Era quasi impossibile, per le donne nate nel XIX secolo, accedere agli studi superiori, ma Clara Immerwahr riuscì ad infrangere ogni barriera diventando la prima donna tedesca a conseguire un dottorato in chimica all’Università di Breslavia, all’epoca Impero tedesco. Eppure, la sua storia triste e poco nota non è solo quella di un trionfo accademico, quanto la tragedia personale consumata tra l’amore per la scienza, la frustrazione per un ruolo sociale limitante e l’orrore per l’uso bellico della chimica. Clara Immerwahr era nata il 21 giugno 1870 a Polkendorf, quarta figlia del chimico Philipp Immerwahr e Anna Krohn. Frequentò istituti superiori femminili, dove l’insegnamento delle materie scientifiche era pressoché assente e sviluppò una passione per la chimica. Quando nel 1890 la madre morì di cancro, Clara si trasferì con il padre nella capitale slesiana.
Dato che in Prussia le donne potevano iscriversi regolarmente agli studi universitari soltanto a partire dal semestre del 1908/09, Clara dovette contare sull’appoggio dei docenti. Di famiglia ebrea convertita, come studentessa non regolare ottenne la maturità presso un liceo maschile. Richard Abegg fu suo supervisore di dottorato in chimica, che ottenne a trent’anni, nel 1900, con una tesi sui “Contributi sulla solubilità dei sali poco solubili di mercurio, rame, piombo, cadmio e zinco”. Abegg la nominò sua assistente –già al tempo una posizione non retribuita. Una carriera universitaria come chimica era impensabile, dato che alle donne era preclusa la possibilità di conseguire l’abilitazione. Sono gli anni in cui Clara Immerwahr era impegnata come attivista per i diritti delle donne, lottando contro un sistema che limitava le opportunità professionali femminili nel campo accademico-scientifico.
Quando nel 1901 sposò il chimico e docente del Politecnico di Karlsruhe Fritz Haber, probabilmente nutriva la speranza di poter emulare celebri coppie di scienziati come i Lavoisier o i Curie. Così non fu. Fino al 1910 i coniugi risiedettero a Karlsruhe, dove Clara operò nel laboratorio del marito fino alla nascita del figlio nel 1902. Contribuì però, senza che le fosse riconosciuto, al lavoro del marito, traducendo dal tedesco all’inglese alcune opere. Tuttavia, l’agognata attività di ricerca condivisa con il coniuge non si realizzò mai. Seguendo le convenzioni sociali, la signora Haber doveva rappresentare piuttosto che ricercare. Va da sé che questo la condusse ad accumulare molta frustrazione. Tenne qualche impegno nell’educazione scientifica popolare e conferenze a Karlsruhe sulla chimica in cucina e le scienze naturali in casa presso l’Associazione per la formazione operaia. Nulla di significativo per la chimica.
Nel 1911 la famiglia si spostò a Berlino. Mentre il marito assumeva la direzione del nuovo Kaiser-Wilhelm-Institut für Physikalische Chemie und Elektrochemie a Berlino-Dahlem e la cattedra presso l’Università di Berlino, a Clara venne negata un’occupazione intellettualmente soddisfacente. Con lo scoppio della Grande Guerra, Haber diventò un convinto sostenitore degli sforzi militari tedeschi e giocò un ruolo fondamentale nello sviluppo delle armi chimiche. Il 22 aprile 1915 i tedeschi usarono per la prima volta nel conflitto nelle Fiandre i gas tossici. Clara, pacifista, rimase sconvolta dal lavoro del marito sulle armi chimiche a cui aveva contribuito. Si tolse la vita usando la pistola militare del marito. Spirò a quarantaquattro anni tra le braccia del figlio adolescente. La mattina dopo la sua morte, Haber lasciò la casa per coordinare il primo attacco con il gas contro i russi sul fronte orientale, senza partecipare al funerale.
La questione delle ragioni che la condussero al gesto estremo rimane tuttora irrisolta. Sei giorni dopo la morte, solo il Grunewald-Zeitung ne diede notizia. Le ragioni del triste atto della donna rimangono sconosciute, sosteneva il giornale locale. Secondo le fonti disponibili, oltre alla sua opposizione all’impiego di gas tossici, contribuirono anche diverse motivazioni di carattere personale. Le ceneri di Haber e quelle di Clara Immerwahr sono sepolte insieme nel cimitero di Basilea. Il figlio della coppia, Hermann Haber, emigrò negli Stati Uniti, dove si tolse la vita nel 1946. Il figlio di Haber e della seconda moglie pubblicò un libro sulla storia del gas velenoso, The Poisonous Cloud. Oggi una targa informativa ripercorre la vita di Clara all’angolo della Faradayweg 8, a Sud di Berlino, presso il Fritz-Haber Institut, parte della Max Planck Gesellschaft.
