Cultura

Dilettanti allo sbaraglio

I dilettanti ovviamente non sono i professionisti della cultura che hanno fatto di tutto, ma proprio di tutto, per continuare a lavorare in piena sicurezza. Imbarazzante davvero quello che è successo. 50-5-30… Qualcuno ha dato semplicemente i numeri. Una precisazione? Una correzione? Quando per giustificare e confermare la ridicola decisione presa e annunciata durante la conferenza stampa di domenica (ridicola perché chi organizzerebbe una manifestazione pubblica per cinque persone?, nonostante l’atto di eroica e provocatoria resilienza di Antonio Prata per la sua sala), è stato detto che al divertimento (?) si può rinunciare non a mangiare e che agli spettacoli si entra e si esce tutti insieme… Quando nei ristoranti ci si toglie le mascherine e nei bar, nei self-service sono in pochi a controllare che i clienti lascino i loro dati prima di andare via, i treni e gli autobus viaggiano affollati, i mercati non hanno limiti. E ancora la cultura vista come passatempo superfluo. Ci si è accorti della colossale gaffe, di fronte alle reazioni del mondo culturale, e che ha dimostrato se ancora ce ne fosse bisogno della considerazione con cui la politica guarda a questo settore, formato da gente che lavora, investe, produce e crea non solo arte ma economia, oltre al bagaglio di benessere psicologico ed emozionale, di bellezza in grado di offrire.

Poi, da domenica, cosa è successo, prima della marcia indietro? Aver sbagliato così clamorosamente il bersaglio, ha causato una valanga di annullamenti, smontato e bloccato contratti, produzioni e stagioni che stavano per debuttare (dopo il complesso impegno organizzativo per adeguarsi ai 50 spettatori), mandati a casa artisti e tecnici, chiuse le sale. C’erano state subito ansiose richieste di chiarimento, la risposta è arrivata con tre giorni di ritardo e ormai il danno era fatto, tutto questo ha dei costi in capitale umano, creativo ed economico. Senza contare, ad esempio, che l’allestimento per i quarant’anni del Teatro delle Radici, re-cordari, le cui ultime repliche sono saltate, prevedeva un massimo di 25 spettatori, quindi perfettamente in linea con le ultime direttive (da 5 a 30) tale da farle suonare come una grottesca beffa… Una irrispettosa presa in giro. Si parla di una questione di coerenza, vuol dire che si è stati incoerenti fino adesso.

E ora? Non è che si possa considerare trionfalmente questa marcia indietro. Ma chi se la sentirà, chi potrà, tornerà ad aprire, a riprendere qualcosa, sempre in deficit, ovviamente, e come minimo ci si aspetta aiuto e sostegno finanziario dalla politica (direi un risarcimento danni). In tutto questo c’è chi ha perso in credibilità. La situazione è grave, nessuno lo nega, ma non è che penalizzando la cultura, facendo chiudere sale cinematografiche e teatrali, luoghi d’incontro super controllati, che la si migliora. Decisioni troppo facili e inutili. Durante le guerre e le dittature, le persone sfidavano i pericoli per coltivare e fruire in qualsiasi modo l’arte, indispensabile nutrimento dell’anima, dello spirito, della mente. Vorrà pur dire qualcosa.

Manuela Camponovo

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