Storia

La minaccia intollerabile di un nuovo antisemitismo

In una lettera del 2001, dopo l’attentato alle torri gemelle e dopo aver ricevuto odiose minacce di morte a seguito della pubblicazione del suo librotestimonianza sulla deportazione nel Lager, Federica Spitzer scriveva: «Quello che vedo in Europa mi fa pensare alla Vienna prima dell’Anschluss. I segni di una nuova barbarie sono sotto i nostri occhi. Ma soprattutto vedo quell’atteggiamento di timore e di assuefazione di fronte al male e alla minaccia incombente, un’incapacità e una mancanza di impegno affinché non accada il peggio». Sono parole che rilette alla luce di ciò che sta accadendo nel mondo dopo il 7 ottobre scorso, appaiono tragicamente lungimiranti. La testimonianza di Federica Spitzer ‒ che a Vienna sperimentò sulla propria pelle come dall’antisemitismo crescente e diffuso si giunse all’ostracismo degli ebrei e poi alla barbarie immane che conosciamo ‒ è un vibrante appello contro il pericolo dell’assuefazione al male e contro l’odierna grave vacuità (politica, ma purtroppo anche intellettuale e
culturale) dell’Europa di fronte alla barbarie che nuovamente la minaccia. Essa ci richiama urgentemente alla nostra responsabilità.

Memore della “voce giusta” di Federica Spitzer, che testimonia una forza morale degli esseri umani più forte di ogni atrocità, la Fondazione che alla sua figura si ispira lancia un appello rivolto a tutte le donne e a tutti gli uomini di  buona volontà a mobilitarsi contro la spirale di antisemitismo che sta offuscando non solo il mondo arabo ma anche l’Occidente, crescendo dentro il tessuto sociale stesso dell’Europa. L’Occidente e in particolar modo l’Europa non possono accettare che al proprio interno si moltiplichino violenze contro gli ebrei per il solo fatto che sono ebrei. Dopo ciò che è accaduto nella prima metà del secolo scorso, l’Europa deve interrogarsi su come sia stato possibile che durante gli ultimi decenni, in seno a una società fondata sui valori dei diritti dell’uomo e della lotta al  razzismo, abbiano potuto svilupparsi non solo frange antisemite neonaziste, ma sacche sociali che favoriscono la radicalizzazione islamista e propagano l’odio verso gli ebrei compiendo atti di inaudita e ripetuta violenza. È intollerabile e autodistruttivo per gli stessi valori su cui poggia questo continente, che tali sacche sociali possano crescere ed espandersi acutizzando un antisemitismo diffuso (che, gravissimamente, anche parte delle élites intellettuali e accademiche non condannano e talvolta guardano addirittura con compiacenza). Non è ammissibile, dopo la tragedia del XX secolo, che si inveisca, si insulti e si faccia violenza a donne, bambini e uomini innocenti, per il semplice fatto di essere ebrei. Ciò non può essere giustificato da nessuna guerra israelo-palestinese in corso.

Nella storia, gli ebrei sono spesso i primi a subire soprusi che poi hanno travolto l’intera società. La spirale impressionante di casi di antisemitismo che si registrano in Europa nelle ultime settimane ci chiede di aprire gli occhi e di reagire se vogliamo impedire il peggio per tutti. Dalla sua creazione nel 2015 ad oggi, la è impegnata nel tessuto sociale e culturale di questo Cantone per contribuire a prevenire l’insorgere di conflitti fra etnie, religioni e culture diverse. In realtà, i giovani nati nel primo quarto di questo secolo hanno visto l’insorgere e il perdurare di un conflitto dopo l’altro, sfociati in vere e proprie guerre alle frontiere stesse dell’Europa e del Mediterraneo, conflitti che chi ha vissuto il processo di rappacificazione del secondo dopoguerra mai si sarebbe
immaginato potessero nuovamente esplodere.
L’Europa non può stare a guardare impotente ‒ o addirittura con ignavia ‒ mentre giovani europei che fino a ieri scendevano in piazza per un mondo migliore, oggi lanciano messaggi di odio nei confronti degli ebrei. L’amnesia storica dell’orrore del Novecento di cui sono manifestamente vittime (ma purtroppo anche partecipi, loro malgrado) chiede urgentemente un impegno per individuare le cause di tanta miopia, ma anche l’affermazione risoluta che l’odio razziale è incompatibile con la nozione di cittadinanza: nel mondo, in Europa e in Svizzera. Non possiamo accettare che la storia dell’Europa venga brutalmente spinta indietro di ottant’anni.

In queste settimane in cui sembra impossibile evitare che la logica del conflitto prenda il sopravvento anche nelle nostre società occidentali e europee, compresa quella Svizzera, la Fondazione Federica Spitzer condivide e trasmette l’appello che viene da Neve Shalom, il villaggio israeliano dove ebrei, musulmani, cristiani e i loro figli condividono da decenni vita comunitaria e scolastica (ognuno nella propria lingua) e praticano la propria fede religiosa animati dall’impegno di costruire insieme la pace. «Mentre stiamo vivendo le ripercussioni dell’odioso massacro del 7 ottobre nel Sud del Paese e la crisi umanitaria e le vittime civili a Gaza ‒ ha affermato alcuni giorni fa il sindaco di Neve Shalom ‒ riaffermiamo la nostra convinzione che solo una vera pace e diritti umani per tutti possono garantire che la nostra esperienza in questa regione continui (…). È nostro dovere in questi tempi tragici ribadire che malgrado il conflitto brutale in corso noi siamo e restiamo impegnati ‒ di comune intesa ‒ nella condivisione del nostro cammino». Nel 2020, il Premio Spitzer è stato assegnato ad un progetto educativo condiviso fra una scuola bellinzonese e una scuola di Neve Shalom. Non possiamo non manifestare oggi la nostra solidarietà con Neve Shalom che sotto le bombe
continua a dimostrare che l’odio razziale può essere vinto. Raccogliere il loro appello implica la nostra responsabilità affinché esso non prevalga anche in Europa. La Fondazione Federica Spitzer condanna ogni forma di razzismo e discriminazione basata su etnia o religione. Condanniamo quindi fermamente ogni forma di antisemitismo.

Moreno Bernasconi,
Presidente del Consiglio della Fondazione Federica Spitzer

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