Teatro

Relazioni di guerra e linguaggio

© LAC – Foto Studio Pagi

Una nuova importante produzione per il LAC, un’altra impegnativa sfida, in questo momento anche di positiva svolta delle regole sanitaria, per Carmelo Rifici, direttore artistico che firma la regia e quello che è molto più di un adattamento essendo una vera e propria riscrittura, un “progetto di ricerca” come da lui sottolineato durante la conferenza stampa di questa mattina. Queste Relazioni pericolose sono figlie di Lingua Madre, la creatura digitale nata e sviluppata in era pandemica. Al centro le tematiche di corpo, linguaggi, ritualità umana. E il fascino esercitato dal ‘700 dove si aprono prospettive rivoluzionarie per la storia del pensiero occidentale, il tramonto della spiritualità sostituita dalla lucidità, la precisione geometrica, matematica con la quale viene analizzato l’essere umano e le difficoltà di dialogo con l’agire nel mondo sensibile, quindi antitesi tra ragione e caos. E il ‘700 diventa un paradigma, senza attualizzazione, di questa ambivalenza e di una costante minaccia. È una guerra che viene da lontano.

Immagine delle prove dello spettacolo “Le relazioni pericolose”. © LAC Lugano Arte e Cultura 2022

Lettere e concezione militare. Punto di partenza il trattato Della guerra del generale prussiano Carl von Clausewitz alla luce del saggio a lui dedicato dal filosofo René Girard, la guerra come strumento di controllo dell’altro, per piegarlo al proprio potere, inseparabile dal concetto occidentale di politica. Una guerra è la strategia epistolare al centro del romanzo di Choderlos de Laclos, generale pure lui. Guerra e lettere, cioè il linguaggio come arma. Attraverso la corrispondenza (senza la presenza del corpo) si può esercitare il dominio, il possesso, la manipolazione; la mente, le menti, dietro le parole scritte e spedite è la forza sulla fragilità del corpo. Rifici dichiara che la sua è una visione critica non di aderenza a questo pensiero. Il corpo, il mistero soccombono di fronte ad un meccanismo perverso. Ma a Rifici non bastava fermarsi al libro epistolare di Laclos (fonte d’ispirazione per cinema e teatro); con l’aiuto di suoi due ex studenti, Livia Rossi e Ugo Fiore ha cercato testi per approfondirne e svilupparne la tesi ideologica. L’elenco delle presenze autorali è molto nutrito, santi, filosofi, narratori, poeti, da Antonin Artaud a Teresa D’Avila, da Elias Canetti a Dostoevskij, a Keats, Nietzsche, Pasolini, de Sade, Simon Weil, Stefan Zweig… È nel linguaggio che si troveranno questi punti di riferimento, perché i personaggi e la sostanza della trama resteranno gli stessi (salvo nel finale). Anche l’impianto scenico, visivo e sonoro avrà un ruolo importante pure con quella che Rifici definisce “tecnologia arcaica”, ad esempio la presenza di un fonografo. Il desiderio è “di far affiorare la violenza e il potenziale bellico delle lettere”, più che la psicologia dei personaggi le ideologie che li muovono. Gli interpreti coinvolti nel lavoro (oltre agli altri collaboratori), sono: Flavio Capuzzo Dolcetta, Livia Rossi, Elena Ghiaurov, Monica Piseddu, Edoardo Ribatto.

Per quanto concerne la trama di Laclos: la Marchesa de Merteuil, con l’aiuto del Visconte di Valmont, che fa suo complice, vuole vendicarsi dell’amante che l’ha abbandonata, Gercourt. Il sofisticato piano porta a sedurre la casta Madame de Tourvel e l’ingenua Cécile de Volanges, promessa a Gercourt… Gli strateghi agiscono come vere e proprie macchine da guerra.

In scena dal 7 al 9 marzo. L’8 si svolgerà un incontro di approfondimento (ore 18, Sala 4), oltre al regista interverranno Maddalena Giovannelli, Sara Garau e Marco Maggi.

Manuela Camponovo

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