Arte

Da “Il sogno” di Gaetano Previati all’amore scapigliato di Daniele Oberto Marrama

Foto: Pagina Facebook del Museo d’arte della Svizzera italiana – MASI Lugano.

Al Museo d’arte della Svizzera italiana (MASI), nella sede presso il LAC di Lugano (il centro culturale “Lugano Arte e Cultura” inaugurato nel 2015), è attualmente possibile visionare una delle collezioni più significative della storia dell’arte ticinese moderna. Si tratta di Sentimento e osservazione. Arte in Ticino 1850-1950, che offre una panoramica dello sviluppo dell’arte ticinese, dalla fondazione dello Stato federale svizzero, avvenuta nel 1848, fino alla metà del XX secolo. Oltre a delinearne l’evoluzione, la collezione evidenzia le numerose influenze da cui l’arte ticinese si è ispirata, tra Realismo, Impressionismo, Divisionismo e Simbolismo.

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L’esposizione è divisa in cinque aree tematiche: si comincia con “Paesaggio e storia”, per poi continuare con “Il paesaggio come simbolo”, “Osservazione della vita quotidiana”, “Sentimento e atmosfera” e “Sguardi moderni”. Nella seconda sezione, “Il paesaggio come simbolo”, emergono le influenze della Scapigliatura, movimento artistico esclusivamente italiano sviluppatosi nella seconda metà dell’Ottocento e tramontato nei primi decenni del Novecento.

La Scapigliatura fu il passaggio fondamentale tra passato e futuro, un ponte tra le tradizioni, i ritardi accumulati a livello artistico e la realizzazione di correnti artistiche per il futuro. La sperimentazione della Scapigliatura introdusse i temi fondamentali del Verismo e del Naturalismo, ma anche del Decadentismo, del Simbolismo e del Futurismo. Fu infatti un movimento «eterogeneo, inviluppato, pieno di fermenti innovativi nel campo del sociale e del politico, del costume, delle lettere, delle arti, della musica, del teatro e della librettistica» (G. Farinelli, La scapigliatura. Profilo storico, protagonisti, documenti, Roma, Carocci Editore, 2003, p. 38).

Alla fine dell’Ottocento, la maggior parte dei giovani artisti italiani aderì alla Scapigliatura, chi in maniera fugace e temporanea, chi in maniera convinta e assidua fino alla morte – quasi sempre prematura – di una gioventù dedita alla ribellione e alla sperimentazione. È impossibile quindi ignorare il tocco scapigliato nell’arte proposta dal MASI e, in particolar modo, nella seconda sezione, tutta simbolista. I pittori scelti per quest’area tematica sono quattro: gli italiani Emilio Longoni e Gaetano Previati e gli svizzeri Luigi Chialiva e Luigi Rossi. Tra le loro opere esposte, l’influenza scapigliata è evidente in Il sogno (1912) di Gaetano Previati.

Gaetano Previati, Il sogno, 1912. Foto: Pagina Facebook del Museo d’arte della Svizzera italiana – MASI Lugano.

Il quadro rappresenta l’amore ideale – quello dei sogni – e raffigura l’abbraccio di una coppia, un’unione inserita in un paesaggio idilliaco caratterizzato dalla luce calda del sole, all’alba o al tramonto. La natura, una sorta di giardino dell’Eden, accompagna l’amore e lo avvolge letteralmente, quasi a volersi unire all’abbraccio tra le due figure. Queste sono pronte per un volo simbolico verso il cielo, suggerito dal gonfiore di un manto protettore, il quale potrebbe richiamare il mantello di Dio nella famosa Creazione di Adamo di Michelangelo. Si crea così un senso di sacralità, suggerito dalla natura e dal manto.

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Questo non è tuttavia l’unico richiamo possibile: è chiara la correlazione tra i due amanti e Paolo e Francesca. Il volo verso il cielo potrebbe perciò essere causato dalla bufera divina che li colpisce per l’eternità. In effetti, un manto simile avvolge le figure di Paolo e Francesca in un altro quadro di Previati, Paolo e Francesca del 1909. Scompaiono il calore del sole e il verde della natura; compaiono invece altre figure, quelle dei dannati. I tratti dei visi dei due protagonisti si fanno più precisi e distinguibili per evitare qualsiasi dubbio sulla loro identità.

