Letteratura

La Russia portatile di Paolo Nori

Negli ambienti intimi e “vintage” dell’Associazione Turba, a Lugano, ieri è stato ospite Paolo Nori che ha tenuto una lettura di brani (lui abituato a reading e performance) dalla sua ultima pubblicazione La grande Russia portatile (rifacendo il verso, nel titolo, ad un precedente libro, dedicato a sua figlia: La piccola Battaglia portatile). Sul filo dell’ironia, della semplicità colloquiale, del diario rapsodico, costruito attraverso capitoli più o meno lunghi e citazioni anche altrui. L’incipit del capitolo 70, intitolato Rispetto: Questo libro viene un po’ fuori dall’idea che sarebbe forse sensato fare un libro composto da racconti semplicissimi che raccontano le cose che sono successe a uno straniero posseduto dalla letteratura e dalla cultura russa, e i giri, e le avventure, e le guerre che ha visto, e vissuto, in virtù di questa possessione….

Innamorato della Russia, ma prima di tutto della sua letteratura e delle prime letture che si ricordano molto meglio di altri eventi, apparentemente fondamentali, della vita. Poi è arrivata la lingua, che all’Università, non ha incontrato prestissimo, perché ha lavorato negli uffici del dogane, è stato in Algeria, sulle montagne del Piccolo Atlante e poi in Iraq, durante la guerra con l’Iran, eppure lo studio del russo per lui è stata un’avventura più grande di queste, una cosa che avrebbe cambiato il mio modo di camminare, di pensare, di muovermi, di dormire, di leggere, di parlare, di mangiare, di immaginare, di stare fermo, di ridere, di piangere, di sospirare, di disperarmi, di chiedere scusa, di arrabbiarmi, di concentrarmi e di portare pazienza … E naturalmente i soggiorni in quel paese di cui dire che “è grande” è dire una verità. Lì, su un pianerottolo, sentendo un bambino che esclamava “Pàpa” all’entrare di un inquilino dalla porta, gli è nato un desiderio di paternità. Ricorda il tipico umorismo russo straniante e le code e le cose che, agli inizi degli anni ’90, mancavano, eppure amando anche questi difetti… E poi il progresso, la modernità, le trasformazioni che hanno cambiato anche la fisionomia di luoghi ai quali si era affezionato proprio attraverso la letteratura, in un’aporia senza soluzione, come nel caso della piazza del Fieno, ora ripulita, privata di quello spirito equivoco, squallido e popolare di un tempo: … quando l’ho vista io, nel 1991, il centro della piazza era occupato da un cantiere che sembrava fermo da anni, coi materiali di risulta dei lavori per l’ampiamento della stazione della metropolitana, e intorno a questo centro disordinato e confuso fioriva per tutta la piazza, il più grande mercato sottobanco di San Pietroburgo (dove si sarebbe potuto comprare anche un carrarmato ). Ma nel 2002 la piazza è stata sgombrata (per le celebrazioni dei trecento anni di fondazione della città), il cantiere scomparso, il traffico automobilistico ripristinato, al centro una rotonda e un monumento di cristallo, sui marciapiedi panchine con le ruote dei carri di fieno: e mi ricordo di aver pensato che quella piazza non sembrava più la piazza di Dostoevskij, sembrava una pizzeria. Ma quando aveva raccontato il suo dispiacere ad un amico russo, questo gli ha risposto: «Lo volete solo voi, il progresso?»

E tornando al ’91: era un posto bellissimo, che era così grigio, così povero, così misero, così fatto a mano, così diverso dai nostri posti, che scintillava di bellezza, di dolore, di amore, di solidarietà, mi dispiace ma a me era sembrato così.  E la Russia della burocrazia, dell’arrangiarsi, del trovare una soluzione a tutto, improvvisando, come, leggo un passaggio dal libro, su un filobus con un buco nel tetto e allora hanno fatto anche un buco sul pavimento e l’acqua scorreva, e il filobus andava, e io, mi ricordo, avevo «Ecco questa è la Russia.» I russi gran lettori di libri, non di giornali dei quali non si fidavano. E poi la storia divertentissima di quell’architetto moscovita, Cereteli,  che aveva realizzato una statua altissima (forse più di cento metri) di Cristoforo Colombo e nessuno la voleva, aveva cercato di venderla a diverse nazioni, dagli Stati Uniti al Sudamerica, persino a Cuba e alla Guinea Bissau e in Africa … Alla fine si è rivolto al sindaco di Mosca che l’ha vista e gli ha detto che l’avrebbe presa ma con una piccola modifica: Tagli la testa, ci metti la testa di Pietro il Grande, Così adesso a Mosca – racconta a Nori un amico – in centro, su un isolotto artificiale della Moscova c’è un Pietro il Grande al timone di una caravella che domina tutta la città tutto illuminato di notte, ma ai moscoviti non piace tanto… L’hanno offerta a San Pietroburgo, che l’ha rifiutata, e l’hanno poi offerta ad Archangel’sk che hanno detto che adesso ci pensano gli fanno sapere.

E anche l’aneddoto della visita con sua moglie e un amico ad un festival di performances che duravano moltissimo e se uscivano non avrebbero più potuto rientrare e loro volevano fumare e allora si sono seduti sulle sedie, hanno scritto su un foglio di carta: «Oni Kurjat, Ils fumes, They smoke» e si sono messi a fumare, inventandosi una performance e nessuno li ha scacciati.

E poi la musica, i cantanti italiani che per i russi sono una vera passione, come Toto Cutugno che solo in Russia Nori si azzarderebbe a cantare… E le biblioteche che per Nori sono più biblioteche di quelle italiane, e i viaggi, tra cui uno in solitaria, in auto nel 1995 (da Parma, e arrivato a Mantova si era già smarrito)… L’incontro con la scrittura… Insomma, sembra che lo straniamento surreale dell’emiliano si sia incontrato con quello russo.

Tanto altro ancora si può leggere… Dagli scrittori, quanta memoria di poesia e narrativa c’è in questo libro…  alle commesse dei negozi, ai paragoni con la sua Emilia e l’Italia in generale.

Ci sono ancora gli scarafaggi? Qualcuno domanda dal pubblico, forse sì, forse no, ma è certo che in giro sono scomparsi gli ubriachi per una legge severa che proibisce di bere in pubblico.

La grande Russia portatile – Viaggio sentimentale nel paese degli zar, dei soviet, dei nuovi ricchi e della più bella letteratura del mondo di Paolo Nori, Salani Editore.

Manuela Camponovo

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