Storie di Musetta e altri gatti

I pasti

Colonia di gatti randagi che mangiano

Immagine generata da ChatGPT

Con le prime luci dell’alba, sulla soglia della casetta si stagliava la figura secca e longilinea della nonna. Inconfondibile il richiamo onomatopeico, mimimimin…

Si trasmettevano il verso che passava tra loro. Arrivavano da ogni dove e avventura, salendo dalla strada gli scalini di granito, attraversando il cancelletto di legno, svincolandosi nei buchi della rete metallica che segnava il confine, saltando giù dagli alberi o dal tetto… Di tutti i colori, le misure, maschi e femmine, grigi, bianchi, neri, tigrati, a macchie oppure a tinta unita, timidi o aggressivi, nel momento della colazione la truppa si era trasmessa voce o meglio miagolata, ogni giorno sempre più numerosi e sempre rigorosamente randagi, liberi e privi di onorata razza codificata… Gatti europei, al massimo, ma non mancavano gli incroci.

Nel pomeriggio, quando risuonava l’orologio biologico delle diciassette, toccava alla bambina. Gli amici degli alberghi fornivano sacchi di ossa non spolpate dai clienti pasciuti. Lei, scrupolosamente, distendeva fogli di giornale sulla ghiaia e rovesciava l’appetitoso bottino. Erano tutti lì in cerchio. La piccola osservava e imparava… Perché la società, allo stato primitivo, è un po’ sempre quella. C’era il leader, prepotente, al quale tutti gli altri cedevano il passo, una zampa di qua, l’altra di là, caso mai a qualcuno venisse l’idea di avvicinarsi, il primo ad impossessarsi dell’osso più polposo, inghiottiva e ringhiava, ringhiava e inghiottiva… Poi c’era il più piccolo, fragile, pauroso, non riusciva neppure ad entrare nel cerchio del pasto famelico. La bambina però sapeva cosa fare, prendeva un pezzo di giornale e della carne tenera, cercava un angolino appartato e ci portava il micetto perché anche lui potesse avere la sua razione. No, la vita non deve essere solo di quelli più agguerriti. Uno spettacolo, dai diversi colori e rumori di fauci, denti ed elementare fame da soddisfare, come ai tempi dei tempi.

Manuela Camponovo

(1. Continua)

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