Il Romanisches Café di Berlino è vivo. O meglio, rivive dal gennaio 2024 grazie a una mostra gratuita intitolata “Das Romanische Café im Berlin der 1920er Jahre. Eine Ausstellung am historischen Ort”, al piano terra del centro commerciale Europa Center, di fronte alla Kaiser-Wilhelm-Gedächtniskirche a Charlottenburg. Uno spazio ampio, ideato, animato e gestito da una rete di esperti, storici e volontari che ripercorre la storia del più famoso caffè di Berlino del primo Novecento. E lo fa in maniera multimediale con pannelli espositivi, oggetti originali, libri, video. Situato nel glamour del “Nuovo Ovest” della Berlino post-Belle époque, il Romanisches Café fu un punto di riferimento nei tempi tumultuosi dell’epoca. Un luogo di accoglienza di intellettuali da tutta Europa che qui si davano appuntamento, discutevano, lavoravano, davanti ad un caffè o una fetta di torta, preparata alla Konditorei all’angolo.
Il ricco percorso della mostra offre scorci affascinanti e multicolori. I visitatori possono sedersi a un tavolo originale con sedie e immaginare di essere sulla terrazza del Romanisches Café e immergersi nell’atmosfera culturale e commerciale di allora. Attraverso rappresentazioni in pittura, grafica, stampa, letteratura e musica, il caffè rivive come punto di attrazione dell’avanguardia culturale. Una grande mappa del quartiere mostra i negozi, cinema, teatri e sale da ballo tra Charlottenburg e Wilmersdorf, accompagnata da immagini in bianco e nero. Un caleidoscopio di questo luogo storico prende forma grazie ai reperti di materiale fotografico e articoli di giornale sulle numerose personalità legate al Romanisches Café. La mostra è nata per sottolineare l’importanza che il Café ha avuto nella memoria collettiva della città. La sua storia è travagliata. Ma era un punto di osservazione privilegiato per una società in progresso.
Il Romanisches Café fungeva da seconda casa per i principali attori della cultura. La sua eredità in questo senso è raccolta da un intenso percorso espositivo dei racconti e documentazione. Il Café rifletteva una Berlino che era capitale della cultura d’Europa del tempo, fino alla Grande Guerra. Certo, il decennio tra le due guerre fu caratterizzato da instabilità politica ed economica. Ma gli sconvolgimenti sociali causati dall’inflazione, dalla rivoluzione e dalla disoccupazione nella Repubblica di Weimar furono accompagnati da una fioritura culturale che portò alla glorificazione degli anni Venti, che ancora oggi si osservano nell’architettura restaurata di questa zona della città. Il mix di crisi e ingegnosità si rifletteva in nuovi stili artistici e letterari. Avanguardie, nuovi apparecchi musicali e un bisogno di divertimento, cabaret, alcol, ma anche droga e prostituzione. Il Romanisches Café divenne un luogo di dibattito e riflessione artistica e d’incontro di tutti questi mondi.
Il Nuovo Ovest era l’antitesi del centro storico della città e si concentrava intorno al Kurfürstendamm e alla Memorialkirche, comprendendo anche i quartieri di Nollendorf e Schöneberg. Il boom urbanistico iniziò nel 1882. Allora entrò in funzione la stazione ferroviaria dello Zoo, ancora oggi snodo tra i treni cittadini e quelli del Brandeburgo. Seguì quindi la costruzione di diversi edifici simbolo, come il Theater des Westens (1895), il Kaufhaus des Westens – noto ancora oggi come KaDeWe – (1907) e il Café des Westens (1894). Fu proprio questo il predecessore del Romanisches. Da allora, la reputazione di negozi, hotel e ristoranti affermati si misurava in base alla presenza di una filiale in questa zona. Un salotto, un punto di (in)formazione, un circolo di discussione, una sala di lettura, un ufficio. Una calamita per gli artisti, talvolta chiassoso, scomodo, fumoso. Un classico dei caffè letterari.
Il rumore del traffico entrava dalla terrazza. All’interno, il clamore di molte voci poteva rivelarsi stimolante o addirittura rilassante. Il Nuovo Ovest divenne un banco di prova per le ultime tendenze di allora. Un palcoscenico su cui si manifestavano modernità e moda. La giustapposizione di attrazioni diverse nella zona la rese una mecca non solo per le avanguardie, ma anche per la cultura popolare. Si respirava un’aria di lusso sofisticato, di accelerazione, internazionalismo e modernità splendente. In questo, la vita notturna del Kurfürstendamm, che iniziava con il tè pomeridiano al Romanisches Café, giocò un ruolo sul principale viale dei divertimenti della Grande Berlino. Intorno alla Gedächtniskirche, un circolo di ristoranti eleganti, avvolti la sera dalle luci delle loro abbaglianti pubblicità. Il caffè aprì i battenti nel 1901 in un edificio commerciale in stile neoromanico, sull’odierna Budapester Straße.
