Cultura

Eclisse liberale: Arnaldo Alberti e Dick Marty a Lugano

Lo scrittore italiano Arnaldo Alberti.

L’ideologia è come la nostra ombra: ci accompagna sempre. Per superare quelle illegittime è necessario smascherarle e portare alla luce i progetti nascosti. (Leonardo Boff)

L’imbarbarimento del confronto, l’aridità culturale del dibattito, il mito della crescita illimitata, l’aumento delle disuguaglianze, l’assenza di una cultura politica, il diritto alla salute, la catastrofe climatica… sono queste le importanti e attuali tematiche che sono emerse ieri in occasione dell’incontro con lo scrittore italiano Arnaldo Alberti e il politico svizzero Dick Marty, svoltosi nella Biblioteca cantonale di Lugano e mediato dal direttore Stefano Vassere.

«Arnaldo Alberti è un personaggio che ha segnato la discussione politica di alto livello nel nostro cantone. La sua penna e la sua verve sono particolarmente graffianti e dure» – così Dick Marty ha presentato il protagonista della serata, sottolineando che si tratta di «uno dei pochi intellettuali che hanno avuto il coraggio di esporsi chiaramente nella discussione politica». Si è poi entrati più nel dettaglio nei contenuti di Eclisse liberale (Milano, Mimesis, 2018), l’ultimo libro di Alberti, edito con la prefazione dello stesso Dick Marty. Uno dei ‘fili rossi’ del libro è il timore del nuovo avvento del fascismo, che il relatore considera una paura fondata, sostenendo di intravederne dei segnali negli Stati Uniti di Trump, l’Italia di Salvini e l’Ungheria di Orbán. Per Alberti è molto importante la Storia, che sembra essere dimenticata – «la storia insegna, ma non ha scolari», afferma ricordando Gramsci – e per questo cadiamo negli stessi errori del passato. «Oggi, come nel 1938, il liberalismo e il capitalismo sono giunti a un punto cruciale: è necessario trovare delle risposte», ha concluso il politico svizzero, riferendosi al discorso che Walter Lippmann tenne a Parigi, in occasione del convegno organizzato dal filosofo francese Louis Rougier, e dove già avvertiva che gli errori del liberalismo avrebbero condotto a delle catastrofi, e già intuiva il pericolo di credere nell’invincibilità dello stesso liberalismo.

Lo scrittore italiano Arnaldo Alberti ha preso la parola preannunciando che «lo scrittore è essenzialmente un testimone», e che ogni testimonianza non debba essere asservita ad alcun potere. Alberti ha poi fermamente denunciato i maggiori mali che egli intravede nella situazione socio-politica attuale. Il potere determina la struttura sociale, ai cui vertici stanno persone che non hanno nessun fondamento etico che superi la venalità e l’istinto di supremazia. La responsabilità sociale delle imprese – come aveva già notato Dick Marty, ricordando Milton Friedman – non esiste più, la sola priorità che hanno è quella di accrescere i propri guadagni. Un’ulteriore problematica emersa è il pericolo della manipolazione dell’informazione, aggravata dal fatto che la cultura politica è ormai assente, così come gli intellettuali: «il periodo d’oro degli intellettualli è quello degli intellettuali francesi. Poi sono scomparsi», ha sentenziato Alberti. Oggi si pretende di cambiare questo sistema, di far fronte ai cambiamenti climatici, ma non è possibile se non ci assumiamo la responsabilità delle nostre azioni, e soprattutto, l’unico modo per cambiare il sistema capitalista, ha notato il relatore, è distruggere l’80% delle strutture dominanti. Si è così conclusa la conferenza di Alberti, a cui è stato riservato un lungo applauso.

Lucrezia Greppi

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