Storie di Musetta e altri gatti

Kiki

Kiki

Kiki

Niente più gatti. È possibile vivere senza per chi in modo del tutto naturale ne aveva avuti da tempo immemorabile, dai tempi della casetta, almeno? La signora guardava dal balcone. C’era una gatta che si aggirava randagia, una tricolore, Calico, tartaruga, chiamatela come volete. Non è una razza, ma una caratteristica genetica che appartiene di solito alle femmine. Stranamente con tutti i felini frequentati nel giardino, non se n’era mai presentato uno così, con quella peculiare livrea, arancio e nera, bianca nella pancia e in parte del musetto. Era minuta e sempre affamata. I vicini dissero che cercava una casa e loro non potevano (o non volevano) occuparsene. Mai più animali, “dopo” si soffre troppo. Lo dicono tutti, che si tratti di gatti, di cani o di altro. Ma poi… Lei piangeva e osservava dalla finestra…

Fu così che arrivò Kiki… beh, non si sa come venisse scritto, certo era pronunciato così, come venne deciso. Non era né selvatica, né troppo domestica, non si lasciava prendere in braccio, era lei che decideva il quando e il come ma sapeva farsi amare in fretta, aveva le sue caratteristiche ed era anche molto sveglia e intelligente. Era abituata a vagabondare e anche se l’appartamento si trovava al primo piano, quando voleva andarsene si piazzava davanti alla porta e veniva accompagnata all’uscita, in fondo alle scale. La finestra del bagno dava sul cortile e ogni tanto la signora l’apriva, per vedere. Se la gatta voleva rientrare si fermava lì sotto a guardare in su. E lei scendeva per aprirle la porta. Era un rito. La pazienza è felina, fa parte del loro istinto, da quando imparano ad aspettare la preda e a calcolare il momento di assalirla. In questo caso stava ad attendere che la finestra si aprisse.

Kiki

Kiki

Un giorno la signora partì per una vacanza, affidando la cura di Kiki ai vicini, ma la gatta non voleva proprio cambiare casa, neanche provvisoriamente. Che ne sapeva lei di vacanze e di ritorni? Mangiava sì, ma poi per ore stava sotto quella finestra ad aspettare che si aprisse. Giorno dopo giorno. Per questo la figlia decise che se avesse avuto un gatto tutto suo, non lo avrebbe mai lasciato, ma questa è un’altra storia.

Quando la signora tornò, Kiki si precipitò in casa come un fulmine e per molti giorni non ne volle più sapere di uscire per fare le sue abituali scorribande nei dintorni, aveva paura che sarebbe stata ancora abbandonata… Fu struggente questa preoccupazione, evidentemente il sentimento dell’abbandono accomuna gli esseri viventi.

Anche a lei fu data la pillola per il calore, nonostante vivesse anche all’aperto. Non si sa perché, ma il vicinato non voleva essere disturbato da quei versi incredibili, decibel all’altezza di un jet! E anche a lei venne un tumore alla mammella (quale altra dimostrazione sarebbe stata necessaria? Per donne e per animali!).

Manuela Camponovo

(16. Continua)

In cima