Teatro

Finisterre, un premio meritato

Avevamo appena visto la scorsa settimana, nell’ultima creazione del Teatro Paravento, Il Winnipeg, una pagina poco conosciuta della vita di Pablo Neruda, con uno squarcio sulla guerra civile spagnola ed ecco in parte tornare lo stesso tema, tra impegno, intellettualismo e creatività, attraverso un altro poco noto spaccato di storia e cultura. L’occasione ce la fornisce la vincitrice del concorso Testinscena, promosso dalla Fondazione Claudia Lombardi per il teatro che, come da Bando, ha sostenuto la realizzazione del progetto premiato, mettendo a disposizione anche un tutor, in questo caso Cristina Galbiati. Fin dal suo nome ossimorico, la compagnia Praticidealisti ha voluto rendere omaggio alla figura protagonista della produzione d’esordio, Alexandre Campos Ramírez che dalla sua terra galiziana, estrema propaggine occidentale, prenderà il nome di Finisterre, che dà anche il titolo allo spettacolo. In un’ora concentrata e ben ritmata, sullo sfondo musicale dal vivo della polistrumentista Francesca Badalini, una coppia di attori, Fabio Bisogni e Laura Zeolla (ideatrice del progetto e fondatrice della compagnia), diretti da Marco Taddei che è anche autore, insieme a Francesca Tacca, ripercorre, in senso cronologico, e fa emergere dalle nebbie misteriose la vicenda di questo eclettico personaggio, di cui l’anno prossimo ricorreranno i cent’anni dalla nascita, anarchico, editore, poeta, giornalista, tifoso di calcio e inventore. Gli interpreti indossano maschere un po’ alla Fantomas, quasi a voler dare un senso di simbolico straniamento. Sentieri, frontiere, percorsi, quasi un mandala, compongono le pietre seminate sul pavimento del palco; capi di abbigliamento appesi a vista, da una parte: lei, indossando un mantello o una divisa, svolgerà una serie di ruoli, compagno delle prime avventure militanti, poliziotto, infermiera, cameriera, e i vari soggetti famosi incontrati sul cammino, da Pablo Picasso al Che, al maestro Leon Felipe

Una voce fuori campo segna le tappe delle vicissitudini storiche che porteranno Finisterre, ferito, anche in un ospedale e sarà proprio qui che avrà l’idea geniale del popolarissimo gioco, di cui sarà svelata l’origine ideologica: a modello del ping pong, tennis da tavolo, egli inventa il “calcio da tavolo”, proprio per dare un’alternativa a chi magari ha perduto le gambe in guerra e non può più giocare sul campo reale. Così nasce il mitico fubalino, il calcetto, il calcio balilla… (che in scena rivivrà a livello di mimica e suoni, con una pedana disegnata a gesso).

E poi la via dell’esilio, nel crogiolo di artisti e ”ismi” parigini: gustosissima la scenetta della locanda con il menù a base di un pastiche di libri, autori, movimenti a restituire l’atmosfera dell’epoca. L’incontro con Picasso, l’immortale, che gli consiglia, quando ormai l’Europa appare stretta nella morsa delle dittature, di riparare in Sudamerica, ma ben presto anche qui arriveranno rivoluzioni e controrivoluzioni, tragici dispotismi. In Guatemala fu rapito e imbarcato su un aereo diretto in Spagna. Narrano le cronache ammantate di leggenda che riuscì a far dirottare il volo, spacciando una saponetta per una bomba.  Alla fine, scomparso Franco, riuscì a tornare nella sua terra, dove morì nel 2007.

Una debolezza dello spettacolo è rappresentata dalla recitazione di Fabio Bisogni, che deve ancora raffinarsi ed evolversi. Efficace, anche nel suo gioco delle parti che non degenera mai, quella di Laura Zeolla. Applaudita la prima di ieri sera al Foce di Lugano. Si replica oggi alle ore 20.30 e domani alle 18. Debutto italiano il 13 dicembre (repliche il 14 e il 15) al Campo Teatrale di Milano.

Manuela Camponovo

 

In cima