Il palazzo ospitava gli uffici della tessitura di seta Seidenweberei Michels & Cie. e il ristorante “Himmel und Hölle”. Ma erano secondari rispetto al potenziale di attrattiva del Romanisches Café, pubblicizzato come «il caffè più elegante di Berlino», gestito dalla Berliner Hotelgesellschaft. Nel 1909 passò al ristoratore Bruno Fiering e divenne a conduzione familiare. Emanava un’aria di lusso e raffinatezza. L’interno è stato ricostruito digitalmente l’anno scorso e ha avuto la sua inaugurazione al pubblico a fine aprile 2025. Nonostante le testimonianze fotografiche siano scarse, il Romanisches Café combinava elementi dell’architettura medievale e affreschi con un moderno impianto di illuminazione elettrica e arredi in Art Nouveau. La sala più grande del caffè si apriva su una terrazza e divenne famosa con il soprannome di “piscina dei non nuotatori” (per clienti comuni), laddove la sala più piccola era chiamata “piscina dei nuotatori” (per intellettuali e artisti).
Il primo proprietario del Romanisches Haus fu Paul Joseph Liebermann von Wahlendorf, giudice del Tribunale regionale di Berlino e cugino del pittore Max Liebermann. La sua vedova, Else Esther Liebermann von Wahlendorf, viveva negli appartamenti sopra il caffè e lì si tolse la vita l’8 gennaio 1943, per sfuggire alle deportazioni naziste. Una Stolpersteine la ricorda di fronte all’Europa Center. «Prima dell’avvento della bohème, il ‘Romanische’ era uno dei tanti caffè per stranieri dove pochi habitué sedevano a leggere il giornale o a scrivere lettere in pace», ricorda Georg Zivier, a cui si devono importanti lavori bibliografici sul locale. Dopo la chiusura del Café des Westens nel 1921, il Romanisches Café divenne il principale caffè degli artisti. Nel 1924 l’industriale Hermann Carl Starck acquistò la Romanisches Haus. E dieci anni dopo la mise a disposizione per gli artisti della Secessione berlinese.
«Qui si riunisce stabilmente un’assemblea nazionale dell’intellighenzia tedesca di tutte le sfumature, dall’estrema destra alla sinistra più estrema», sosteneva Curt Moreck nel 1931. Ma il clima cambiò con l’arrivo al potere del Nazionalsocialismo. Già nel marzo 1927, Joseph Goebbels incitò i teppisti nazisti ad attaccare i pedoni sospettati di essere ebrei presso la Gedächtniskirche e da ministro si scagliò sulla stampa contro l’ambiente del Romanisches Haus. Non stupì, dunque, che il numero dei clienti famosi diminuì drasticamente. Molti fuggirono in esilio, furono arrestati, deportati, assassinati o si suicidarono. Negli anni successivi, intellettuali stranieri come Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir e Samuel Beckett visitarono il Café, trovando solo un’atmosfera intimidatoria. La magia e l’effervescenza degli anni Venti erano finite. La “piscina dei nuotatori” divenne un bar qualsiasi. «Le SA venivano al caffè quasi ogni sera», lamentava nel 1933 Christopher Isherwood.
Il Romanisches Café cadde nell’insignificanza prima di essere distrutto da un bombardamento alleato nel 1943. «Abbiamo visto la terrazza e la caffetteria spazzate via dal vento, scomparire con il loro carico spirituale, dissolversi nel nulla come se non fossero mai esistite», scrisse Wolfgang Koeppen. Le ultime rovine dell’edificio furono demolite nel 1951. Lo spazio era necessario per una sala espositiva temporanea in cui promuovere la ricostruzione della città tramite il Piano Marshall. La prima pietra dell’Europa Center fu posata nel 1963. Due anni dopo, il secondo Romanisches Café fu inaugurato con clamore, ma ben presto cadde nell’oblio. Era impossibile ripetere il passato senza il clima di accesi dibattiti e eterogeneità che l’animava. Il Caffè vive oggi nella memoria di chi ne ha scritto: Zivier con Das Romanische Café (1965), Ein Kaffeehaus di Koeppen (1972), Der Kuh im Kaffeehaus (1981) di Géza von Cziffra.
