Altri viaggi

Lungo il Piave in bicicletta (1)

Non vuole essere una guida visto che non ho indagato sulle piste ciclabili disponibili, a prima vista poche. Niente panchine ogni tanto dove sedersi a fare uno spuntino. È un itinerario realizzato in maniera molto artigianale, fatto forse senza criterio: semplicemente dopo aver letto il libro Piave di Alessandro Marzo Magno mi è venuta voglia. Il risultato è stato positivo: oltre al benessere psico-fisico, è una prospettiva diversa del Veneto. Finora i fiumi costituivano al massimo un rapido paesaggio durante l’attraversamento in auto o in treno, dunque un ostacolo fisico al passaggio. Invece ora mi è chiaro che il fiume va e siamo noi ad aver occupato il suo posto. C’era prima lui. E si capisce tutta la storia vissuta sulle sue rive.

Stazione San Donà di Piave. 

Anche l’ordine è sparso. Io avrei voluto partire dalla sorgente (anche se il primo pezzo non l’avrei fatto in bicicletta, non sono allenato per l’alta montagna). Comunque avrei voluto, in bici, partire da Calalzo che è il punto più alto dove arriva il treno, per poi scendere in bici. Non ho cominciato così perché l’orario dei treni non era completo; nonostante sia passata l’emergenza critica e si inviti a “ripartire”, i servizi restano lacunosi. Perché? Boh. Quindi era impossibile arrivare a Calalzo in tempo per fare una biciclettata fino a Belluno e avere un treno che mi riportasse a casa senza passare la notte fuori.

Allora sono partito dalla fine. Quindi San Donà di Piave in treno, da lì fino a Cortellazzo (foce del mare Adriatico) e poi dato che non c’è treno a Jesolo, ritorno lungo l’altra riva a San Donà.

 

GIORNO 1

6 giugno 2020, 25 gradi, soleggiato

Spesa della giornata: 11.80 euro per il treno + 3.50 bici = 15.30 euro.

Eraclea

Zainetto con acqua e cibo, marsupio per telefono e documenti. Non abituato a portare la bici nei treni italiani, non la fisso bene e durante un movimento brusco cade e salta la catena. Ottimo inizio. Pensavo già di dover ritornare a casa, ma essendo sabato, a San Donà, vicino alla stazione, era aperto un biciclettaio che mette tutto a posto, posso partire. Passo attraverso la cittadina, mattinata di mercato, centro animato. Mi dirigo all’argine sinistro, sulla provinciale per Eraclea, poco trafficata per fortuna. L’argine è alto, si vede abbastanza bene il fiume che qui forma un rettilineo. Campi di mais, grano, alcuni vigneti. Sul fiume qualche rete da pesca alla lampada. Le reti vengono abbassate la sera e la lampada attira i pesci, credo anguille che amano l’acqua salmastra, visto che l’acqua marina risale anche per chilometri la corrente e si mescola a quella dolce. Dopo quaranta minuti arrivo al ponte di Eraclea, da qui il fiume ricomincia a fare qualche meandro, la strada ogni tanto mi allontana da esso.

Revedoli

Dopo altri venticinque minuti costeggio il canale Revedoli che scorre parallelo alla costa al di qua di dune che proteggono dai flutti. Piccola deviazione per vedere dove il canale artificiale si getta nel fiume 1 chilometro prima della foce. Poi ritorno sulla strada e passo il ponte di barche (per pedoni e bici passaggio gratuito, le auto mi sembra 80 centesimi). Sono nel comune di Jesolo a Cortellazzo, dal ponte in dieci minuti arrivo in spiaggia dove il sacro Piave incontra l’Adriatico. Sosta per “pranzo” che non vuol dire risotto di pesce al ristorante “al gambero”, bensì panino al prosciutto e formaggio seduto sulla sabbia. Qui la spiaggia è selvaggia non ci sono ombrelloni, la gente se li porta da casa. Discreto movimento locale. Turisti zero. Le attività commerciali di questa parte della pineta sono chiuse e, da questo punto di vista, sembra di essere a novembre.