Amedeo Gasparini
Era quasi impossibile, per le donne nate nel XIX secolo, accedere agli studi superiori, ma Clara Immerwahr riuscì ad infrangere ogni barriera diventando la prima donna tedesca a conseguire un dottorato in chimica all’Università di Breslavia, all’epoca Impero tedesco. Eppure, la sua storia triste e poco nota non è solo quella di un trionfo accademico, quanto la tragedia personale consumata tra l’amore per la scienza, la frustrazione per un ruolo sociale limitante e l’orrore per l’uso bellico della chimica. Clara Immerwahr era nata il 21 giugno 1870 a Polkendorf, quarta figlia del chimico Philipp Immerwahr e Anna Krohn. Frequentò istituti superiori femminili, dove l’insegnamento delle materie scientifiche era pressoché assente e sviluppò una passione per la chimica. Quando nel 1890 la madre morì di cancro, Clara si trasferì con il padre nella capitale slesiana.
Dato che in Prussia le donne potevano iscriversi regolarmente agli studi universitari soltanto a partire dal semestre del 1908/09, Clara dovette contare sull’appoggio dei docenti. Di famiglia ebrea convertita, come studentessa non regolare ottenne la maturità presso un liceo maschile. Richard Abegg fu suo supervisore di dottorato in chimica, che ottenne a trent’anni, nel 1900, con una tesi sui “Contributi sulla solubilità dei sali poco solubili di mercurio, rame, piombo, cadmio e zinco”. Abegg la nominò sua assistente –già al tempo una posizione non retribuita. Una carriera universitaria come chimica era impensabile, dato che alle donne era preclusa la possibilità di conseguire l’abilitazione. Sono gli anni in cui Clara Immerwahr era impegnata come attivista per i diritti delle donne, lottando contro un sistema che limitava le opportunità professionali femminili nel campo accademico-scientifico.
Quando nel 1901 sposò il chimico e docente del Politecnico di Karlsruhe Fritz Haber, probabilmente nutriva la speranza di poter emulare celebri coppie di scienziati come i Lavoisier o i Curie. Così non fu. Fino al 1910 i coniugi risiedettero a Karlsruhe, dove Clara operò nel laboratorio del marito fino alla nascita del figlio nel 1902. Contribuì però, senza che le fosse riconosciuto, al lavoro del marito, traducendo dal tedesco all’inglese alcune opere. Tuttavia, l’agognata attività di ricerca condivisa con il coniuge non si realizzò mai. Seguendo le convenzioni sociali, la signora Haber doveva rappresentare piuttosto che ricercare. Va da sé che questo la condusse ad accumulare molta frustrazione. Tenne qualche impegno nell’educazione scientifica popolare e conferenze a Karlsruhe sulla chimica in cucina e le scienze naturali in casa presso l’Associazione per la formazione operaia. Nulla di significativo per la chimica.
Nel 1911 la famiglia si spostò a Berlino. Mentre il marito assumeva la direzione del nuovo Kaiser-Wilhelm-Institut für Physikalische Chemie und Elektrochemie a Berlino-Dahlem e la cattedra presso l’Università di Berlino, a Clara venne negata un’occupazione intellettualmente soddisfacente. Con lo scoppio della Grande Guerra, Haber diventò un convinto sostenitore degli sforzi militari tedeschi e giocò un ruolo fondamentale nello sviluppo delle armi chimiche. Il 22 aprile 1915 i tedeschi usarono per la prima volta nel conflitto nelle Fiandre i gas tossici. Clara, pacifista, rimase sconvolta dal lavoro del marito sulle armi chimiche a cui aveva contribuito. Si tolse la vita usando la pistola militare del marito. Spirò a quarantaquattro anni tra le braccia del figlio adolescente. La mattina dopo la sua morte, Haber lasciò la casa per coordinare il primo attacco con il gas contro i russi sul fronte orientale, senza partecipare al funerale.
La questione delle ragioni che la condussero al gesto estremo rimane tuttora irrisolta. Sei giorni dopo la morte, solo il Grunewald-Zeitung ne diede notizia. Le ragioni del triste atto della donna rimangono sconosciute, sosteneva il giornale locale. Secondo le fonti disponibili, oltre alla sua opposizione all’impiego di gas tossici, contribuirono anche diverse motivazioni di carattere personale. Le ceneri di Haber e quelle di Clara Immerwahr sono sepolte insieme nel cimitero di Basilea. Il figlio della coppia, Hermann Haber, emigrò negli Stati Uniti, dove si tolse la vita nel 1946. Il figlio di Haber e della seconda moglie pubblicò un libro sulla storia del gas velenoso, The Poisonous Cloud. Oggi una targa informativa ripercorre la vita di Clara all’angolo della Faradayweg 8, a Sud di Berlino, presso il Fritz-Haber Institut, parte della Max Planck Gesellschaft.
Amedeo Gasparini