Importante il ruolo di “ufficio” e punto di incontro per redattori, giornalisti, reporter, critici, editori e scrittori come Egon Erwin Kisch, Kurt Tucholsky, Erich Kästner («Il Romanisches Café è la sala d’attesa del talento») e Bertolt Brecht («Quando mi presento al Romanisches Café, molti tavoli prendono nota»). Il Caffè era un luogo democratico. Gli editori sedevano con i redattori e «qui sedevano pacificamente insieme», ricorda von Cziffra. E fu anche il luogo di nascita di una rivista. Nel 1925 l’editore Ernst Rowohlt e il critico cinematografico praghese Willy Haas fondarono qui Die Literarische Welt. Ma al Café erano disponibili giornali e riviste dal mondo. Un cameriere era deputato alla gestione e alla distribuzione e sapeva quali giornali i clienti preferivano. La mostra ne espone alcuni esemplari: Berliner Morgenpost, Prager Tagblatt, Der Abend, B. Z. am Mittag, Berliner Tageblatt, etc.
Il Romanisches Café rimane un luogo citato nei romanzi e negli adattamenti cinematografici. Per il film “Die oder Keine” con Gitta Alpár e Max Hansen, la terrazza è stata ricostruita in studio nel 1932 e montata con riprese girate in loco. Nel film “Menschen am Sontag” (1930), la terrazza è visibile appena per un istante. Mentre la serie “Babylon Berlin” (2019) è parzialmente girata alla Haus Cumberland al Kurfürstendamm 194. È del gennaio 2025 il ritrovamento e l’esposizione da una tazzina originale del Caffè. Come si è potuto accertare che fosse originale? Grazie al confronto con una foto in cui la tazzina è vicina a Luigi Pirandello. Tra gli altri scrittori, hanno frequentato il Café Walter Benjamin, Max Brod, Elias Canetti, Alfred Döblin, André Gide, Ödön von Horváth, Sinclar Lewis, Heinrich Mann, Sándor Márai, Vladimir Nabokov, Erich Maria Remarque, Joseph Roth, Stefan Zweig, Carl Zuckmayer e Franz Werfel.
Ma il Romanisches Café ha ospitato anche fotografi (Robert Capa), poeti (T. S. Eliot), cantanti (Marlene Dietrich), compositori (Arnold Schönberg), fisici (Albert Einstein), architetti (Walter Gropius), giornalisti (Anton Kuh), registi (Leni Riefenstahl), matematici (Emanuel Lasker), attori (Hugo Fischer-Köppe), boxisti (Max Schmeling). I pittori (tra questi Max Beckmann, Marc Chagall, Otto Dix, Georg Grosz, Max Pechstein, Max Oppenheimer) erano attratti dall’atmosfera del Romanisches Café, dai suoi ospiti e dal trambusto. Qui, nel 1928 Christian Schad dipinse un ritratto della segretaria. Nell’angolo a sinistra della tela è visibile la testa del poeta e cliente abituale Max Herrmann-Neiße. Un suo acquerello raffigurante due giovani donne in un caffè apparve anche nel Führer durch das lasterhafte Berlin (1931) di Curt Moreck. Nel co-working space del Romanisches Café lavoravano anche Max Slevogt, che qui iniziò i lavori le illustrazioni per il Faust ed Emil Orlik pubblicò libri con suoi schizzi dei clienti.
Il Romanisches Café era il luogo di ritrovo di artisti di ogni genere. Venivano in cerca di ispirazione, conversazione e nuovi contatti. Il caffè incarnava un caleidoscopio vivente che trascendeva i confini nazionali. Letteratura, teatro, cinema, rivista, pittura, arte e giornalismo trovavano qui un forum comune. A seconda del loro esatto posto nel mondo del Romanisches, gli ospiti abituali ricordano tavoli unici che erano riservati a gruppi e clienti particolari. Quasi venti tavoli erano “in ostaggio” per gli habitué. Un tavolo per i pittori era già stato istituito prima della Grande Guerra. In seguito, furono assegnati tavoli anche a registi teatrali, pubblicisti, editori, medici, compositori e rivoluzionari. Oggi il visitatore può risedersi su questi tavoli e vedere da vicino gli oggetti tipici che qui trovavano posto, come il sigaro e gli occhiali, la scacchiera e le lettere. Un riuscito tentativo di far rivivere un’epoca irripetibile.
