Arti figurative

Lo Swiss Architectural Award assegnato a Elisa Valero

Serenamente ribelle
“Nell’architettura – dice – non c’è posto per nostalgici”
Alla sesta edizione, per la prima volta è stato assegnato ad una donna il premio internazionale di architettura promosso con cadenza biennale dalla Fondazione Svizzera per l’Architettura con la collaborazione dell’Università della Svizzera italiana, Accademia di architettura di Mendrisio, il sostegno della Fondazione Teatro dell’Architettura e della Fondazione per le Facoltà di Lugano dell’Università della Svizzera italiana. Lo Swiss Architectural Award premia l’architetto spagnolo Elisa Valero, scelta all’unanimità dalla giuria presieduta dall’arch. Mario Botta e composta da importanti esponenti delle tre Scuole di architettura svizzere: Riccardo Blumer (direttore Accademia di architettura di Mendrisio, USI), An Fonteyne (professoressa al Dipartimento di architettura del Politecnico Federale di Zurigo), Francis Kéré (professore all’Accademia di architettura di Mendrisio) e Paolo Tombesi (direttore dell’Institut d’Architecture dell’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne). La prospettiva è che questo premio importante (100.000 frs) e di grande prestigio internazionale nato per promuovere e favorire il dibattito pubblico su un’architettura attenta alle questioni etiche, estetiche ed ecologiche contemporanee, sia promosso insieme dalle tre Scuole svizzere di architettura: Mendrisio, Losanna e Zurigo. Al Teatro dell’architettura di Mendrisio una mostra, aperta fino al 23 dicembre (orari: me-ve-sa-do 12-18, gio 14-20), presenta i lavori dei 32 candidati, compresi quelli della vincitrice Elisa Valero. Premio e mostra sono accompagnati da un ottimo e utilissimo catalogo a cura di Nicola Navone.
Elisa Valero è stata selezionata tra 32 concorrenti di 19 paesi, candidati da un comitato di advisor composto da importanti esponenti dell’architettura internazionale tra cui anche alcuni vincitori delle passate edizioni del premio. L’edificio scolastico a Cerrillo de Maracena (Granada, 2013-2014), le residenze sperimentali a Granada (2015-2016) e la chiesa a Playa Granada (2015-2016) sono le opere dell’architetto Valero prese in esame dalla giuria. Tre opere rappresentative dell’architettura di Elisa Valero che lei stessa descrive come “un’architettura che opera in silenzio, serenamente e senza attirare l’attenzione su di sé”, con grande attenzione agli spazi vitali, al paesaggio, alla sostenibilità. Architetture coerenti e sintetiche, radicate al territorio e al tempo per cui sono progettate, realizzate con precisione, dove non c’è finzione ma le cose appaiono per quello che sono. Opere che rispecchiano quello che per Elisa Valero rappresenta il lavoro di un architetto: “un servizio volto a rendere più gradevole la vita delle persone: una nobile vocazione a rendere il mondo più bello e umano, e la società più giusta. Nell’architettura non c’è posto per i nostalgici: è un lavoro per ribelli”.

Elisa Valero, Award Swiss 2018, così concepisce il suo lavoro
“Faccio l’architetto per migliorare il mondo
Elisa Valero è nata a Ciudad Real (Spagna) nel 1971. Si laurea nel 1996 alla ETSA (Escuela Tecnica Superior de Arquitectura) di Valladolid. Nel 2000 consegue il dottorato presso la ETSA di Granada, vincendo nel 2003 una borsa dell’Accademia di Spagna a Roma. Autrice di cinque pubblicazioni monografiche, è stata critica e docente invitata in numerose facoltà di architettura europee e alla UNAM di Città del Messico. Attualmente è professore ordinario di Progettazione presso la ETSA di Granada.
Così Elisa Valero descrive il proprio lavoro: «In un momento in cui la nostra cultura è caratterizzata da un rumore di fondo incredibilmente forte, ho scelto di praticare un’architettura che opera in silenzio, serenamente e senza attirare l’attenzione su di sé. […] Mi interessano gli spazi della vita, il paesaggio, la sostenibilità, la precisione e l’economia dei mezzi espressivi. Non mi interessano gli stili. Mi interessano i libri piuttosto che le riviste, la consistenza piuttosto che il genio, la coerenza piuttosto che la composizione artistica. E intendo l’originalità come la riscoperta del vero significato delle cose. Mi interessa un’architettura radicata alla terra e al proprio tempo. Accetto i fattori determinanti dell’architettura come regole di un gioco molto serio e piacevole, che cerco di interpretare in modo coerente e rigoroso. E benchè non sia più di moda parlare dell’architettura in questi termini, credo che l’opera di un architetto sia essenzialmente un servizio volto a rendere più gradevole la vita delle persone: una nobile vocazione a rendere il mondo più bello e umano, e la società più giusta. Nell’architettura non c’è posto per i nostalgici: è un lavoro per ribelli».

Dalmazio Ambrosioni

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