Commento

Leggere i classici della letteratura con Guendalina Middei

Originale come il titolo, Innamorarsi di Anna Karenina il sabato sera (Feltrinelli 2024) di Guendalina Middei ripercorre l’arte di leggere i classici, passando in rassegna alcuni capolavori della letteratura occidentale. In modo approfondito e con un tono quasi diaristico, l’autrice esplora il piacere di leggere i classici in un percorso di riflessione con considerazioni sulla lettura. Amare la letteratura, precisa l’autrice, non è una passione riservata a persone “strane”. Un libro diventa un classico quando, superando la sua epoca di pubblicazione, rimane rilevante e continua a dialogare con noi. L’autrice instaura un legame personale con personaggi come Rodion Raskol’nikov, Anna Karenina, Thomas Buddenbrook, Elizabeth Bennet e Gregor Samsa. Li considera amici. Per Middei, i classici meritano tale definizione perché regalano emozioni autentiche. Lungo il volume, non mancano i consigli di lettura da parte dell’autrice.

«Provate a rallentare la velocità di lettura, a leggere senza fretta. Concedetevi il tempo per assaporare la musicalità di una frase, la bellezza di un aggettivo, il fascino di un sostantivo, centellinate le parole come fareste con un vino pregiato». Leggere i classici «affina la tua capacità di osservare. Ti insegna a capire e a porti domande. La letteratura fa ciò che la vita non può fare: ti dà la possibilità di alzare lo sguardo oltre la superficie». E poi, «se al termine della lettura non avete provato alcun turbamento, alcun fremito di sorprese […] il romanzo […] probabilmente non aveva nulla da dire». Si inizia da Guerra e pace di Lev Tolstoj. «L’arte di meravigliarsi»: «Certe idee ti entrano dentro e non ti lasciano più in pace». Vi sono esperienze nella vita, che non si possono raccontare, né riassumere, spiega l’autrice. Le si deve vivere.

Leggere Guerra e pace «è una di queste, perché la forza di questo romanzo non ha molto a che fare con la sua trama, con l’intreccio narrativo, ma riguarda una certa atmosfera, personaggi così vivi e realistici che alla fine arrivi a considerarli persone in carne e ossa». Non serve conoscere le cause della politica espansionistica di Napoleone Bonaparte o le ragioni dello zar Alessandro I per apprezzare la grandezza del romanzo. Si passa poi a Delitto e castigo di Fëdor Dostoevskij. «Il coraggio di mettersi a nudo»: «Il viaggio più importante della nostra vita non riguarda un luogo fisico». Dostoevskij, ricorda Guendalina Middei, dava il meglio di sé nei momenti di disperazione, tipo quando era oppresso dai creditori. «Dobbiamo leggere Dostoevskij quando ci sentiamo a terra, quando abbiamo sofferto sino ai limiti del tollerabile», ha scritto Hermann Hesse. Dostoevskij scrive delle angosce, della tristezza, del lutto, della malinconia, dell’angoscia.

Gli eroi di Dostoevskij non sono mai del tutto positivi, ma neanche del tutto malvagi. Romanzi come Anna Karenina e Lolita, secondo Guendalina Middei, turbano, rompono gli schemi, costringono a percorrere sentieri oscuri, a calzare i panni di un assassino o di un predatore sessuale. «La bellezza salverà il mondo», scrisse Dostoevskij ne L’idiota. E la bellezza di cui parlava Dostoevskij non è quella fisica, armonica, ideale. Il terzo libro è I Buddenbrook di Thomas Mann. «Il mestiere di trovare il nostro posto del mondo»: «La sfida più ardua è fare i conti con se stessi e con il peso dei propri sogni». Romanzo borghese per eccellenza, si parte da Lubecca con Mann. Le quattro generazioni della famiglia Buddenbrook corrispondono alle quattro generazioni dei Mann. Thomas Buddenbrook è insoddisfatto del figlio, che nutre inclinazioni artistiche e non mostra interesse per la ditta familiare.

Mann racconta la sua infanzia: anche suo padre desiderava che il figlio diventasse suo successore in azienda. Alla morte del padre, il giovane Thomas liquidò l’azienda familiare, si trasferì a Roma e cominciò I Buddenbrook. L’uccisione metaforica del padre è un classico rito di passaggio. Thomas Buddenbrook è un uomo costretto tra tre mura: famiglia, rispettabilità, lavoro. Tutti noi, scrive Middei, «viviamo protetti dalle nostre “mura”: le nostre abitudini, i nostri amici, la famiglia». L’autrice fa un paragone con Oblomov di Ivan Gončarov. Che è un romanzo dalle atmosfere allegre e spensierate. Thomas Buddenbrook invece è ingabbiato in una vita scandita da doveri e abitudini, prigioniero dell’immagine di sé che si è costruito. Oblomov, invece, è schiavo della sua pigrizia, della sua immaginazione. Personaggi tragici. Tragico è anche 1984 di George Orwell. «L’eterno potere della parola»: «Le parole sono il potere più grande che abbiamo».