Spiaggia di Cortellazzo

Dopo circa mezz’ora parto. Per tornare, visto che qui non c’è ferrovia, percorro il lato destro del Piave dove esiste una pista ciclabile sterrata lungo tutto il tratto fino a San Donà. La pista è talvolta al livello del fiume. Rispetto all’altro lato, un contatto più intimo con esso. Si osserva meglio e di più. A tratti la pista passa piccole zone di boschetto o di canneto. Dopo tre quarti d’ora trovo uno spiazzo (ma non posti a sedere) e faccio una breve sosta di venti minuti. Mangio frutta e cioccolata. Mangiare frutta all’aperto ha una marcia in più, per esempio le ciliegie: si possono sputare i noccioli in libertà, senza paura di sporcare o inquinare. Riparto e in trentacinque minuti raggiungo San Donà. Arrivo dal lato del monumento ai bersaglieri e passo il ponte stradale per tornare in centro e alla stazione. Rientro in treno. Vista l’iniziale caduta di catena non pensavo che ci sarei riuscito.

 

Ponti visti o attraversati esistenti sul Piave (dalla foce):

1 – Il ponte di barche “provvisorio” di Cortellazzo

2 – Il ponte di Eraclea che la collega con Jesolo

3 – Il ponte nuovo stradale fuori centro San Donà (degli anni 2000) per agevolare il traffico

4 – Il ponte stradale di San Donà con struttura in ferro che la collega a Musile (e proseguendo per Venezia).

Chilometri percorsi (approssimativamente): 20-22 x 2 = 40-45 circa.

Tempo in bici: 2 ore e 45 minuti.

 

GIORNO 2

12 giugno 2020, 27 gradi, soleggiato

Spesa della giornata: 11.80 euro per il treno + 3.50 bici = 15.30 euro.

Sempre verso San Donà, 51 km + rientro da ponte della Priula, via Mestre, 58 km. Zainetto con pranzo al sacco.

Ponte di barche di Fossalta.

Esco dalla stazione e mi dirigo questa volta sull’argine che risale il fiume, sempre a sinistra del Piave. Raggiungo il ponte ferroviario (che ho passato poco fa arrivando in treno). Naturalmente la vista è differente. La prima sensazione è quella di essere in Russia. È vero che i ponti ferroviari ottocenteschi o del primo Novecento spesso si assomigliano dappertutto, ma qui c’è un altro elemento che mi ricorda i decori dei paesi ex-URSS: un obelisco celebrativo in cemento che ricorda «Piave: fiume sacro alla Patria». L’argine è sterrato, a volte con ghiaia, a volte terra e erba, non proprio agevole in bici, segue il fiume quindi e anche più lungo della strada, ma se facessi la strada non vedrei niente del fiume. Ne vale la pena anche se questo mi rallenta. C’è un doppio meandro scenografico, inoltre vedo una piccola chiatta navigare. È un’imbarcazione/scavatrice per lavori in corso, naturalmente, non c’è nessun traffico fluviale. Arrivo al ponte di barche a pagamento di Fossalta.

Il Tunnel di Noventa

Non devo passarlo, perché ho deciso di percorrere la parte sinistra del Piave, mi fermo a guardarlo e a leggere, lì vicino, dei cartelli storici che parlano delle battaglie sul Piave della prima guerra mondiale, italiani contro austro-ungarici e tedeschi. Interessante sapere che, come lungo la Transiberiana, anche qui si nomina una legione cecoslovacca; soldati cecoslovacchi che assieme ad alcuni trentini appartenenti allo stesso esercito austroungarico vengono convinti a combattere per gli italiani contro gli austriaci. Anche loro, come i trentini, in chiave antiaustriaca, per sperare in una indipendenza della Cecoslovacchia che in effetti arriverà nel 1918. A Noventa mi colpisce la porta all’entrata del paese. In realtà, scoprirò poi su un sito del FAI, che i noventani la chiamano comunemente “Il Tunnel” quel sottopassaggio che attraverso l’argine collega il centro della città alla golena del Piave. Fu costruito dal Governo austriaco, a metà dell’800, in occasione dell’innalzamento delle arginature, proprio in funzione dell’attività portuale, creando un accesso diretto e andando a sostituire il sistema di rampe su cui si basava la viabilità precedente.

Casa museo Goffredo Parise.

