Commento

Il Novecento dei massacri e dei totalitarismi

In Che cosa resta del Novecento (UTET 2023) Giovanni De Luna riesamina il XX secolo, come base per interpretare il XXI. Un brutto secolo, lo definisce sin dall’inizio del volume: di massacri e totalitarismi. Si comincia dall’attualità: Covid-19 e guerra in Ucraina. Quest’ultima, in particolare, un ritorno al Novecento che ha risvegliato fragilità e insicurezze tra gli occidentali. Il diffondersi del coronavirus, d’altra parte, sarebbe una testimonianza della precarietà della costruzione del mondo – su che base, non è dato saperlo. Si è parlato di “secolo breve” (Erich Hobsbawm), di “fine della Storia” (Francis Fukuyama), di “secolo delle guerre”, di “secolo delle ciminiere”. Il Novecento è un secolo che è tornato prepotentemente sulla scena con le sue dimensioni più deteriori, tra barbarie e orrori. Lavoro, politica, Stato, violenza, guerra sono stati i capisaldi concettuali di questo secolo.

Nel Novecento, «la disintegrazione delle strutture dello Stato liberale non coincise con il ripristino delle vecchie forme di potere dell’Ancien Régime e il totalitarismo si affermò», ricorda De Luna. Cambiò il rapporto tra lo Stato e l’economia. Nacque lo Stato sociale, una forma di assistenza pubblica che garantiva ai cittadini strumenti di assicurazione e protezione contro malattia, disoccupazione, invalidità. Michael Löwy ha delineato una nuova configurazione della barbarie: «Industrializzazione dell’assassinio, sterminio di massa grazie a tecnologie scientifiche di punta; impersonalità del massacro», con una violenza igienista, scientifica e biologica. Il Novecento ha dato vita ai più grandi orrori di sempre. I lager nazisti, i gulag sovietici, la bomba atomica. Basti pensare che tra il 1900 e il 1993 sono state censite 54 guerre. Di converso, la più cruenta battaglia dell’Ottocento, Sedan, costò 26mila morti. Quella della Somme fu la più sanguinosa della Grande Guerra.

De Luna espone dati tremendi e definisce il Novecento “patologicamente cruento”. 100 milioni di morti, divisi in sette categorie: campi di concentramento (10 milioni); pulizie etniche (10 milioni); conflitti internazionali (50 milioni); guerre civili (10 milioni); vittime civili della guerra (7-8 milioni); violenze interetniche (1.5 milioni); terrorismo (200mila). Dopo la Seconda Guerra Mondiale (che da sola ha provocato 50 milioni di morti) si è inaugurata la Guerra Fredda. Sulla testa dell’umanità pesò poi la minaccia atomica – dal 1945 al 1996 furono costruite 130mila testate nucleari. De Luna esamina gli orrori uno per uno. Parte dai lager e dalle parole di Hannah Arendt (Le origini del totalitarismo), «gli ebrei erano perseguitati perché erano tali». Il lager fu uno dei massimi esempi di biopolitica. Il corpo, nel Novecento, fu esposto a massacri indicibili. Lo ricorda Primo Levi (Se questo è un uomo) che i prigionieri si erano “musulmani”, uomini in dissolvimento.

Analogo il caso dell’URSS. Dal 1930 al 1931 la collettivizzazione forzata coinvolse 6 milioni di persone. Conclude l’autore: «I regimi totalitari avevano in comune questi elementi: l’uso della violenza per conquistare il potere e realizzare l’azzeramento delle forme statuali e di governo esistenti in precedenza; il controllo totale dell’economia da parte dello Stato; il monopolio di un partito unico, con la soppressione di tutti gli altri; la cancellazione radicale anche delle associazioni, dei circoli e di ogni altra forma di aggregazione spontanea della società civile; il culto di un unico leader carismatico […] l’utilizzazione massiccia e oculata degli strumenti propagandistici offerti dai nuovi mezzi di comunicazione di massa […] un’organizzazione poliziesca sempre più oppressiva e capillarmente diffusa […]. Anche queste caratteristiche contribuiscono a renderli radicalmente diversi da quelli reazionari delle epoche precedenti».

Amedeo Gasparini

www.amedeogasparini.com

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