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Muralto: si conclude il Festival del libro

Giornata conclusiva per il Festival del libro di Muralto, che vede alternarsi le varie case editrici del Ticino con la presentazione delle loro ultime uscite.

Ad aprire il pomeriggio di domenica, la casa editrice Alla Chiara Fonte, con la sua antologia di poeti della generazione Ottanta, “Non era soltanto passione”. 14 poeti ticinesi, noti e meno del panorama locale, alcuni presenti nella sala della Residenza San Vittore, per leggere alcune delle loro poesie. L’effetto è quello di un’immersione totale nel mondo poetico più autentico, con giovani scrittori che toccano temi profondamente esistenziali con una sensibilità straordinaria.

Dal poeta Andrea Bianchetti che recita di una “storia di un amore triste”, dove la protagonista “fa l’amore con il suo dolore”, la perdita di un figlio alla poetessa Lia Galli, che ricrea i suoi versi “tra la musica e il silenzio” per entrare di soppiatto in una stanza e cogliere “la polvere e la luce in una danza” e quindi passare all’ultima straziante lettera di Virginia Woolf, che si rivolge al marito, dichiarandogli che “se qualcuno avesse potuto salvarmi saresti stato tu”. Galli ne ricava una struggente poesia che a parole ritrae il lento incedere verso la sparizione della famosa scrittrice, fino all’ultimo estremo gesto, causata da quella “parete di ghiaccio e di fuoco”, che ormai si era issata tra lei e il mondo, gettandola nello sconforto e nella pazzia. E poi una poesia immancabilmente dedicata ai giovani degli anni Ottanta, cui la Galli appartiene, che non hanno più riferimenti se non una “luna storta che su se stessa si accartoccia”. Quella luna – ricorda l’autrice – che per Ariosto era il luogo delle cose smarrite, per Leopardi un altrove a cui ambire e per i giovani d’oggi, invece, vuoto esistenziale.

Quindi Mercure Martini con il suo “entanglement quantistico” (metafora dell’amore), per poi passare a Linda Baranzini e al suo “Solo vorrei ammirare lungamente”, che invece ricava la sua poesia dai suoi viaggi, in particolare dall’esperienza di volontariato svolta in un asilo del Nicaragua. Ogni giorno un testo, ogni giorno una poesia, come un fiore appena sbocciato.

Finché è la volta di Manuela Camponovo con “Transiberiana”, tradotto in inglese e russo, “un viaggio fisico ma anche intellettuale, esistenziale”, ricorda, quello tra Pechino e Mosca. “Il libro che ho pubblicato con Alla chiara fonte – rammenta l’autrice – ha una lunga storia ormai alle spalle, a iniziare da quando l’attrice Margherita Coldesina aveva deciso di ricavarne un monologo teatrale da portare sui palchi luganesi. È sulla scorta di questo successo che ho poi deciso di arricchire il testo con ulteriori citazioni, e allora troviamo Cechov, Cendrars e tanti altri..Il prologo, infine, è stato affidato a Gianluca Niero, la guida turistica che ci ha seguiti lungo tutto il viaggio; chi meglio di lui poteva attribuirgli un senso e un significato?”. Un modo simpatico e intelligente di rendere interessante un’opera che per altro non necessita di ulteriori arricchimenti, presentandosi già molto densa, di ricordi ma anche di osservazioni ironiche, in risposta ai vari imprevisti che si presentano lungo il viaggio:

A questo punto, voi direte, si parte in treno. Niente affatto. Il treno che da Pechino doveva condurci al confine con la Mongolia (16 ore), non c’è, soppresso, requisito dal governo cinese e nessuno ha capito perché. Si deve ripiegare sul pullman. All’idea di tutte quelle ore su strada rabbrividisco. Obbligo una sosta e soprattutto una deviazione a Datong, dove si trova il sito patrimonio Unesco con più di cinquantamila Budda, statue o autorilievi scolpiti nelle grotte, anche qui record in due sensi, dalla gigantesca (17 metri) alla minuscola, Budda con ogni tipo di attributo. Ogni oggetto che gli si accosta, ogni posizione ha un significato ed emana una sua lettura rituale. I primi lavori ebbero inizio nel 453 d.C. Dopo questa vertigine replicante sapevo cosa avrei sognato quella notte: budda!

Laura Quadri

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