Arti figurative

Milano, apre la mostra dedicata a Guido Pajetta a Palazzo Reale

Il Bombardamento.

Guido Pajetta. Miti e figure tra forma e colore, così si intitola la mostra in esposizione a Palazzo Reale di Milano fino al 1° settembre 2019 e a cura di Paolo Biscottini, Paolo Campiglio e Giorgio Pajetta. Nella vasta fortuna espositiva di Pajetta, questa rassegna risponde all’esigenza di riscoprirne la storia dalle origini alla morte: ripercorre oltre sessant’anni di lavoro dell’artista milanese che ha avuto una posizione di primissimo piano nel panorama artistico del ‘900.

L’uomo e la sua vecchiaia.

Pajetta è stato più volte definito una personalità affascinante quanto complessa e che solamente partendo dal suo essere altro e unico rispetto al contesto in cui ha vissuto e lavorato lo si può comprendere, apprezzare e scoprire. Attraversando verticalmente quasi tutto il Novecento può essere affiancato ai grandi nomi con cui ha collaborato ed essere preso come punto di partenza per indagare gli ambienti artistici e sociali che hanno generato e influenzato il panorama sia milanese sia italiano del secolo scorso. Nonostante ciò resta una figura eccentrica e libera nella propria indagine artistica.
Durante la sua carriera Pajetta viene in contatto con stili e personaggi importanti, che avranno influenza su di lui e lo porteranno anche a intraprendere numerosi sodalizi artistici. Nonostante questo però, rimane fino ad oggi una figura anomala perchè a gli non importa di legarsi o identificarsi con uno stile; anzi, cerca sempre di allontanarsi da qualunque movimento artistico riconosciuto per non essere limitato nel proprio fare arte. È un artista che dipinge spinto dal proprio inconscio, dalle proprie inquietudini, dal proprio istinto e dai propri demoni.

La mostra espone 90 opere suddivise in nove sezioni tematiche: pone attenzione tanto ai rapporti di Pajetta con il panorama artistico milanese legato a Novecento e soprattutto a Sironi, quanto al suo successivo desiderio di entrare in rapporto con la produzione europea, e in particolar modo francese, con uno specifico interesse per il Cubismo e il Surrealismo. È proprio in questo ambito che Pajetta sviluppa una precisa attenzione per un realismo di marca introspettiva che lo accompagnerà nel tempo, facilitato da uno stile corsivo e antimimetico, a cui certamente giova l’adozione del colore acrilico a partire dal 1967.
«Nel suo lavoro – afferma Paolo Biscottini – Pajetta pare sempre più impegnato nella ricerca di una verità recondita e forse anche di una nuova coscienza di sé. Affiora il senso di un’angosciosa solitudine a cui non pongono rimedio né il successo di critica e di mercato, né la tenacia nel lavoro o la vasta cultura letteraria. Tormentato dalle proprie ossessioni, l’artista si affida all’immagine come a una sorta di travestimento o di alter ego».

Vasi antropomorfi.

Il gesto pittorico di Pajetta, a volte leggero e veloce, altre volte graffiante e marcato, muta in continuazione. Ma se nel corso della sua carriera l’artista cambia la forma della sua pittura e si mantiene sempre in bilico tra figurativo e astratto, non è così per i contenuti, tutti riconducibili alla ricerca di sé e di sé nella storia. Il pittore ha saputo adoperare tanti linguaggi in funzione di quello che era il suo obiettivo di analisi interiore.
Nel suo percorso l’artista è attento a tutto e a tutti: nulla dei linguaggi artistici gli sfugge, tanto che spesso nella sua pittura si notano affinità con i numerosi autori con cui viene in contatto. È consapevole che l’arte si nutre di un continuo confronto ma anche che non esistono uno stile e un linguaggio unici capaci di esprimere il suo vagabondaggio psicologico, in cui fantasia e ossessioni si mescolano al senso tragico della vita e all’incessante e tormentata ricerca della propria verità. “Inquietudine” è il tema generale di questo pittore affannato, che cerca nella tela e soprattutto nel colore il senso della propria vita.

«Mio padre – dice Giorgio Pajetta – in realtà è un amante dell’avventura a trecentosessanta gradi. Lui ha sempre sperimentato nuovi linguaggi, nuove tematiche ma anche nuove tecniche pittoriche». Per Pajetta artista lo stile è il mezzo e non il fine della carriera pittorica e l’arte è lo strumento per indagare il proprio mondo interiore, analizzando gli aspetti universali della vita dell’uomo e la sua condizione esistenziale. È stato, fino alla fine, un artista spinto da impulsi che l’hanno portato a trattare motivi, a volte lirici a volte drammatici, generati da emozioni e da esperienze autentiche perché frutto delle sue passioni e delle sue ansie.

La mostra è promossa e prodotta dal Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale e dalla Fondazione Guido Pajetta, e realizzata grazie alla sponsorizzazione di Topjet Executive; mentre il catalogo è pubblicato da Skira.

Per maggiori informazioni visitare: www.palazzorealemilano.it

 

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