Retrocomputing

Quando l’informatica diventa vintage

Commodore 64 (1982)

Divenne sinonimo di home computer: il Commodore 64 nella versione del 1982.

Il periodo fra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’90 dello scorso secolo è conosciuto come l’epoca d’oro dei microcomputer ad uso domestico, i cosiddetti home computer. La produzione in massa di microprocessori basati su chip di silicio consentì, per la prima volta nella storia della moderna informatica, lo sviluppo di calcolatori generici a prezzi accessibili ad un pubblico di utenti non tecnici. I modelli di maggior successo, prodotti da aziende quali Apple, Commodore e Sinclair Research, vendettero milioni di unità e contribuirono in modo determinante a familiarizzare le masse con l’informatica. Un’intera generazione di ragazzi ed adolescenti ha mosso i primi passi informatici su Commodore 64, Amiga, Atari ST, soprattutto giocando ai videogiochi, ma anche programmando in BASIC o, per i più avventurosi, nel cosiddetto linguaggio macchina. E proprio molti degli adolescenti di allora, superata la soglia dei cinquant’anni, contribuiscono al crescente successo del retrocomputing, ossia del recupero di computer di vecchie generazioni allo scopo di renderli nuovamente utilizzabili. Particolarmente diffuso in Gran Bretagna e in Germania, dove si svolgono grandi raduni di appassionati, come il Vintage Computer Festival Europe a Monaco di Baviera, negli ultimi anni il retrocomputing ha preso piede anche in Italia e in Svizzera, con la nascita di gruppi ed associazioni.

Nel corso delle prossime settimane approfondiremo vari temi legati al mondo del retrocomputing. Nel frattempo i lettori interessati possono far capo ai seguenti siti:

Cleto Pescia
posta@osservatore.ch

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