Amedeo Gasparini
Il Romanisches Café di Berlino è vivo. O meglio, rivive dal gennaio 2024 grazie a una mostra gratuita intitolata “Das Romanische Café im Berlin der 1920er Jahre. Eine Ausstellung am historischen Ort”, al piano terra del centro commerciale Europa Center, di fronte alla Kaiser-Wilhelm-Gedächtniskirche a Charlottenburg. Uno spazio ampio, ideato, animato e gestito da una rete di esperti, storici e volontari che ripercorre la storia del più famoso caffè di Berlino del primo Novecento. E lo fa in maniera multimediale con pannelli espositivi, oggetti originali, libri, video. Situato nel glamour del “Nuovo Ovest” della Berlino post-Belle époque, il Romanisches Café fu un punto di riferimento nei tempi tumultuosi dell’epoca. Un luogo di accoglienza di intellettuali da tutta Europa che qui si davano appuntamento, discutevano, lavoravano, davanti ad un caffè o una fetta di torta, preparata alla Konditorei all’angolo.
Il ricco percorso della mostra offre scorci affascinanti e multicolori. I visitatori possono sedersi a un tavolo originale con sedie e immaginare di essere sulla terrazza del Romanisches Café e immergersi nell’atmosfera culturale e commerciale di allora. Attraverso rappresentazioni in pittura, grafica, stampa, letteratura e musica, il caffè rivive come punto di attrazione dell’avanguardia culturale. Una grande mappa del quartiere mostra i negozi, cinema, teatri e sale da ballo tra Charlottenburg e Wilmersdorf, accompagnata da immagini in bianco e nero. Un caleidoscopio di questo luogo storico prende forma grazie ai reperti di materiale fotografico e articoli di giornale sulle numerose personalità legate al Romanisches Café. La mostra è nata per sottolineare l’importanza che il Café ha avuto nella memoria collettiva della città. La sua storia è travagliata. Ma era un punto di osservazione privilegiato per una società in progresso.
Il Romanisches Café fungeva da seconda casa per i principali attori della cultura. La sua eredità in questo senso è raccolta da un intenso percorso espositivo dei racconti e documentazione. Il Café rifletteva una Berlino che era capitale della cultura d’Europa del tempo, fino alla Grande Guerra. Certo, il decennio tra le due guerre fu caratterizzato da instabilità politica ed economica. Ma gli sconvolgimenti sociali causati dall’inflazione, dalla rivoluzione e dalla disoccupazione nella Repubblica di Weimar furono accompagnati da una fioritura culturale che portò alla glorificazione degli anni Venti, che ancora oggi si osservano nell’architettura restaurata di questa zona della città. Il mix di crisi e ingegnosità si rifletteva in nuovi stili artistici e letterari. Avanguardie, nuovi apparecchi musicali e un bisogno di divertimento, cabaret, alcol, ma anche droga e prostituzione. Il Romanisches Café divenne un luogo di dibattito e riflessione artistica e d’incontro di tutti questi mondi.
Il Nuovo Ovest era l’antitesi del centro storico della città e si concentrava intorno al Kurfürstendamm e alla Memorialkirche, comprendendo anche i quartieri di Nollendorf e Schöneberg. Il boom urbanistico iniziò nel 1882. Allora entrò in funzione la stazione ferroviaria dello Zoo, ancora oggi snodo tra i treni cittadini e quelli del Brandeburgo. Seguì quindi la costruzione di diversi edifici simbolo, come il Theater des Westens (1895), il Kaufhaus des Westens – noto ancora oggi come KaDeWe – (1907) e il Café des Westens (1894). Fu proprio questo il predecessore del Romanisches. Da allora, la reputazione di negozi, hotel e ristoranti affermati si misurava in base alla presenza di una filiale in questa zona. Un salotto, un punto di (in)formazione, un circolo di discussione, una sala di lettura, un ufficio. Una calamita per gli artisti, talvolta chiassoso, scomodo, fumoso. Un classico dei caffè letterari.
Il rumore del traffico entrava dalla terrazza. All’interno, il clamore di molte voci poteva rivelarsi stimolante o addirittura rilassante. Il Nuovo Ovest divenne un banco di prova per le ultime tendenze di allora. Un palcoscenico su cui si manifestavano modernità e moda. La giustapposizione di attrazioni diverse nella zona la rese una mecca non solo per le avanguardie, ma anche per la cultura popolare. Si respirava un’aria di lusso sofisticato, di accelerazione, internazionalismo e modernità splendente. In questo, la vita notturna del Kurfürstendamm, che iniziava con il tè pomeridiano al Romanisches Café, giocò un ruolo sul principale viale dei divertimenti della Grande Berlino. Intorno alla Gedächtniskirche, un circolo di ristoranti eleganti, avvolti la sera dalle luci delle loro abbaglianti pubblicità. Il caffè aprì i battenti nel 1901 in un edificio commerciale in stile neoromanico, sull’odierna Budapester Straße.