Gaetano Previati, Paolo e Francesca, 1909. Foto: Wikimedia Commons.

Se torniamo ancora più indietro nel tempo, tracciando un’evoluzione a ritroso tra Il sogno del 1912 e Paolo e Francesca del 1909, arriviamo al 1887 e a un’altra opera di Previati con protagonisti Paolo e Francesca dallo stesso nome.

Gaetano Previati, Paolo e Francesca, 1887 ca. Foto: Wikimedia Commons.

Considerato un esempio significativo dell’arte scapigliata, quest’opera di Previati propone alcuni temi dell’epoca: l’amore irraggiungibile, decadente nella rappresentazione della sua morte letterale, simbolo del rifiuto da parte della società. L’abbraccio tra i due amanti non è più un’unione onirica e idilliaca, quanto un freddo abbraccio del tradimento e della morte, rispecchiato dall’uso di colori più freddi, come l’azzurro e un giallo più spento rispetto a quello colmo di calore del sole di Il sogno.

Tornando proprio nel 1912 e al primo quadro di cui abbiamo parlato, si possono proporre allora diverse interpretazioni del simbolismo scapigliato dell’opera. I tratti sfumati – tipici della pittura scapigliata di Tranquillo Cremona, che obbliga il pubblico a osservare il quadro da lontano – e l’angolatura nascondono i visi dei due innamorati: non è importante conoscerne l’identità, ma è fondamentale notare il loro isolamento totale. L’amore idilliaco – l’unione indissolubile – è ripugnato dalla società e obbliga i due amanti a rifugiarsi altrove e a proteggersi con un manto simbolico.

L’amore scapigliato si presenta attraverso temi e situazioni disparati sia in arte che in letteratura: può essere il motivo per fuggire dal mondo moderno, come in La nemica di Luigi Capuana del 1911; può essere una condanna per la figura femminile, come in Un corpo di Camillo Boito del 1870, ma anche qualcosa di inaccessibile e incomprensibile senza la dimensione del sogno o dell’allucinazione, come in Uno spirito in un lampone di Iginio Ugo Tarchetti del 1869.

Anche l’amore del quadro di Previati risulta inafferrabile ed è concreto unicamente nel sogno: sfugge alla realtà opprimente ed è perso per sempre al risveglio. Le tematiche dell’opera possono di conseguenza essere comparate in maniera più puntuale a un altro racconto tipicamente scapigliato, ovvero L’altra di Daniele Oberto Marrama, pubblicato nel 1903. (Il racconto appare in «La settimana», il 17 maggio 1903. È riproposto per la prima volta da Stampa alternativa nella nuova edizione di Il ritratto del morto. Racconti bizzarri, nonostante non fosse originariamente inclusa nella raccolta; Daniele Oberto Marrama, Il ritratto del morto. Racconti bizzarri, a cura di Antonella De Nicola, Viterbo, Stampa alternativa, 2015, pp. 179-187).

Innanzitutto, i tratti dei tre personaggi del racconto sono sfumati come quelli del quadro: il protagonista-narratore scrive una lettera a un’amica, che si rivela essere il suo nuovo amore. Le racconta dell’amore perduto con un’altra fanciulla e dei motivi per cui la loro frequentazione non può proseguire, poiché «quell’amore intenso, appassionato, ardente, è morto» (D. O. Marrama, L’altra, in «La settimana», III, 17 maggio 1903, n. 20, pp. 193-198). I tre rimarranno senza nome per tutta la narrazione e verranno delineati da poche informazioni cruciali.

Il sogno del protagonista-narratore inizia cinque anni prima attraverso l’incontro con una delle tipiche donne della Scapigliatura, ossia innocente, candida, simile a una figura angelica, ma pallida e sofferente. Si tratta di

una strana creatura esotica, dai larghi occhi cerulei pieni di sogni, dalla chioma ricciuta, d’una bizzarra tinta accesa, come d’una massa d’oro su cui si riverberasse il fuoco sanguigno d’un tramonto ardente, che illumina come un’aureola fantastica un sottil viso bianco, d’un opaco pallore di ostia, il viso d’una creatura che avesse molto amato e che avesse molto sofferto.

