Letteratura

La lezione di Balzac: se la Scienza vince sull’Amore

di Gilberto Isella • L’Osservatore Magazine n.17/2020

Rileggere Balzac ci consente di riscoprire alcune utopie filosofiche e sociali in voga nel primo Ottocento europeo. In particolare quelle che lasciano trapelare il desiderio sconfinato dell’individuo di affermare se stesso sfidando norme e tradizioni. Nietzsche chiamerà “volontà di potenza” il motore universale alla base di tali utopie, precorritrici dell’età della tecnica compiuta. Ne cogliamo già i prodromi durante la Restaurazione, periodo in cui Balzac scrisse diversi romanzi rivelatori al riguardo, tra cui La Ricerca dell’Assoluto (1834), inserendoli nella serie Romanzi filosofici della Commedia umana.

Il romanziere francese Honoré de Balzac.

La trama di La Ricerca, trattandosi di un romanzo di riflessione, è lineare. Il protagonista, Balthazar Claës, è il discendente di un’antica e ricca famiglia di Douai, nelle Fiandre francesi, dove la vicenda si ambienta. È sposato con Joséphine, nobile spagnola, da cui avrà quattro figli. La coppia vive in perfetta armonia, fino a quando il marito non scoprirà un’irrefrenabile passione per la chimica. Coniugando i concetti-chiave dell’alchimia medievale con le acquisizioni scientifiche più aggiornate, Balthazar spera di trovare l’Assoluto, ossia la «sostanza unica comune a tutte le creazioni». Assorbito dai suoi esperimenti, emargina moglie e figli dalla sfera degli affetti. Joséphine cadrà in una profonda depressione tanto da morirne, senza tuttavia smettere di amare incondizionatamente il coniuge: «Vivevo solo per il tuo amore, e tu a tua insaputa mi hai tolto la vita». Sarà la figlia Marguerite, una sorta di angelicata eroina, a prendere in mano le sorti della famiglia, ripristinandone lo splendore dopo aver ricostituito il patrimonio dilapidato da Balthazar. Il romanzo si conclude con la morte del personaggio, che non dichiara apertamente di aver fallito. Accenna anzi a una rivelazione in extremis, ma gli mancano le parole per esprimerla.

Malgrado la sotterranea  simpatia dell’autore per Balthazar, La Ricerca si presta a molteplici interpretazioni. «Grandiosa e miserabile» è stata la vita di Balthazar, afferma Balzac, geniale e problematico osservatore dei costumi, per sottolinearne le contraddizioni irresolubili. Una vita grandiosa in quanto tenacemente faustiana (Goethe è dietro le quinte) ma miserabile, dal momento che in essa l’amore è subordinato alla bramosia di conoscenza. «L’idea dell’Assoluto era passato ovunque come un incendio». L’autore chiama in causa Prometeo, la figura mitica responsabile della fiamma che “divorava” l’anima del suo moderno discepolo. Ma il fuoco devastante è anche metafora dello sperpero dei beni, che Balthazar è costretto ad attuare  per raggiungere i suoi obiettivi. Il denaro, elemento cardine dell’universo balzachiano, non lascia tregua nel romanzo. Nemmeno il nostro “puro folle”, quando promette di arricchire i famigliari grazie alla conquista dell’Assoluto, è insensibile al suo potere. Tanto meno Marguerite, restauratrice dei fasti della casata, costantemente alle prese con banchieri, notai e atti di compra-vendita. Sennonché la giovane realizzerà, a differenza dell’amato padre, l’armonia tra istanze che sembravano inconciliabili: l’amore e il denaro. E così il principio di conservazione sociale, l’equibrio tanto caro a Balzac, viene confermato.

Da buona spagnola, sentì in sé la passione mediterranea quando scoprì una rivale nella Scienza che le portava via il marito. Ma che fare contro la Scienza? Come combattere il suo potere continuo, tirannico e crescente?  […] Che cosa tentare contro il fascino delle idee che si rinnovano, rinascono più belle nelle difficoltà, e trascinano un uomo così lontano dal mondo da fargli dimenticare anche gli affetti più cari?

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