Il palazzo ospitava gli uffici della tessitura di seta Seidenweberei Michels & Cie. e il ristorante “Himmel und Hölle”. Ma erano secondari rispetto al potenziale di attrattiva del Romanisches Café, pubblicizzato come «il caffè più elegante di Berlino», gestito dalla Berliner Hotelgesellschaft. Nel 1909 passò al ristoratore Bruno Fiering e divenne a conduzione familiare. Emanava un’aria di lusso e raffinatezza. L’interno è stato ricostruito digitalmente l’anno scorso e ha avuto la sua inaugurazione al pubblico a fine aprile 2025. Nonostante le testimonianze fotografiche siano scarse, il Romanisches Café combinava elementi dell’architettura medievale e affreschi con un moderno impianto di illuminazione elettrica e arredi in Art Nouveau. La sala più grande del caffè si apriva su una terrazza e divenne famosa con il soprannome di “piscina dei non nuotatori” (per clienti comuni), laddove la sala più piccola era chiamata “piscina dei nuotatori” (per intellettuali e artisti).
Il primo proprietario del Romanisches Haus fu Paul Joseph Liebermann von Wahlendorf, giudice del Tribunale regionale di Berlino e cugino del pittore Max Liebermann. La sua vedova, Else Esther Liebermann von Wahlendorf, viveva negli appartamenti sopra il caffè e lì si tolse la vita l’8 gennaio 1943, per sfuggire alle deportazioni naziste. Una Stolpersteine la ricorda di fronte all’Europa Center. «Prima dell’avvento della bohème, il ‘Romanische’ era uno dei tanti caffè per stranieri dove pochi habitué sedevano a leggere il giornale o a scrivere lettere in pace», ricorda Georg Zivier, a cui si devono importanti lavori bibliografici sul locale. Dopo la chiusura del Café des Westens nel 1921, il Romanisches Café divenne il principale caffè degli artisti. Nel 1924 l’industriale Hermann Carl Starck acquistò la Romanisches Haus. E dieci anni dopo la mise a disposizione per gli artisti della Secessione berlinese.
«Qui si riunisce stabilmente un’assemblea nazionale dell’intellighenzia tedesca di tutte le sfumature, dall’estrema destra alla sinistra più estrema», sosteneva Curt Moreck nel 1931. Ma il clima cambiò con l’arrivo al potere del Nazionalsocialismo. Già nel marzo 1927, Joseph Goebbels incitò i teppisti nazisti ad attaccare i pedoni sospettati di essere ebrei presso la Gedächtniskirche e da ministro si scagliò sulla stampa contro l’ambiente del Romanisches Haus. Non stupì, dunque, che il numero dei clienti famosi diminuì drasticamente. Molti fuggirono in esilio, furono arrestati, deportati, assassinati o si suicidarono. Negli anni successivi, intellettuali stranieri come Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir e Samuel Beckett visitarono il Café, trovando solo un’atmosfera intimidatoria. La magia e l’effervescenza degli anni Venti erano finite. La “piscina dei nuotatori” divenne un bar qualsiasi. «Le SA venivano al caffè quasi ogni sera», lamentava nel 1933 Christopher Isherwood.
Il Romanisches Café cadde nell’insignificanza prima di essere distrutto da un bombardamento alleato nel 1943. «Abbiamo visto la terrazza e la caffetteria spazzate via dal vento, scomparire con il loro carico spirituale, dissolversi nel nulla come se non fossero mai esistite», scrisse Wolfgang Koeppen. Le ultime rovine dell’edificio furono demolite nel 1951. Lo spazio era necessario per una sala espositiva temporanea in cui promuovere la ricostruzione della città tramite il Piano Marshall. La prima pietra dell’Europa Center fu posata nel 1963. Due anni dopo, il secondo Romanisches Café fu inaugurato con clamore, ma ben presto cadde nell’oblio. Era impossibile ripetere il passato senza il clima di accesi dibattiti e eterogeneità che l’animava. Il Caffè vive oggi nella memoria di chi ne ha scritto: Zivier con Das Romanische Café (1965), Ein Kaffeehaus di Koeppen (1972), Der Kuh im Kaffeehaus (1981) di Géza von Cziffra.
