Cinema

Il messicano Alfonso Cuarón vince il Leone d’Oro

 

Senza troppe sorprese, ma anche con il plauso unanime (di pubblico, stampa e giuria come raramente accade) il Leone d’Oro va a “Roma” di Alfonso Cuarón, incredibile gesto cinematografico dell’autore messicano che è un omaggio all’umile donna di servizio che ha accudito lui e i suoi fratelli quando erano piccoli nel quartiere così chiamato di Città del Messico. Il regista commosso ha ringraziato proprio Flora, come rappresentante del suo Paese, e – dopo l’Oscar già vinto per il film di fantascienza “Gravity”  – ha coronato un percorso autoriale con il suo film più sentito e denso, in cui la storia di una nazione si fonde perfettamente con i problemi quotidiani di una famiglia.

La 75esima Mostra internazionale d’arte cinematografica, che come dichiara il presidente Paolo Baratta ha avuto un aumento del 24% delle presenze in sala tra pubblico e giornalisti, vede trionfare  un cinema in costume che rielabora momenti fondativi della nostra società. Se in “Roma” sono le rivoluzioni e le repressioni degli anni 70 a stare sullo sfondo, in “The Favourite” – film vincitore del Leone d’argento Gran premio della giuria – il regista greco Yorgos Lanthimos affronta la corte inglese sotto la Regina Anna, per mostrare il lato oscuro del potere e le sue deformazioni. Il film, ironico e tragico al tempo stesso, ha ottenuto anche il riconoscimento per la miglior interpretazione femminile andato a Olivia Colman, una fragile e isterica Regina Anna. Accanto alla centralità delle figure femminili, c’è stato il grande ritorno del western: proprio a “The Sisters Brothers”, primo film con attori americani di Jacques Audiard, va la Miglior Regia, mentre alla geniale coppia dei fratelli Coen viene assegnata la miglior sceneggiatura per il film a episodi “The Ballad of Buster Scruggs”. Mentre la ricostruzione storica della biografia di Vincent Van Gogh, “At Eternity’s Gate” di Julian Schnabel, si segnala per la ricezione della Coppia Volpi per il miglior attore grazie all’intensa interpretazione di William Dafoe.

Politica la scelta di far trionfare, con due premi, “The Nightingale” di Jennifer Kent, unico film a regia femminile presente nel concorso: un western sulla Tazmania di fine Ottocento, in cui una detenuta irlandese (accompagnata da un nativo australiano Baykali Ganambarr che ha ricevuto il Premio Mastroianni per il miglior attore emergente) deve compiere una terribile vendetta contro l’uomo che ha distrutto la sua famiglia. Alla Kent, già apprezzata per l’horror “The Babadook”, va il Premio speciale, un chiaro segnale contro le polemiche sorte attorno al film e allo spiacevole insulto che ha accompagnato la prima proiezione del film.

Venezia si mostra sempre più forte dal punto di vista dei grandi autori statunitensi ma prova a guardare anche al futuro, con la sezione dedicata alla realtà virtuale e con lo spazio che riserva ai nuovi autori nella sezione Orizzonti, che ha visto emergere il thailandese Phuttiphong Aroonpheng con “Kraben Rahu (Manta Ray)”, il turco Emir Baigazin con “Ozen”, il siriano Soudade Kaadan con il suo “The Day I Lost My Shadow” vincitore del Leone del futuro Luigi De Laurentiis, l’indonesiano Aditya Ahmadcon il cotometraggio “Kado”, che confermano l’apertura del festival nei confronti dei paesi del mondo. Una giuria di studenti delle scuole di cinema, presieduta dal regista Salvatore Mereu, ha votato “La notte di San Lorenzo” dei fratelli Taviani come miglior film restaurato e “The Great Buster: A Celebration” di Peter Bogdanovich come miglior documentario sul cinema.

Daniela Persico

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