Altro che solidarietà, la pandemia rischia di mettere le strutture l’una contro l’altra. C’è chi si è lamentato che il proprio commercio non possa ospitare clienti al chiuso, mentre da oggi è concesso, seppure con un limite a 50 persone, in diversi ambiti come quelli culturali. Ci fu un tempo in cui ci si lamentava del contrario. Ma con teatri e cinema si va sul sicuro. Ad esempio, la prenotazione è obbligatoria, oggi più che mai, se non altro per trovare posto. Anche in diversi ristoranti è così, ma non in tutti. Ai deschi delle terrazze ci si può accomodare quando si vuole, sui tavolini c’è un codice a barre per lasciare i propri dati, ma nessuno controlla che venga fatto e spesso l’avventore non lo fa. Inoltre, la mascherina dovrebbe essere tolta solo per bere e/o mangiare e anche questa raccomandazione risulta disattesa: appena ci si siede sembra esserci la scusa per liberarsi naso e bocca dalla “museruola” e si chiacchiera, certo. Non così al cinema e a teatro: la mascherina si tiene sempre e le occasioni di conversare sono ridotte al tempo di attesa per l’inizio dello spettacolo. Le distanze qui sono rispettate al centimetro, attraverso poltroncine inamovibili. Si capisce il bisogno di guadagnare ovviamente ma non a spese della salute con tavolini e sedie all’aperto. Si spera che non capiti quello che ho visto questa estate, con gente ammassata a gustarsi l’aperitivo… Qualcuno, anche tra medici e altri specialisti, da oggi è preoccupato, ma la richiesta per tutti è sempre la stessa: responsabilità, perché in gioco nel futuro ci può essere sia la situazione sanitaria, sia quella economica, se si dovesse arrivare ad un’impennata d’infezioni, mentre le vaccinazioni in Svizzera vanno avanti con il ritmo che conosciamo.
Manuela Camponovo