Cultura

Goldoni inedito: ritrovato un manoscritto chiave per la riforma del teatro

Novello “Angelo Mai”, il Prof. Riccardo Drusi dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, ha ritrovato alla Sächsische Landesbibliothek di Dresda un manoscritto inedito della commedia Il cavaliere e la dama.

A due secoli di distanza dalla storica scoperta del teologo e filologo italiano, che per aver riportato alla luce il De Republica fu celebrato nel gennaio 1820 da Leopardi nella canzone Ad Angelo Mai, il ricercatore e professore di letteratura italiana ha di recente scovato una variante di una commedia goldoniana di grande interesse. «Il manoscritto appare come un tassello molto importante per ricostruire quelle fasi più remote della scrittura goldoniana che l’autore stesso efficacemente occultò in nome della sua riforma teatrale», ha dichiarato Riccardo Drusi all’Ansa – che ieri, martedì 7 gennaio, ne ha dato notizia.

 

I personaggi de “Il cavaliere e la dama” nel manoscritto ritrovato a Dresda.

Scritta e rappresentata nel 1749 a Verona, la commedia teatrale Il cavaliere e la dama è una tappa fondamentale nel cammino di Goldoni verso la riforma del teatro. Alla princeps seguirono numerose edizioni, tra cui due stampe veneziane, per i tipi del Bettinelli (1752 e 1753), e una fiorentina, per mezzo dell’editore Paperini (1753), dove – nella prefazione al lettore – si compiace di sapere che «in Firenze vi erano le commedie mie rappresentate senza le maschere» e vi aggiunge un elogio all’attore e regista ante litteram Pietro Pertici, per aver realizzato il suo sogno teatrale, quello di dare vita a un teatro affrancato dalla Commedia dell’Arte. Dall’edizione veronese a quella fiorentina avviene un cambiamento fondamentale: «la messinscena del 1749 vedeva ancora la presenza di maschere, nonostante Goldoni stesse andando velocemente verso il manifesto della riforma che è la commedia Il teatro comico (Venezia, 1750)», commenta Franco Arato nell’edizione critica de Il cavaliere e la dama, edita nel 2003 per Marsilio.

La sostituzione delle maschere dialettali con altrettanti personaggi che parlano in lingua non avviene nel manoscritto trovato dal Prof. Drusi, datato 1752, essendo qui presenti Pantalone, Arlecchino e Brighella. Inoltre, il manoscritto, secondo le consuetudini della commedia dell’arte, è strutturato come un canovaccio, lasciando larga parte della rappresentazione all’improvvisazione degli attori. Il manoscritto non è firmato: il fatto che il testo non sia autografo non inficia l’importanza del ritrovamento – sottolinea Drusi a ilmetropolitano.it –, essendo altamente probabile che sia stato scritto da Goldoni. A Dresda sono conservate numerose opere del commediografo veneziano, che qui esportava molte sue opere, dove pure erano rappresentate.

Questi i punti salienti per cogliere l’importanza della scoperta di Riccardo Drusi, realizzata non ricercando tra i «polverosi chiostri», come già l’«Italo ardito» decantato dal Leopardi, ma consultando l’archivio online della alla Sächsische Landesbibliothek di Dresda – clicca qui se vuoi leggere il manoscritto del 1752 – che già da prima della caduta del muro di Berlino ha messo in rete cataloghi, manoscritti e opere rare.

Lucrezia Greppi

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