Commento

Le “nonne per il clima” sfondano le porte di Strasburgo

9 aprile 2024: attiviste dell’associazione KlimaSeniorinnen Schweiz esultano dopo l’annuncio della sentenza della Corte europea per i diritti umani.

9 aprile 2024: attiviste dell’associazione KlimaSeniorinnen Schweiz esultano dopo l’annuncio della sentenza della Corte europea per i diritti umani. (Foto: Miriam Künzli / Greenpeace)

La recente sentenza con la quale la Corte europea dei diritti dell’uomo ha accolto il ricorso presentato dall’associazione KlimaSeniorinnen Schweiz (“Anziane per il clima”) condannando la Svizzera per non aver attuato efficaci misure di contrasto contro il riscaldamento globale, è destinata a fare storia.

La sentenza infatti fa giurisprudenza, diventando una sorta di cavallo di Troia in vista di ulteriori futuri ricorsi di gruppi di cittadine e cittadini degli altri 45 Paesi che, con la Svizzera, compongono il Consiglio d’Europa (del quale la Corte dei diritti dell’uomo è espressione) e che in tema di emissioni di gas serra, alla base del riscaldamento globale, hanno fatto pochissimo o neppure si sono mossi. La sentenza è vincolante e non appellabile. Le legislazioni dei singoli Stati membri dovranno tenerne conto. La Corte scrive che le autorità nazionali devono darsi obiettivi misurabili in termini di riduzione dei gas serra: un bilancio del CO2 per quantificare le emissioni, nonché un meccanismo di monitoraggio per verificare che tali obiettivi siano raggiunti.

La porta che hanno sfondato queste donne, ora non potrà più essere richiusa. Il pronunciamento di Strasburgo segna un precedente anche per le altre corti internazionali, dal momento che ci sono cause in corso alla Corte internazionale di giustizia e alla Corte interamericana dei diritti dell’uomo.

Da noi, solo una visione miope e provinciale può interpretare questa decisione semplicemente come un atto d’accusa contro Berna – che per certi versi ha dimostrato da anni di seguire una politica esemplare in tema di inquinamento. Ci si scandalizza per aver preso di mira la piccola Svizzera quando andrebbe puntato il dito contro le deforestazioni in Amazzonia, gli incendi in Siberia e in Australia, o contro l’India e la Cina che da sole stanno avvelenando il pianeta.

Allo stesso modo, paventando inesistenti rischi per l’economia di casa nostra, non si vuol comprendere che lo sviluppo sostenibile è l’unica strada percorribile per aumentare ricchezza e progresso futuri. Cosa che invece ha capito benissimo BlackRock, la più grande società di investimento capitalista al mondo, che ha deciso di non finanziare più progetti che non rispondano a criteri di transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio. E questo non per convinzione ideologica, ma esclusivamente per calcolo e interesse economico.

Il ricorso presentato da “Anziane per il clima” (di cui fanno parte 2.500 donne di diversi Cantoni, di età superiore ai 65 anni) ha anche un valore simbolico, mostrando che il problema del clima non è una preoccupazione di incoscienti ragazzini. Quello messo in atto è una sorta di patto intergenerazionale, dove le nonne si alleano con i nipoti (i primi a scendere in piazza con i loro “scioperi per il clima”) e lo fanno non per egoismo, coscienti di non avere davanti a sé decenni di vita, ma proprio in favore delle generazioni future.

Ancora una volta, poi, le donne sembrano essere più lungimiranti di quegli uomini che considerando importante solo il presente, confermano la saggezza contenuta nella favola di Esopo sulla cicala e la formica. E dimostrano di essere anche spiritose quando si definiscono “esperte in vampate di calore”.

Luigi Maffezzoli

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