
Fedeli peruviani alla S.Messa per Papa Leone XIV (Foto: Vatican News)
Dopo Leone XIII, il Papa della prima rivoluzione industriale, ora Leone XIV ne affronta la quarta, quella digitale e dell’intelligenza artificiale, che cambierà il mondo del lavoro e la società del futuro drasticamente, e produrrà nuovi squilibri e disuguaglianze nell’umanità, a scala globale. Ben venga dunque la ripresa del Papa della Rerum novarum che calava la Chiesa – ormai dal 1870 spogliata del suo Stato pontificio – nella realtà degli Stati secolari, delle nuove democrazie e del capitalismo dilagante. Quale fu il grande messaggio di tale enciclica del 1891? «Il socialismo, falso rimedio», da un lato, e l’incoraggiamento dei laici cattolici – specialmente dei lavoratori – ad associarsi per esprimere un nuovo protagonismo sociale nella lotta per la giustizia sociale. Questa fu senz’altro una grande riconciliazione della Chiesa con il mondo moderno, ma anche una netta presa di distanza.
Ciò che Leone XIII, infatti, non ammetteva era che i cattolici potessero entrare nei sindacati socialisti (o persino unirsi con i protestanti), e tantomeno che potessero formare una “Democrazia cristiana” in Italia. A tutti questi tentativi, egli reagì con chiari divieti. Inoltre, un pensatore cattolico liberale come Antonio Rosmini fu condannato con la firma di tale Papa (1888), e sul piano della dottrina e della teologia insegnata egli uniformava tutto sulla linea dell’unica autorità ammessa: San Tommaso.
Bisogna forse considerare anche questi aspetti di Leone XIII, a cui si richiama esplicitamente l’attuale Papa, per comprendere perché ha potuto ottenere in tempi record – al quarto scrutinio – una maggioranza insperata di oltre 100 voti favorevoli, dunque anche dei conservatori guidati dal card. Burke. Per quest’ultimi era importante evitare papi di una continuità con Francesco spinta sul versante riformistico – cioè soprattutto Tagle – mentre per i progressisti e bergogliani convinceva senz’altro la continuità con la dottrina sociale di Francesco e altre aperture di riforma come la sinodalità e la Chiesa missionaria in uscita. Per quanto riguarda i temi morali – finora non toccati dal nuovo Pontefice – ci si attende però un governo della Chiesa più conservatore e sulla linea di Benedetto XVI. Porterà avanti il discorso sulle donne nella Chiesa senza aprire alla loro ordinazione (solo un paio d’anni fa si è chiaramente pronunciato contrario), mentre sul fronte dell’accettazione delle coppie gay egli potrebbe “riordinare” tutto nel senso della dottrina più tradizionale.
Si tratterà, dunque, di inserire le notevoli aperture di Papa Francesco – a cui Leone XIV si è richiamato esplicitamente e ripetutamente nel suo discorso dalla Loggia di San Pietro – nel solco della tradizione, e proprio in questa prospettiva non è indifferente che in un’omelia di questi giorni ha sottolineato l’insufficienza di vedere in Cristo solo un esempio di umanità eccezionale o «leader carismatico» in quanto sarebbe nient’altro che un «ateismo di fatto» perché non evidenzia la sua divinità: riallacciandosi dunque nei contenuti ad una delle priorità dell’annuncio di Benedetto XVI, ha lanciato ai gruppi conservatori un messaggio di grande rassicurazione. E non è di secondaria importanza che il nuovo Papa abbia sottolineato sin da subito il suo “agostinismo”, avvicinandolo al Papa tedesco, che molto si ispirava al grande vescovo della fine dell’Impero Romano.
Si comprende meglio il profilo del nuovo Papa, guardando più a Leone XIII che non a questioni politiche, come l’aver votato nel 2012 per le primarie repubblicane americane (dopo un periodo da elettore nelle fila democratiche), sebbene la sua provenienza americana non sarà da sottovalutare.
Infatti, pur non parlando inglese nel suo primo discorso – senza anzi aver fatto alcun riferimento all’America – ha recuperato questa omissione il giorno dopo: presentandosi come “Pontefice” (che costruisce ponti) tra le due Americhe, e intende fare da tramite fra il mondo occidentale, in crisi di orientamento, e il “Sud globale”. Non è affatto secondario che il 36% dei cattolici statunitensi siano di origine latina. Papa Leone XIV non lo è (le sue radici sono spagnole, francesi e italiane), però è cresciuto in un sobborgo di Chicago che fa parte della “South Side” povera della città e in Perù si è messo dalla parte degli ultimi. E se così da un lato è critico nei confronti della politica migratoria di Trump, in piena linea di Francesco, dall’altro lato, sui temi morali sarà più dialogante con il nuovo conservatorismo occidentale (e dunque anche europeo), anche per favorire la ricucitura delle divisioni nel cattolicesimo americano e occidentale in quanto tale, dove cresce il gruppo dei fedeli conservatori che politicamente “guarda a destra”.
Vederlo come “anti-Trump” sarebbe dunque eccessivo e soprattutto sminuirebbe il fatto che la sua nomina sia stata chiaramente di carattere geopolitico e non centrata sugli USA o l’Occidente. «La pace sia con tutti voi» come primo saluto esplicita infatti proprio questo aspetto. Papa Leone desidera una pace universale, anche in senso ecumenico come si vede in questi giorni (il saluto al Rabbino Capo di Roma), e mentre certamente questo programma lo unisce a Trump, emerge proprio qui anche la vera “eredità” di Francesco per il nuovo Papa: il senso geopolitico della pace per Leone XIV si associa all’accoglienza e non ad interessi sovranisti, ad una società aperta e non chiusa. Per descriverla, egli usa parole e atteggiamenti disarmanti e umili, a differenza del presidente americano. Una pace che si basa sull’amore e non sul potere. Leone XIV sarà un Papa certamente non strumentalizzabile dalla politica di Trump, per quanto gli possa sembrare vicino su alcuni punti.
E mentre in Europa le opinioni sono ancora divise secondo le categorie di “destra” e “sinistra”, “conservatorismo” e “progressismo”, dall’America giunge un nuovo modo di vedere il mondo: quello di costruire ponti, e dunque la pace. E non è l’America di Trump. È una visione che crede nella “società aperta” dell’umanità e si ispira – forse – alla “città di Dio” di Sant’Agostino come regno della pace e della giustizia. Possiamo dunque senz’altro aspettarci delle sorprese dalla prima enciclica sociale di questo nuovo Papa.
Markus Krienke
