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Il pantheon bianco nella villa Museo Vincenzo Vela

La grande villa bianca domina la collina di Ligornetto come un tempio laico dell’arte: al Museo Vincenzo Vela il bianco, preminente all’esterno e all’interno, dialoga col candore delle opere in gesso che riempiono le ampie sale, creando un‘atmosfera di solennità e purezza. Siamo a pochi passi dal confine italiano, ai piedi del Monte San Giorgio – patrimonio UNESCO – in una delle più importanti case d’artista dell’Ottocento europeo. Il Museo Vincenzo Vela racconta la storia straordinaria di un artista che volle creare, già in vita, il proprio tempio dell’arte. Vincenzo Vela (1820-1891) – ticinese, ma cittadino dell’Europa artistica del suo tempo – fu tra i massimi scultori del XIX secolo e rappresentante della corrente realista. All’apice della carriera internazionale concepì un progetto ambizioso: costruire una residenza che fosse casa privata, atelier e museo. La villa fu realizzata tra il 1862 e il 1865 su progetto di Cipriano Ajmetti, architetto della corte sabauda.

Il quarantasettenne Vela seguì personalmente ogni fase della costruzione, dedicandosi con particolare attenzione al salone per modelli, uno spazio ottagonale centrale destinato a raggruppare i modelli originali in gesso delle proprie creazioni. Questo ambiente, presto soprannominato pantheon dai visitatori dell’epoca, rappresentava la sacralizzazione dell’arte stessa e dell’artista. Ma anche una galleria monumentale dedicata agli eroi del Risorgimento – da Carlo Alberto di Savoia a Vittorio Emanuele II, da Giuseppe Garibaldi a Camillo Benso, Conte di Cavour – che Vela aveva immortalato nella pietra. Nel 1867, dopo l’abbandono di Torino, Vincenzo si trasferì a Ligornetto insieme alla moglie e al figlio Spartaco Vela (1854-1895), pittore, di cui al museo oggi si possono osservare alcune opere. Da allora la residenza divenne meta di pellegrinaggi artistici e culturali. Dopo la morte di Vincenzo e grazie alla donazione allo Stato elvetico da parte del figlio, la villa si è trasformata in museo pubblico.

Il nucleo principale è costituito dalla monumentale gipsoteca, che raccoglie i modelli in gesso di quasi la totalità delle creazioni scultoree. A differenza di altre collezioni simili che presentano calchi successivi tratti dalle opere finite, qui sono esposti modelli originali antecedenti alla realizzazione finale in pietra o bronzo. Il che permette di comprendere il processo creativo del Vela nella sua forma più autentica. Accanto ai gessi monumentali si ammirano bozzetti in terracotta e un migliaio di disegni autografi. Il Museo Vincenzo Vela custodisce anche un migliaio di fotografie d’epoca. E conserva anche i lasciti di altri due membri della famiglia di Lorenzo Vela (1812-1897), fratello maggiore di Vincenzo, decoratore, di cui sono esposti gessi e terrecotte, tra cui le sei lunette allegoriche concepite per la “Cà de’ Sass” di Milano. Quanto a Spartaco, egli è rappresentato da numerosi dipinti a olio, schizzi preparatori e lavori di Accademia.

I Vela furono anche collezionisti attenti della pittura coeva. Raccolsero opere che oggi costituiscono la più ampia collezione di pittura dell’Ottocento lombardo e piemontese di proprietà della Confederazione. La biblioteca di famiglia, con oltre millecinquecento volumi, costituisce un punto di partenza per lo studio del processo creativo di molti monumenti di Vincenzo. Dopo una completa ristrutturazione affidata a Mario Botta, l’allestimento riprende alcuni aspetti della sistemazione originale ideata dallo stesso Vincenzo. Nelle sale disposte attorno allo spazio centrale, le principali creazioni sono ordinate per temi, mentre alle pareti trovano posto disegni, schizzi preparatori, stampe e fotografie d’epoca. Il parco panoramico circonda la villa. Al primo piano vengono regolarmente organizzate mostre temporanee. Fino all’11 gennaio 2026 è aperta “swissceramics. Uno sguardo sulla ceramica svizzera contemporanea”, che presenta opere selezionate nell’ambito di un concorso nazionale. Il mercoledì l’entrata al Museo Vicenzo Vela è gratuita.

Amedeo Gasparini

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