Piu avanti passo sotto l’autostrada Venezia-Trieste. Entro nella zona di Romanziol, passo nella provincia di Treviso. Aumentano i vigneti. Nonostante le piccole fermate a leggere le info storiche e nonostante lo sterrato, arrivo a Ponte di Piave in un’ora e mezza. Ho dovuto percorrere piccoli tratti anche su strada molto trafficata, non agevole, non piacevole. Vedo il ponte stradale e quello ferroviario della linea Treviso-Portogruaro che risale all’800, ma dopo l’alluvione del 1966 è stata messa fuori uso e poi ricostruita e riaperta nel 2000. Io pensavo che fosse recente, lo avevo dedotto da una piantina della provincia di Treviso degli anni 70-80, dove la linea era tratteggiata e quindi pensavo fosse in costruzione, in realtà era in ricostruzione. Attraversando il paese Ponte di Piave, noto dei manifesti che ricordano lo scrittore Goffredo Parise che qui visse e morì e a cui è dedicato un museo.

Avanti per Negrisia dove ci sono le prime Grave e Borgo Molino. Molti vigneti. Le Grave: piccole o grandi isole sassose, irregolari. I sassi si trovano anche nel terreno ora non più coperto dall’acqua (vecchio corso o terreni inondati molto tempo fa). A quanto pare fare crescere dei vigneti su terreno semi-sassoso dà qualità peculiari al vino. Io conoscevo le grave del Tagliamento e i vini della zona grave del Friuli. Ci sono anche (grave e vini) lungo il Piave.

Cimadolmo

Arrivo finalmente ad un capitello con una Madonna che protegge da lampi e grandine i vigneti, ma soprattutto con una panchina dove posso sedermi per la pausa pranzo. Venti minuti. Da Borgo Molino devio per riavvicinarmi al fiume anche perché ho visto l’indicazione di un ristorante con un nome storicamente evocativo: Il traghetto. In effetti è un bellissimo luogo (spero anche il cibo sia buono anche se per questa volta non mi devo fermare a mangiare). Oltre a tanti tavoli all’aperto ci sono sdraie per prendere il sole in riva al fiume che qui è veramente selvaggio. Il gestore mi spiega che fino a circa sessant’anni fa qui c’era un traghetto per attraversare il fiume. Inoltre mi indica anche che posso continuare lungo l’argine fino alla strada principale a Cimadolmo. Bello anche se a tratti devo scendere dalla bici e portarla a mano, una mountain bike potrebbe andare, ma la mia è diversa. Proseguo e a Cimadolmo vedo il ponte che attraversa le “grave di Papadopoli”. Il nome ricorda la ricca famiglia veneziana che ne fu proprietaria durante l’Ottocento.

Priula

Poi la strada asfaltata si allontana dal fiume (si potrebbe andare un po’ ma con molti sassi, dovrei portare la bici) decido di stare sull’asfalto, sono comunque (tranne qualche piccolo tratto su strada trafficata) piccole stradine paesaggistiche tra vigneti. Passo un cavalcavia sopra l’autostrada Venezia-Conegliano e cerco un posto per fermarmi a mangiare della frutta. Non trovo panchine, poco male mi fermo all’ombra di un albero e in piedi mi rinfresco con ciliege e albicocche (portate da casa). Quindici minuti. L’ultimo tratto è breve. Senza accorgermi ero già arrivato vicino alla stazione di Susegana (che in effetti si trova a ponte della Priula).

 

Ponti visti o attraversati:

5 – Il ponte ferroviario “sovietico” di San Donà della linea Venezia-Trieste

6 – Il ponte di barche di Fossalta

7 – Il ponte dell’autostrada Venezia-Trieste

8 – Il ponte stradale di Ponte di Piave

9 – Il ponte ferroviario della linea Treviso-Oderzo

10 – Il ponte sulle Grave di Papadopoli (2 tratte)

11- Il ponte dell’autostrada Venezia-Conegliano

12 – Il ponte ferroviario di ponte della Priula sulla linea Venezia-Conegliano

13 – Il ponte stradale (e ai lati ciclabile) di ponte della Priula

Chilometri percorsi (approssimativamente): 40-45 circa.

Tempo in bici: 3 ore e 15 minuti.

1. Continua

Gianluca Niero

In cima