Filosofia

L’arte del fallimento in Emil Cioran

Il filosofo Emil Cioran in Romania negli anni Quaranta

Il filosofo Emil Cioran in Romania negli anni Quaranta

Il 20 giugno 1995 moriva Emil Cioran, il filosofo rumeno che aveva fatto del fallimento la sua musa più fedele. Trent’anni dopo, la sua figura continua a interrogarci con una forza che il tempo non ha attenuato. Anzi, ha reso più penetrante. Cioran è un antidoto radicale alla nostra epoca ossessionata dal successo e dall’ottimizzazione di sé. Il pensatore ha trasformato infatti la sconfitta in una forma d’arte sublime. «Un libro è un suicidio rimandato», diceva. Per lui la scrittura (necessariamente compulsiva) non era letteratura, ma una questione di vita o di morte. Nato in Transilvania l’8 aprile 1911, argomentava che esistere è una forma di fallimento cosmico. La sua prima opera filosofica, Al culmine della disperazione, scritta a ventitré anni durante le notti di insonnia – che lo perseguitò tutta la vita – segnò l’inizio di un sodalizio perverso tra scrittura e veglia, creazione mistica e sofferenza intellettuale.

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