogliere l’essenza delle vicende che ha raccontato, e che risalgono ad una decina di anni fa. Alcune delle storie hanno avuto esiti positivi, ha commentato, altre no, come quella del Professore, «che ha cercato una diversa libertà» – particolare su cui Casula si è commosso, e che rivela la sua rara umanità.

La serata si è conclusa con una nota amara: Emanuele Santoro ha infatti comunicato al gremito pubblico che l’attività futura dello spazio artistico indipendente ilCortile è a rischio: sullo stabile in via Boscioro, dove è ubicato, sorgerà il nuovo campus universitario USI-SUPSI. L’attore e regista attivo nella scena teatrale della Svizzera italiana ormai da decenni non ha lasciato grandi speranze: dopo aver ristrutturato personalmente ilCortile, ha commentato, non può assicurare di avere le energie per ricominciare tutto di nuovo. In tal caso, la scena teatrale ticinese perderebbe uno spazio ormai storico, un teatro piccolo ma funzionale che propone spettacoli originali nella loro aderenza ai classici, senza “effetti speciali” e spettacolari scenografie, ma dove la forza dei testi e dei grandi del passato aveva trovato fissa dimora. E dove pure potevano essere ospitati spettacoli rivolti a un pubblico di “nicchia”, e che tuttavia affrontano importanti e profonde tematiche, proprio come avvenuto con il recital Benvenuto in psichiatria.

Lucrezia Greppi

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