I viaggi di Manuela

La crociera di Gianluca Niero, da Genova a Durban

Da oggi, per cinque martedì, in questo mio spazio, ospito il diario di un viaggiatore (l’accompagnatore turistico che intervistai qualche settimana fa), e che nell’autunno dell’anno scorso ha compiuto un itinerario in nave dall’Italia al Sudafrica, durato un mese.

 

18 ottobre 2019

Portofino, borgo di pescatori vicino a Genova. 

Breve colazione e partenza da Noale (in provincia di Venezia, ndr). Tutti i treni più o meno in orario. Pioviggina al passaggio degli Appennini. Dalla stazione Genova Porta Principe andiamo a piedi fino alla Marittima. Consegniamo i bagagli e passiamo lentamente tutte le operazioni d’imbarco. Non pensavo di vedere così tanta gente. Nel 2005 c’erano molte meno persone disposte a stare diciassette giorni in nave. Oggi tantissimi prenotano crociere da trenta giorni o più. Molti sono tedeschi e olandesi. Nove su dieci sono pensionati. Si vedono poche persone al di sotto dei sessant’anni. Rari i bambini. In sala d’attesa scorgo libri in almeno cinque lingue diverse, verso le 17 siamo a bordo. Poco dopo si parte. Con cielo nuvoloso, che si sta aprendo. Ci aspetta il bello, mentre in Liguria arriveranno nubifragi. Si naviga verso Portofino. Gabbiani, nuvole, mare calmo. Alla sera luci sulla Corsica. I ladroni degli operatori telefonici cominciano le razzie, depredando gli ignari possessori di telefoni intelligenti con connessioni internet di somme per servizi non richiesti ma costosissimi in acque internazionali. Si può avere internet in nave, a pagamento; caro. È uno dei tanti servizi offerti a bordo che fanno lievitare il conto finale, assieme ad escursioni, bibite, foto con capitano, mercanzie varie. Spesso il prezzo base per la crociera è allettante, perché le compagnie puntano sui successivi extra. Per me va benissimo, perché la crociera mi costa un prezzo ragionevole e io pratico, al pari dello yoga, la “riduzione dei consumi”. Quello che includono (mangiare, dormire, giocare, assistere a spettacoli) mi è più che sufficiente.

 

19 ottobre

Civitavecchia, la statua dedicata ad Hasekura Tsunenaga.

M. (Marharyta Kurbanova, ndr) esce presto. M. fa autostop per vedere muri crollati, in un sito archeologico… Bel lungomare a Civitavecchia, qualcuno fa il bagno. Il monumento più bello è il forte rinascimentale (iniziato nel 1508 da Bramante, continuato da Antonio da San Gallo il Giovane e ultimato da Michelangelo nel 1558. Ndr). In piazza si sta svolgendo il Festival di cultura giapponese. Conosco Marco Fulgione e i suoi tatuaggi. È un “giapponesista” e guida turistica a Roma per Giapponesi e amante dei tatuaggi. Sta presentando il suo libro sul legame fra il tatuaggio del Giappone e quello sacro di Loreto. È lui che mi fa notare la statua di un inviato della corte giapponese approdato a Civitavecchia per promuovere contatti con il Vaticano, il samurai e ambasciatore Hasekura Rokuemon Tsunenaga (1571-1622. Partito da Ishinomaki, attraversò due oceani, il Pacifico e l’Atlantico, per approdare dopo due anni di navigazione, il 18 ottobre del 1615, a quello che al tempo era Porto dello Stato Pontificio. Qui, con la sua delegazione, composta dal padre spagnolo Soleto e da altri quindici accompagnatori, rimase due settimane, accolto calorosamente dalla popolazione. Ricevuto in seguito dal Papa, Paolo V, ottenne l’invio di missionari cristiani in terra giapponese. Ripartì nel gennaio 1616. In ricordo, a Civitavecchia, oltre alla statua, resta il gemellaggio con Ishinomaki, concordato nel 1971. Ndr).

Tramonto. © Kurbanova.

Mi hanno colpito singolari coincidenze, a proposito di questa storia: l’essere arrivato qui nello stesso mese e quasi nello stesso giorno e l’averla sentita raccontare da poco in un documentario televisivo. Inoltre, per chiudere l’esperienza giapponese, vedo delle ceramiche RAKU.

Incontro M. Passeggiamo, meditiamo sul lungomare assolato. M. chiede in prestito una bici a Moktar per andare in un negozio di macchine fotografiche perché pensava di aver rotto la sua. Il negozio, trovato da M. su internet, è troppo lontano per andarci a piedi. Bussiamo a caso ad una porta che si rivela il laboratorio di un panificio. Qui lavora Moktar, al quale chiediamo se ha una bici da imprestarci. Mi offro di restare come “ostaggio” ma non sarebbe stato necessario, lui è generoso comunque. La spedizione di M. si rivela inutile (la macchina che le era stata offerta risultava cara e non di buona qualità, meglio così, avendo lei poi scoperto che la sua funzionava di nuovo). Torniamo a bordo ma non si parte. Primo partitone di ping-pong. Vinto. Due donne arrivano con trenta minuti di ritardo e fanno aspettare così 3000 persone. La nave non sembra piena. Tramonto sul Tirreno. Alla partenza, in lontananza, l’arcipelago toscano.

 

20 ottobre

Stromboli, il vulcano più attivo delle isole Eolie.

Alba su Stromboli fumante. Sveglio M. Fuoco su Stromboli. M. è in estasi. È il suo primo vulcano, ed è attivo. Passaggio sullo Stretto di Messina. Reggio Calabria in penombra. Etna coperto. No, si vede! Tramonto sul mare. Torneo di ping-pong. M. perde in finale con una vecchia inglese. Io eliminato nei quarti. Ma ho battuto un cinese. Cena di gala, è previsto un codice di abbigliamento elegante. Io, pensando di fare il viaggio da solo, avevo deciso di lasciar perdere; pur di non portare giacche, vestiti o scarpe ingombranti nel bagaglio, avrei saltato le serate di gala ( si può comunque andare a mangiare al buffet, non si resta puniti senza cena). Ma M. mi aveva convinto a portare almeno una giacca perché lei voleva vedere cosa succede in una cena di gala in crociera. Ora ha capito che non succede niente di particolare tranne l’esibizione di vestiti e acconciature. A onor del vero bisogna dire che la tradizione vorrebbe che il capitano o altri ufficiali cenassero a tavola con i clienti  (naturalmente selezionati, non la plebaglia qualunque di cui io faccio parte) questo forse aveva senso in passato o su imbarcazioni più piccole e nei film. Ma con navi che ospitano migliaia di passeggeri anche se ci fosse il capitano in giro, chi lo noterebbe più? Il commento di M., alla sua prima esperienza: “tutto qua?”.

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