I viaggi di Manuela

Dalle nostalgie ferroviarie a Gersau

Alcuni luoghi sono un enigma. Altri una spiegazione. 

(Fabrizio Caramagna)

Josef Maria Camenzind alla scrivania.

Venerdì mi trovavo alla stazione di Lugano e sul binario dove sarebbe arrivato il mio treno ho visto fermo il Venice Simplon-Orient Express. Non ho mai capito veramente come mai ogni tanto passi da Lugano, ma non era la prima volta. In questo caso per me era quasi una vecchia conoscenza, come quando sulla Transiberiana vidi lo Zarengold a Ulan Ude, un incontro simbolico.

 

Particolare della facciata del municipio di Gersau.

Ho ritrovato e salutato lo steward che ebbi l’anno scorso, quando feci il Parigi-Istanbul (ricordate?). Corsi e ricorsi della vita. Oggi posso dire che su quel treno ho viaggiato, un po’ di mistero è scomparso ma a vantaggio di un’esperienza indelebile. Il tappetino rosso, che viene steso ad ogni tappa, anche quella breve luganese, era un po’ più dimesso, ma anche il viaggio lo è. In fondo solo un Londra-Venezia, oltretutto con un tragitto anche in pullman, visto che i treni storici non vanno sotto la manica…

Passando ad altro, il mio viaggio di venerdì a Gersau era molto meno romantico, ma è stato comunque un tuffo nel passato. Ero stata invitata da Ulrich Suter, direttore di una lunga rassegna (20 giugno – 30 novembre) nazionale e internazionale, transculturale, interessante, Seetaler Poesiesommer. Mi aveva chiesto di parlare del mio viaggio transiberiano.

 

Ho preso dunque il treno, cambiato ad Arth-Goldau e scesa a Brunnen, dove non ero mai stata ma il cui nome era ricorrente nella mia famiglia visto che lì mia sorella maggiore ha frequentato un allora austero collegio, famoso, il Theresianum. Da lì poi si arriva in autopostale a Gersau, sul lago dei Quattro Cantoni, Cantone di Svitto, versante sud del Rigi, siamo nella zona della cosiddetta Riviera e anche della Svizzera “primitiva”. Poco più di duemila abitanti e un passato davvero singolare, visto che fu la più piccola repubblica del mondo, Freie Republik Gersau (24 chilometri quadrati!), stato indipendente dal 1433 al 1817, soggetto al Sacro Romano Impero! Garantito dall’imperatore Sigismondo di Lussemburgo, però nel 1798 entrò nella Repubblica Elvetica, dopo l’invasione napoleonica, per poi diventare parte della Svizzera nel 1817, decisione presa dalla Dieta, ma contro la sua volontà… Insomma, poche ore di viaggio e si scopre una fetta non indifferente di storia elvetica.

 

L’itinerario di Josef Maria Camenzind.

Sarà piccola Gersau, ma per quel poco che ci sono stata e ho potuto constatare dotata di una vivace attività culturale, promossa e frequentata da persone sensibili e appassionate. Le sale all’ultimo piano del Municipio sono allestite a museo storico della città, in uno spazio c’è l’esposizione dedicata a un concittadino prestigioso, Josef Maria Camenzind (1904-1984), sacerdote, missionario (si formò alla Società Missionaria Betlere), insegnante e scrittore dalla nutrita bibliografia. Una parte della mostra con schede e carte geografiche si concentra sul lungo e a quei tempi anche rischioso viaggio che intraprese negli anni Trenta per recarsi in Manciuria, sua patria missionaria (sull’argomento è anche l’unico libro, a quanto mi risulta, tradotto in italiano: Da-kai: romanzo manciuriano, pubblicato dalla SEI di Torino nel 1965). L’itinerario da Immensee attraverso l’Europa lo portò a Mosca e poi Omsk, il lago Baikal per raggiungere la Manciuria. In pratica si trattava della Transmanciuriana, una delle linee ferroviarie della Transiberiana, per questo mi hanno invitato a parlare del mio viaggio che non ha nulla a che vedere con quegli epici tempi e nobili intenti, ma è testimonianza semmai dell’oggi. Il percorso di Camenzind non finì lì perché poi attraverso la Cina, Filippine, Singapore approdò pure in Egitto, per poi risalire l’Italia, Brindisi, Napoli, Roma, Milano e di nuovo in Svizzera.

 

La vetrinetta con le opere di Camenzind.

Camenzind è stato onorato per il suo lavoro nel 1935 e 1954 dalla Fondazione Svizzera Schiller e nel 1971 ha ricevuto il Premio Letterario della Svizzera Centrale come “Poeta della Patria e del Mondo”.

Ma un altro illustre personaggio, più conosciuto a livello internazionale, è stato al centro dell’incontro, il drammaturgo (non solo) August Strindberg (1849-1912), rivisitato in particolare nei suoi anni svizzeri. Egli soggiornò in quello che definiva soprattutto inizialmente come paese dell’utopia dal 1884 al 1887, passando, inquieto, dal Lago Lemano al Cantone Argovia, fino alla “Riviera”, fu a Weggis e infine a Gersau. Anni produttivi, qui scrisse le “novelle svizzere”, tra l’altro (Utopie nella realtà), si occupò dell’autobiografia e tracciò un bilancio della sua vita. A Gersau si stabilì, dopo essere ritornato dalla Francia, nel settembre del 1886, in una fase per lui di “rinascita” dove faceva i conti con se stesso e anche il suo pessimismo si attutiva. Gersau fu anche un periodo di sperimentazione, dove s’improvvisò nella fotografia, immagini impressionistiche di se stesso e dei famigliari e dove gettò le basi per la sua produzione pittorica.

 

All’appuntamento di Gersau, a cui ha assistito un nutrito pubblico, hanno partecipato Anna Schaffner dell’Università di Zurigo, esperta di letteratura svedese che ha letto tra l’altro una novella che rivela uno Strindberg non cupo come al solito, ma riconoscente verso i sentimenti che i ricordi possono scatenare, come anche semplici numeri telefonici; il drammaturgo svedese Leif Olsson che con molto pathos e anche ironia si è calato nei meandri strindberghiani. Mentre il curatore del museo, Marzel Camenzind si è soffermato sulla figura di cui porta il cognome. Hanno fatto gli onori di casa lo storico e anche sindaco di Gersau Adrian Nigg e Ulrich Suter. In quanto a me (con l’aiuto della traduttrice Mimotte Keller) ho raccontato brevemente la storia della mitica ferrovia transiberiana e mi sono soffermata su alcune impressioni dal viaggio che ho compiuto lo scorso luglio, sugli aspetti più curiosi, come la problematica dei fusi orari…

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