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L’USI 27 anni dopo: opportunità, sfide, successi

Internazionalità, capacità di reazione alle sfide odierne – in particolare l’esclusione della Svizzera dai programmi di ricerca europei –, volontà di un serio dialogo con il territorio: sono solo alcuni dei tratti distintivi che caratterizzano oggi l’Università della Svizzera italiana, giunta al suo 27esimo anno di vita, come ricordato questa mattina dai vari interventi susseguitisi in occasione del Dies academicus. Un evento molto sentito, con una “numerosa e qualificata presenza”, segno certo di una “affezione per l’istituzione”, come ricordato nel suo saluto iniziale da Monica Duca Widmer e un modo per riconoscere gli importanti successi ottenuti negli ultimi anni e mesi, a cui “hanno certamente contribuito in molti”. Primo tra questi traguardi, lo scorso 24 marzo, come ricordato dalla Presidente del Consiglio dell’Università, l’accreditamento universitario del Master in Medicina umana, tappa che conclude un lungo processo avviato allora da Piero Martinoli, nel 2011, e coinvolgente oggi, dell’intero corpo accademico, 140 unità. «Gli sforzi del futuro – ha sottolineato Duca Widmer, – si concentreranno ora sul progetto dell’ospedale universitario, poiché, si semina oggi per raccogliere i frutti domani. Tale coraggio serve per avere la certezza del raccolto». Inoltre, «continuerà il supporto dell’USI e il contributo alla solidarietà, in questo difficile contesto, dei popoli in guerra, accogliendo tutti senza distinzione alcuna, per contribuire alla pace tra i popoli, abbattendo muri e costruendo ponti».

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