I due si innamorano, ma si tratta di un amore adultero: lei è sposata. Il marito, un ufficiale superiore, si trova in India e, nonostante all’inizio lo avesse amato ardentemente, la freddezza di lui e la sua successiva lontananza portano la donna a pensare al marito «come se fosse morto, e, portava, così, nell’anima, il ricordo d’un amore finito e il triste vuoto agghiacciante della vedovanza d’un uomo vivo».

Il nuovo amore tra la donna e il protagonista-narratore è approvato dalla presenza costante della natura: i due si rivedono per caso ai giardini pubblici, dove «le acacie lasciavano sfogliare i loro fiori e i passeri mettevano il loro cinguettio festoso» e «un raggio di sole che, passando attraverso i rami d’un albero, […] accendeva una fiamma sottile fra i riccioli della nuca» di lei. I due si innamorano con lo sbocciare della primavera, che «circond[a] del suo verde il [loro] amore», proprio come nel quadro di Previati.

In uno dei loro incontri «per i campi» trovano una casa bianca, abbandonata e isolata, e decidono che quello sarà il nido del loro amore, lontano dal pensiero del marito di lei e da una società giudicante. Nella realizzazione concreta dei loro sentimenti attraverso la scoperta della casetta bianca, la donna si accorge della dimensione onirica del momento con un’osservazione che è sia l’apice del loro amore che l’inizio della fine: «[c]ome si deve star bene, qui, così lontano dalla vita, così vicini al Sogno!».

L’idillio nella casa tra i campi dura tre mesi e si interrompe improvvisamente, senza alcun segno premonitore: il marito vuole che la moglie si trasferisca da lui, in India. «Dopo un lungo sogno, ecco il ridestarsi amaro… No, no, meglio continuare il sogno, meglio non ridestarsi più, mai...»: è la fine. Il sogno è terminato, ma il risveglio è troppo traumatico per la donna, che annuncia il ritorno al suo paese d’origine e il conseguente abbandono del marito e del protagonista-narratore. Il rifiuto dell’amore e della vita nella realtà la porterà alla morte prematura di meningite.

Passano cinque anni e il protagonista-narratore incontra l’amica a cui scrive dall’inizio del racconto: è la donna di cui vorrebbe innamorarsi, poiché gli ricorda l’altra: si conoscono infatti nella stessa villa; le due hanno gli stessi riccioli biondi; anche lei è sposata e anche suo marito è lontano, impegnato in una missione diplomatica. Il protagonista-narratore si sente pervadere di nuovo dall’amore e crede di poter sognare ancora una volta. Quando però invita la nuova amante in quella stessa casetta bianca tra i campi, sperando di rivedere in lei l’altra, egli si accorge che è sveglio e il sogno è ormai infranto: in realtà, l’altra è la nuova donna e in lei non potrà mai ritrovare l’amore del passato.

No, io non posso avere le vostre carezze, io non posso ospitarvi, qui, nella casetta, per ritessere una trama infranta. Siete voi, forse, l’“altra”? È in voi l’anima di lei? Bacerei io, nella vostra, la bocca della morta? No, voi non siete quella; voi siete sottile, com’essa, e com’essa pensosa, e la vostra chioma ha riccioli luminosi come quello che è la mia reliquia più sacra; ma voi siete – ah, la dolorosa parola! – un’altra.

Il risveglio dal sogno è assoluto e coincide con la morte. L’amore rimarrà per sempre irraggiungibile, poiché «[t]utto ciò è morto, come lei». Nasce nel protagonista-narratore e nel lettore la nostalgia, il bagliore accecante di quell’amore onirico e idilliaco del quadro di Previati che, nel racconto, l’uomo non potrà più vedere né provare.

Gli aspetti simbolici della scapigliatura permettono di cogliere la sperimentazione che artisti e letterati adottavano per rendere la loro arte innovativa. È una sperimentazione che consente anche di poter adottare un’interpretazione libera e in continua evoluzione, proprio come quella proposta finora: si possono infatti scoprire sfumature nuove nell’osservazione continua e nell’analisi di tutte le opere scapigliate.

Yuksel Degabriel

Per una lettura più ampia del tema scapigliato e di Daniele Oberto Marrama si veda l’articolo di Y. Degabriel, La scapigliatura riscoperta, in «La ricerca», Loescher Editore, agosto 2023.

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