Teatro

La lucida follia di Nijinsky

Uno spettacolo forte, delicato e struggente, l’ultimo lavoro di Daniele Bernardi sui percorsi della follia. Io sono Nijinsky, che dopo il debutto bellinzonese è da ieri in scena a Lugano, s’ispira ai diari del divino danzatore e al periodo svizzero, dal 1917 a Saint-Moritz, dove manifestò i segni di uno squilibrio mentale. Biancore abbagliante, astratto e manicomiale; oggetti-simbolo (a cura, come la scenografia, di Ledwina Costantini), la casetta, di lato e a spiccare su una pedana bianca, una croce e un alberello natalizio. Miniature di un mondo, di un’atmosfera. Il tema religioso è dominante dal momento che d’ora in poi tutto quello che egli farà e dirà per lui dipenderà da Dio, Dio che lo vuole, che lo suggerisce, in una relazione estrema, nell’inverno 18-19, sepolto dalla neve e dal gelo della solitudine; scatole-regalo da cui estrarre altri elementi, motivi, del ricordo. E le marionette, l’alter ego disteso su una slitta che diventa proiezione, anima di se stesso; o Djagilev con il quale ebbe un tormentato rapporto, prima di sposarsi. Della moglie, fuori campo (voce di Raissa Avilés) interviene una partecipazione descrittiva, commentata.

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