Letteratura

Per i 90 anni di Umberto Eco torna in libreria “Filosofi in libertà”

A 90 anni dalla nascita di Umberto Eco, il 5 gennaio 1932 ad Alessandria, torna in libreria un volume ormai introvabile che mostra tutta la sua passione per il disegno, fonte di ispirazione e architettura di molte sue opere come il bestseller mondiale Il nome della rosa. Si tratta di Filosofi in libertà, che esce il 7 gennaio per La nave di Teseo, con 15 disegni dell’autore. La casa editrice da lui voluta e fondata poco prima della morte, con Elisabetta Sgarbi, attuale publisher, Mario Andreose e altri autori, festeggia così il suo novantesimo compleanno e ci fa riscoprire anche lo spirito ironico e il piacere di scherzare del grande filosofo, scrittore, semiologo, medievalista, morto il 19 febbraio 2016 a Milano.

Clamoroso esordio del 1958 nel campo, definito dallo stesso Eco, della saggistica leggera, questo prezioso libretto venne firmato allora dallo scrittore con lo pseudonimo joyciano di Dedalus, anche per il rischio di compromettere l’inizio della sua carriera accademica. Sono una galleria di ritratti della storia della filosofia in forma di filastrocca – genere familiare fin dall’infanzia a Eco, assiduo lettore del Corriere dei Piccoli – integrata, in questa nuova edizione, dalla sezione “Scrittori in libertà”, dedicata tra gli altri a Marcel Proust, James Joyce e Thomas Mann, autori prediletti da Eco.

Ecco il ritratto-filastrocca di Proust:

Raccontar vi vo bel bello quel che accadde a Proust Marcello ch’era un vecchio cataplasma sempre oppresso ahimè dall’asma e vegliato giorno e sera da una anziana cameriera.

Ma un bel dì verso le tre mentre si sorbiva il tè sentì in bocca un gusto strano, indicibil, sovrumano, quasi in casa più non fosse, fiacco e oppresso dalla tosse, ma di colpo, sai com’è, si trovasse là a Combray, quando ancor stretto alla gonna della mamma e della nonna si assopiva il poverino dopo il bacio serotino (che attendeva assai turbato con il cuor tutto alterato, quasi fosse quel gentil bacio come un Perequil).

Preso nella gora morta del ricordo, con la torta imbevuta ancor di tiglio nella strozza, caro figlio, il Marcello in quell’istante un programma ebbe davante e decise senza indugio di cercare il suo rifugio dalle asprezze del presente in un atto progrediente di ricerca del passato già perduto, e ritrovato per magia straordinaria di memoria involontaria.

I ricordi alquanto lisi rinfrescò dei Campi Elisi quando allegro all’aria aperta vi giocava con Gilberta – che tradì, la poverina, per la gota di Albertina, maliziosa forosetta che girava in bicicletta.

Siamo onesti, che daffare quel figliol si diede al mare, e raggiunse infine il clou col conoscere Saint-Loup.

Riviveva nel suo sen il salotto Verdurin, presso cui faceva il fan di quel dandy d’uno Swan (quante poi se ne son dette delle nozze con Odette ch’era sì una concubina, ma di classe sopraffina…), e con molta discrezione di Charlus la perversione tollerò col fine insano d’apparire più mondano, affiliato alla camorra di Sodòma e di Gomorra.

Finalmente appaga il voto ed accede, pio e devoto, nel santuario assai charmant ove officiano i Guermantes.

Ma codeste son vicende e narrarle non vi rende certo il senso sostanziale di quel viaggio temporale che Marcello seppe fare in misura sì esemplare.

Ed il leggere di un fiato quel romanzo smisurato vi assicuro, è risaputo, che non è tempo perduto. 

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