Commento

Nel laboratorio del pessimismo di Cioran

Esercizi negativi (Adelphi 2025) di Emil Cioran si colloca ai margini di Sommario di decomposizione, il primo libro dell’autore scritto in francese. Si tratta di un amalgama tra una raccolta di aforismi e brani per così dire frammentari, un po’ in linea con lo stile del franco-romeno. Concepito per ricostruire il “laboratorio” del ben più famoso volume, a partire dai 447 fogli alla Bibliothèque littéraire Jacques Doucet, il libro di Cioran mantiene la solita tonalità di scrittura singolare, quella dell’aforista, su scritti riuniti che offrono il privilegio raro di penetrare nel laboratorio del filosofo. Scopriamo così come il Cioran degli inizi, più lirico, più scarmigliato, provocatorio, arrivi alla folgorante condensazione del frammento. Secondo Ingrid Astier, il volume mostra «l’“esplosione” vissuta e il lento lavoro di rifinitura dello stile». «Un libro deve frugare nelle ferite, anzi deve provocarle. Un libro deve essere un pericolo», affermò lo stesso Cioran.

L’apertura del volume avviene con una confessione ad effetto: «Avevo diciassette anni e credevo nella filosofia. Ci credevo con l’ardore del parvenu e di chi non si sente al passo con la cultura, con quella sete di istruzione tipica dei giovani dell’Europa Centrale, desiderosi di impossessarsi, di tutte le idee, di leggere tutti i libri, e di riscattare, avidi di sapere, il proprio passato vergine, ignorante e umile». E poi il paradosso: «Lascio la Transilvania, vado a Bucarest e divento studente di filosofia». Una parentesi su Jean-Paul Sartre: uno dal rinnovamento sconcertante, per impadronirsi di tutti i campi del sapere e con una tale smania di mutarne i termini. Poi si parte con le tematiche cioraniane … L’anima, il corpo, l’uomo, anzitutto. «Abbiamo un’anima per perderla. È nostro dovere logorarla, sminuirla, sgretolarla … Si vive solo esaurendone la sostanza». «Per il fatto stesso di esistere, l’anima è necessariamente malata».

«L’uomo è diventato l’autunno della Creazione». «La morte è diventata una delle ossessioni della filosofia contemporanea, perché la vita l’ha preceduta nell’ordine dei problemi». Sulla condizione dell’uomo: «Dire: sono è un atto di sfrontatezza e di impostura. Io posso essere qualcosa, ma non sono mai realmente». «Soffriamo non perché le cose sono fatte in un certo modo piuttosto che in un altro: soffriamo perché sono e perché nulla di ciò che è in noi vi si può essenzialmente integrare». «Essere pazzo non è una grande impresa: basta aderire totalmente a una cosa qualsiasi […]. Tuttavia, il manicomio è riservato soltanto a quelli che esagerano, che spingono la sincerità al limite». «Nella misura in cui non possiamo eliminare la diversità ne siamo prigionieri come la moltitudine delle creature». Non manca l’elemento trascendentale: «Tutto imita un dio; le nostre convinzioni, qualunque ne sia la natura, pullulano di caricature di assoluto».

«Il dubbio, sola possibile igiene della mente». «Dubitare – sempre e dovunque – è l’unico modo di essere contaminati dal mondo senza diffonderne oltre il contagio». «Se gli uomini sono fieri di essersi imbarcati nel divenire è perché disprezzano più o meno consapevolmente tutti coloro che li hanno preceduti nel naufragio temporale». «Tanti disturbi psichici derivano dal fatto che l’individuo non intravede vie di uscita all’esistenza». Ma Cioran amava anche la vita, nonostante il pessimismo cosmico. «In fondo, si vive solamente perché non vi è alcun motivo per vivere […]. È la vita il grande ignoto, è lei a essere gravata da un incalcolabile peso di nonsenso e da una mole schiacciante di irragionevolezza […]. Perseveriamo nell’esistenza perché il desiderio di morire è troppo logico». «Viviamo proprio grazie all’incessante rinnovamento costituito dall’attività di ogni singola speranza, grazie alla fantasia del Possibile che rianima le illusioni perdute».

«La parzialità è la vita; l’obiettività è la morte». «La nostra vita non è che un circo di slanci e di dolori […]. Noi impersoniamo la nostra esistenza; non ne siamo gli autori». «Come immaginare la vita degli altri, quando già sembra a malapena concepibile la propria?». «La vita non acquista contenuto se non nella violazione del tempo. L’ossessione dell’altrove è l’impossibilità dell’istante». L’individuo in Cioran è sempre al centro. «La maggior parte degli uomini non crede nell’immortalità – metterebbe troppo in imbarazzo la ragione». «Ogni essere umano sente il bisogno di scusarsi del suicidio che non ha messo in atto». «Il vero eroe combatte e muore in nome del proprio destino, non già in nome di una convinzione: la sua esistenza è senza scappatoie […]. La fatalità è la sua ragione di vita e ogni possibile via di uscita è motivo di tentazione e di timore a un tempo».

Ma non mancano elementi di disturbo. «Tutti i giorni, l’uomo si esercita a rinfrescare una menzogna logora o a fabbricarne una nuova. Il falso costituisce una dimensione naturale della vitalità». «Tutti gli esseri umani hanno un mondo proprio, uno spazio ideale delle loro gioie e delle loro pene, una patria delle loro stupidità e dei loro sprazzi di luce». «Ogni nostalgia è un superamento del presente. La vita non acquista contenuto se non nella violazione del tempo. L’ossessione dell’altrove è l’impossibilità dell’istante. E questa impossibilità è la nostalgia stessa». «La società non è un male, è un disastro […]. Quando la si osserva, tra la rabbia e l’indifferenza diventa inspiegabile che nessuno abbia potuto demolirne l’edificio, che non ci siano state fino a oggi persone abbastanza perbene, disperate e dignitose, da raderla al suolo e cancellarne le tracce».

Amedeo Gasparini

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