Importante il ruolo di “ufficio” e punto di incontro per redattori, giornalisti, reporter, critici, editori e scrittori come Egon Erwin Kisch, Kurt Tucholsky, Erich Kästner («Il Romanisches Café è la sala d’attesa del talento») e Bertolt Brecht («Quando mi presento al Romanisches Café, molti tavoli prendono nota»). Il Caffè era un luogo democratico. Gli editori sedevano con i redattori e «qui sedevano pacificamente insieme», ricorda von Cziffra. E fu anche il luogo di nascita di una rivista. Nel 1925 l’editore Ernst Rowohlt e il critico cinematografico praghese Willy Haas fondarono qui Die Literarische Welt. Ma al Café erano disponibili giornali e riviste dal mondo. Un cameriere era deputato alla gestione e alla distribuzione e sapeva quali giornali i clienti preferivano. La mostra ne espone alcuni esemplari: Berliner Morgenpost, Prager Tagblatt, Der Abend, B. Z. am Mittag, Berliner Tageblatt, etc.
Il Romanisches Café rimane un luogo citato nei romanzi e negli adattamenti cinematografici. Per il film “Die oder Keine” con Gitta Alpár e Max Hansen, la terrazza è stata ricostruita in studio nel 1932 e montata con riprese girate in loco. Nel film “Menschen am Sontag” (1930), la terrazza è visibile appena per un istante. Mentre la serie “Babylon Berlin” (2019) è parzialmente girata alla Haus Cumberland al Kurfürstendamm 194. È del gennaio 2025 il ritrovamento e l’esposizione da una tazzina originale del Caffè. Come si è potuto accertare che fosse originale? Grazie al confronto con una foto in cui la tazzina è vicina a Luigi Pirandello. Tra gli altri scrittori, hanno frequentato il Café Walter Benjamin, Max Brod, Elias Canetti, Alfred Döblin, André Gide, Ödön von Horváth, Sinclar Lewis, Heinrich Mann, Sándor Márai, Vladimir Nabokov, Erich Maria Remarque, Joseph Roth, Stefan Zweig, Carl Zuckmayer e Franz Werfel.
Ma il Romanisches Café ha ospitato anche fotografi (Robert Capa), poeti (T. S. Eliot), cantanti (Marlene Dietrich), compositori (Arnold Schönberg), fisici (Albert Einstein), architetti (Walter Gropius), giornalisti (Anton Kuh), registi (Leni Riefenstahl), matematici (Emanuel Lasker), attori (Hugo Fischer-Köppe), boxisti (Max Schmeling). I pittori (tra questi Max Beckmann, Marc Chagall, Otto Dix, Georg Grosz, Max Pechstein, Max Oppenheimer) erano attratti dall’atmosfera del Romanisches Café, dai suoi ospiti e dal trambusto. Qui, nel 1928 Christian Schad dipinse un ritratto della segretaria. Nell’angolo a sinistra della tela è visibile la testa del poeta e cliente abituale Max Herrmann-Neiße. Un suo acquerello raffigurante due giovani donne in un caffè apparve anche nel Führer durch das lasterhafte Berlin (1931) di Curt Moreck. Nel co-working space del Romanisches Café lavoravano anche Max Slevogt, che qui iniziò i lavori le illustrazioni per il Faust ed Emil Orlik pubblicò libri con suoi schizzi dei clienti.
Il Romanisches Café era il luogo di ritrovo di artisti di ogni genere. Venivano in cerca di ispirazione, conversazione e nuovi contatti. Il caffè incarnava un caleidoscopio vivente che trascendeva i confini nazionali. Letteratura, teatro, cinema, rivista, pittura, arte e giornalismo trovavano qui un forum comune. A seconda del loro esatto posto nel mondo del Romanisches, gli ospiti abituali ricordano tavoli unici che erano riservati a gruppi e clienti particolari. Quasi venti tavoli erano “in ostaggio” per gli habitué. Un tavolo per i pittori era già stato istituito prima della Grande Guerra. In seguito, furono assegnati tavoli anche a registi teatrali, pubblicisti, editori, medici, compositori e rivoluzionari. Oggi il visitatore può risedersi su questi tavoli e vedere da vicino gli oggetti tipici che qui trovavano posto, come il sigaro e gli occhiali, la scacchiera e le lettere. Un riuscito tentativo di far rivivere un’epoca irripetibile.
Amedeo Gasparini