Economia

La torre d’avorio del WEF

La presidente della BCE, Christine Lagarde, con il vicepremier cinese Liu He durante il WEF a Davos

La presidente della BCE, Christine Lagarde, con il vicepremier cinese Liu He durante il WEF a Davos (Foto: WEF / Boris Baldinger).

Molti leader si sono dati appuntamento a Davos per discutere di collaborazione in un mondo frammentato, il tema scelto quest’anno per il World Economic Forum. Hanno partecipato oltre 2’700 persone, provenienti da 130 Paesi, con molte presenze e varie assenze, mentre si è rivista dopo tre anni di isolamento per pandemia una delegazione cinese capitanata dal vicepremier Liu He, che ha espresso fiducia nella ripresa dell’economia di Pechino. Tra le presenze a Davos, il cancelliere tedesco Olaf Scholz, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen e la numero uno della BCE, Christine Lagarde. Sono parecchi i Paesi che hanno rinunciato a inviare i loro rappresentanti di più alto spicco. È il caso di USA, Regno Unito, Francia e Russia, ma criticata è stata pure la premier Meloni, che ha inviato una sparuta delegazione col ministro dell’istruzione. In apertura è stato pubblicato il rapporto Oxfam La disuguaglianza non conosce crisi, da cui emerge che, nel biennio pandemico 2020-2022, l’1% più ricco della popolazione mondiale ha visto il proprio patrimonio crescere di 26’000 miliardi di dollari, il doppio della quota (37%) andata al 99% più povero. «Per la prima volta in 25 anni», si legge, «aumentano simultaneamente estrema ricchezza ed estrema povertà». Si è dibattuto del rischio recessione, del conflitto russo-ucraino e di cambiamento climatico, come pure di neutralità elvetica. Ursula von der Leyen ha espresso velate critiche all’atteggiamento elvetico, sottolineando che «in modo generale, l’astensione non è un’opzione. Ognuno deve essere chiaro sulle proprie posizioni: la legge o la legge della forza, la democrazia e i diritti fondamentali o l’autocrazia». ll presidente della Confederazione Alain Berset e il ministro degli esteri Ignazio Cassis hanno dal canto loro ripetuto che il diritto alla neutralità impedisce ogni tipo di esportazione di armi, ne va della credibilità del Paese. Le prospettive economiche globali per il 2023 hanno lasciato spazio a un cauto ottimismo e sembrano migliori di quanto si pensasse inizialmente. Certo è che Davos non riflette in maniera esaustiva tutte le sfaccettature dell’economia. La maggior parte dei capi d’azienda presenti a Davos è costituita da esponenti di grandi imprese, la cui diffusione geografica, accesso ai mercati e potere economico consentono di resistere meglio agli shock. PMI e start up sono sottorappresentate o escluse dai lavori. Il WEF resta un’istituzione di ricchi, fatta per i ricchi, mentre molti politici pensano solo a breve termine. Rimembrano forse il pensiero di Gabriele D’Annunzio: «Se il destino è contro di noi, peggio per lui». Se ciò accadesse, sarebbe peggio per tutti e l’unica azione adeguata resta quella del dialogo, confidando nella ragione più che nella forza.

Corrado Bianchi Porro

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