Commento

Il discorso della “guerra totale” di Joseph Goebbels

Lo storico Peter Longerich esplora il discorso del ministro della Propaganda nazista Joseph Goebbels al Palazzo dello sport a Berlino il 18 febbraio 1943: Goebbels e la “guerra totale” (Einaudi 2024) offre lo sfondo dell’intervento – e lo commenta alla luce degli eventi del tempo. Comunemente considerato una delle più spaventose, ma anche delle più efficaci, esibizioni retoriche del XX secolo, secondo Longerich, il discorso ha causato un notevole sconvolgimento psicologico in Germania con conseguenze significative. Spesso i documentari sul Terzo Reich includono filmati storici del momento in cui Goebbels lancia la famigerata domanda sulla guerra totale, seguita da un applauso fragoroso del pubblico. Longerich ricorda che il discorso è il più sinistro capolavoro di Goebbels, un demagogo freddo e fanaticamente devoto.

Il concetto di guerra totale era stato inizialmente promosso attraverso il pamphlet omonimo pubblicato nel 1935 da Erich Ludendorff, secondo il quale una guerra del futuro avrebbe potuto essere vinta solo sottomettendo tutti gli aspetti della vita alle esigenze belliche. Inoltre, il discorso si caratterizzava per una polemica carica di odio contro gli ebrei. Dai diari emerge che per Goebbels il lavoro di propaganda rappresentava una serie di successi personali e momenti felici. Il narcisismo esuberante e l’euforia per questo successo non solo alimentavano l’incessante attività propagandistica, ma portavano il ministro a sopravvalutare l’efficacia del suo lavoro. Fino a quando il Terzo Reich godeva di successi militari, Goebbels non affrontava particolari sfide. Tutto cambiò nell’autunno 1941. Nell’ottobre 1942, cominciò a preoccuparsi per l’ottimismo eccessivo e ordinò alla propaganda di ritrarre la situazione con un realismo sobrio.

«In questa guerra dobbiamo creare i presupposti per la piena realizzazione della rivoluzione sociale del nostro popolo», scrisse sul diario. Dove progressivamente il motto «Vinceremo!» venne sostituito con «Dobbiamo vincere». Nel concetto di guerra totale vi era una radicalizzazione della conduzione del conflitto che aboliva la distinzione tra militari e civili e comprendeva anche una politica di annientamento motivata dal razzismo. Il 12 dicembre: «O impicchiamo gli ebrei o un giorno gli ebrei impiccheranno noi». Nei diari, Goebbels parla di Stalingrado come di una catastrofe. Da qui la necessità di reclutare più uomini per la Wehrmacht e aumentare la produzione bellica. Ma soprattutto, coinvolgere interamente la popolazione per mostrare fermezza. «La lotta per la nostra vita si avvicina al suo culmine più drammatico». Si trattava di «una gigantesca contesa per il futuro destino dell’Europa, sì, di tutto il mondo civilizzato d’Occidente».

Il discorso, che si svolse tra le 17 e le 19, si basava su quattro linee argomentative, ricorda Longerich. La prima riguardava l’idea che dietro il bolscevismo ci fosse l’ebraismo e che solo la distruzione di quest’ultimo avrebbe significato la fine del sistema bolscevico. La seconda evidenziava che la minaccia non si rivolgeva solo alla Germania, ma all’intera Europa civilizzata. La terza, la capacità del governo nazista di resistere con all’attacco da Est. Infine, le misure per la guerra totale, che richiedevano sacrifici dell’intera popolazione. «Il mio compito è di esporvi un’immagine cruda della situazione e di trarre le dure conclusioni». E ancora: «L’obiettivo del bolscevismo è la rivoluzione mondiale ebraica». Tutto era in gioco: la vita di donne e bambini, l’integrità del paesaggio, l’esistenza di città, la cultura tedesca. «La guerra totale è quindi l’imperativo del momento!».

Poi le fatidiche parole: «Volete la guerra totale? Se necessario, volete una guerra più totale e radicale di quanto mai oggi possiamo neppure immaginare?». Goebbels si dichiarava convinto che il suo intervento avrebbe prodotto «un’impressione profonda non solo nel Reich, ma anche nei Paesi neutrali e persino in quelli ostili». A partire dalle direttive del discorso, si stabilirono quote mensili di reclutamento dei soldati nei settori dell’amministrazione, dei servizi e dell’industria bellica. Si adoperò anche per fornire alternative di forza lavoro alle industrie cruciali per lo sforzo bellico. Tuttavia, questi piani poterono essere realizzati solo parzialmente ed ebbero persino effetti controproducenti. Longerich conclude ricordando che solo nel gennaio 1945 la Wehrmacht subì perdite pari a 450.000 uomini. Fino alla fine della guerra si sono registrati 300.000 caduti ogni mese. La guerra totale di Goebbels si concluse di fatto con una sconfitta totale.

Amedeo Gasparini

www.amedeogasparini.com

In cima