Riflessione

Il Giorno della memoria nel contesto attuale

Auschwitz-Birkenau

Il “Giorno della memoria” è una ricorrenza internazionale celebrata il 27 gennaio di ogni anno, che ricorda il 27 gennaio 1945 quando le truppe sovietiche dell’Armata Rossa arrivarono per prime presso la città polacca di Oświęcim (in tedesco Auschwitz), scoprendo il vicino campo di concentramento e liberandone i superstiti. La memoria è determinante, sosteneva lo scrittore Mario Rigoni Stern: «Non si tratta di un esame di coscienza, ma di qualche cosa che va al di là, perché con la memoria si possono fare dei bilanci, delle considerazioni, delle scelte; perché credo che uno scrittore, un poeta, uno scienziato, un lettore, un agricoltore, un uomo, uno che non ha memoria è un pover’uomo». Liliana Segre sostiene giustamente che la memoria rende liberi e che gli orrori di ieri, di oggi e di domani fioriscono all’ombra dell’indifferenza: «Indifferenza è più colpevole della violenza stessa. È l’apatia morale di chi si volta dall’altra parte: succede anche oggi verso il razzismo e altri orrori del mondo. La memoria vale proprio come vaccino contro l’indifferenza».

Purtroppo la memoria si affievolisce sempre più per il semplice fatto del venir meno dei testimoni, che fatalmente diminuiscono da una generazione all’altra. I fenomeni antisemiti sono ricorrenti nel passato e tuttora; basti ricordare: i “Pogrom”, le violenti aggressioni contro gli Ebrei da parte delle popolazioni locali dell’Impero Russo e in altre parti del mondo tra la fine del sec. XIX e l’inizio del XX; il movimento xenofobo “völkisch”, che considerava lo spirito ebraico estraneo a quello germanico; il “Protocollo degli Anziani di Sion”, che diffuse false teorie di una immaginaria cospirazione internazionale ebraica contro la Germania, ritenuta l’unica predestinata ad assumere un ruolo di comando nel mondo intero come pensava il filosofo Johann Gottlieb Fichte (1762-1814): «Lo spirito tedesco sarà l’aquila che, con ala possente, eleva il suo corpo pesante e, con un volo vigoroso e lungamente esercitato, sale sempre più in alto per avvicinarsi al sole, la cui contemplazione la incanta».

E siamo ancora al punto di partenza: da quando è iniziata la guerra fra Hamas e Israele si registrano aggressioni fisiche e verbali, scritte sui muri, minacce online in Europa; compaiono le svastiche sulle sinagoghe, le distruzioni di lapidi, le bottiglie incendiarie contro una sinagoga (in Germania); il marchio con la stella di Davide su alcuni edifici residenziali in Francia; la profanazione del cimitero ebraico in Austria; l’attacco contro i negozi ebraici e le sinagoghe in Spagna.

Tutto ciò fa paura. Il genocidio non porta solo alla soppressione fisica di un popolo, ma ne annienta soprattutto l’identità culturale. Ciò è avvenuto con gli Ebrei, nei gulag sovietici, in Cambogia e in altre parti del mondo.

Gerardo Rigozzi

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