Il romanzo è stato definito “pericoloso” – come Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald, L’amante di Lady Chatterley di David Lawrence e I fiori del male di Charles Baudelaire. Orwell, storico del suo tempo, ha immaginato una società distopica, dove la vita delle persone è controllata dalla psicopolizia. Allo scoppio della guerra civile spagnola si arruolò nelle truppe repubblicane. Nacque Omaggio alla Catalogna, che celebra la resistenza senza tacere la crudezza della guerra e l’ingenuità dei combattenti spagnoli sedotti dallo stalinismo. 1984 sintetizza l’angoscia del potere e del controllo, nonché l’uomo schiacciato dal totalitarismo, privato delle sue libertà. Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen. «Lezioni d’amore al di là delle regole». «I segreti dell’arte di amare». Austen è una delle scrittrici più spassose, secondo Middei. E fa entrare nella mente delle madri e catapulta il lettore nell’universo delle voci femminili, sottolineando l’atmosfera lieve e gioiosa.

Tutt’altro contesto è quello de La metamorfosi di Franz Kafka. «La normalità di essere strani»: «I cambiamenti più difficili da accettare non riguardano il corpo, ma l’anima». È un racconto dell’assurdo. Così come lo è Il naso di Nikolaj Gogol’ e Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov, in cui l’elemento del sovrannaturale gioca un ruolo predominante nella storia. Gregor si sveglia e scopre che il suo corpo ha assunto sembianze mostruose. «Il corpo è la “navicella”, l’involucro che permette alla nostra mente/anima di abitare il mondo. Il corpo è ciò che mostriamo agli altri ed è ciò che gli altri vedono quando ci guardano. Il corpo ci definisce, ci dà concretezza, ci fornisce un’identità». Proprio come Gregor, scrive Guendalina Middei, fatichiamo ad abituarci alle nuove sembianze che ha assunto il nostro corpo. Ci sentiamo a disagio nella nostra pelle – Kafka non fu mai a proprio agio nella sua pelle.

I promessi sposi di Alessandro Manzoni: «I volti e i luoghi hanno un’anima». Il volume ha ancora molto da dire. Nel romanzo, riassume Middei, si parla di amore, di guerra, di peste, di rivolte popolari, di fede e di igiene pubblica, di diseguaglianze sociali, di ingiustizie dei potenti contro i deboli e dei conflitti interiori che attanagliano il cuore . La politica, la gelosia, il tormento della coscienza. I pavidi, i coraggiosi, i prepotenti, gli opportunisti. Qualche nota sui personaggi eterni del Manzoni: Gertrude soffre la solitudine imposta, è affamata d’amore, i suoi occhi sembrano chiedere affetto, pietà, comprensione. Poi l’Azzeccagarbugli: l’uomo servile, l’avvocato usa un linguaggio forbito e tecnico per confondere l’interlocutore. Infine, Don Abbondio, non è né intelligente né simpatico, né brilla per qualche altra virtù. Ha paura, deroga sempre, è pigro e codardo. Tutti affreschi del carattere umano.

Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Il piacere di assaporare il tempo»: «L’avversario della partita più importante della nostra vita». Il Gattopardo deve fare i conti con una scrittura che pare uscita da un romanzo dell’Ottocento. Rifiutato da Elio Vittorini per Mondadori, accettato da Giorgio Bassani per Feltrinelli. Non è un libro sulla Sicilia, né sulla nascita del Regno d’Italia. Neppure un libro sulla decadenza dell’aristocrazia. Come Manzoni e Kafka, Tomasi di Lampedusa era un uomo solitario, schivo, timido. Come I Buddenbrook, Il Gattopardo raffigura un mondo che sta scomparendo. Un mondo di grazia, arte e bellezza; di autoritarismo e privilegi, sì, ma anche di buone maniere. La morale del libro è che tutto cambia. Tutto finisce e tutto scorre. Riconoscimenti, soddisfazioni, appagamenti, piccole vittorie e vendette personali: tutto passa.

In conclusione, Guendalina Middei afferma che la qualità più importante di un classico è una sola: «fa fremere, sobbalzare, provoca il batticuore. Un classico non somiglia a nessun altro libro. La voce dei suoi personaggi, il modo in cui è scritto ci sollecitano domande, ci lasciano attoniti […]. Leggere è un viaggiare infinto: non basterà la vita per leggere tutto. Ma ogni libro è animato dal piacere della scoperta. «Potete leggere tutti i classici del mondo, ma se lo fate soltanto perché qualcuno ve l’ha imposto o magari perché ve l’ha descritto come un libro importante […] se […] vi accosterete alla letteratura in modo ragionato […], la grande letteratura non agirà mai realmente su di voi. Sarà un’esperienza interessante, ma mai realmente connessa alla profondità del vostro essere […]. Se non impariamo a essere anche irragionevoli e insensati, rischiamo davvero di lasciarci sfuggire il meglio della vita».

Amedeo Gasparini

www.amedeogasparini.com

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