Didattica

Scuola, si parte in classe ma…

Ragazzo seduto al PC

Più che sulle ali delle auspicate certezze, il nuovo anno scolastico si presenta sotto il segno dell’incognita. Il 31 agosto, giorno della prima simbolica campanella in Ticino, è prossimo. Sarà il coronavirus a tracciare la rotta: non si potrà prescindere da questo sgradito virus. L’estate con i suoi riti, dopo i mesi dell’isolamento, ha spinto all’insù la temibile curva dei contagi con relativo corteo di conseguenze. La prima a dover fare i conti è proprio la scuola. Naturale e doverosa la scelta della didattica in presenza, cioè delle lezioni in classe: è un bell’atto di fiducia che ha come partner d’obbligo la speranza. Si vedrà. L’evoluzione della Covid-19 costringe alla prudenza dei passi di piombo. L’avanzata della pandemia non si arresta, anzi, in questa penultima settimana di agosto si è raggiunta quota 23,7 milioni con oltre 800 mila decessi. Confortante il trend delle guarigioni, 15,3 milioni. L’orizzonte sarà più chiaro a stagione delle vacanze finite (quelle della gente) e il trend sarà più attendibile perché meno esposto a viaggi, spiagge, movide e assembramenti vari.
Dopo essere stati costretti a interventi dettati dall’emergenza, che non sempre consente le scelte migliori, il nuovo anno dovrà correre per recuperare sulle lacune prodotte dalla chiusura delle aule e dalla didattica a distanza, cioè via computer-internet. Vale la pena di ripercorrere a grandi linee l’itinerario seguito dalla scuola dal mese di marzo in poi. Lo facciamo dopo aver raccolto il parere di docenti che hanno fatto ricapitolazione dei mesi da marzo a giugno e in prospettiva di ciò che inizia lunedì 31 agosto 2020.

Didattica a distanza, sguardo all’indietro

A seguito del coronavirus e dell’introduzione delle lezioni a distanza, il Dipartimento ha messo a disposizione dei docenti due piattaforme con le quali hanno dovuto familiarizzare: le piattaforme Moodle e Teams. La prima era già attiva per i docenti, poco utilizzata però in tempo di normalità e di lezioni in classe. Si tratta di una piattaforma creata dal CERDD (Centro di risorse didattiche e digitali), sulla quale il docente può caricare del materiale da condividere con gli studenti della sua classe. Il problema è che questa piattaforma, pensata per un carico X di docenti e di studenti nel momento dell’emergenza da covid non poteva supportare il sovraccarico che c’è stato. Nelle prime due settimane tutti i docenti erano chiamati a caricare del materiale che dovevano creare su misura per gli studenti, ma il tempo per crearlo è stato poco. Va osservato in proposito che alcuni docenti lavorano senza problemi con la nuova tecnologia, altri, più all’antica, hanno incontrato comprensibili difficoltà nell’uso di questa piattaforma e hanno avuto un approccio da autodidatti.

Piattaforma complessa e comprensibili difficoltà

Alcuni docenti hanno avuto la fortuna di poter contare su un collaboratore di direzione che è riuscito a creare dei tutorial che ha condiviso – attraverso la posta elettronica – con i docenti ai quali spiegava passo-passo l’uso della piattaforma. Questi tutorial poi sono stati indirizzati anche a molti colleghi che non ne disponevano. Una sorta di mutuo soccorso. «Ci sentivamo un po’ tutti sulla stessa barca, con una piattaforma che si doveva utilizzare, ma che pochi sapevano gestire». In più la piattaforma Moodle andava in “crash” spesso e volentieri per sovraccarico di collegamenti contemporanei. Uno cercava di caricare o scaricare materiale e non ci riusciva. Si passavano ore e ore di attesa. Lo hanno sperimentato sulla loro pelle molti genitori con figli che frequentavano le medie: il programma non si apriva. Le operazioni di accesso diventavano possibili nella pausa di pranzo o in piena notte. Molti docenti non staccavano mai: stavano mobilitati a oltranza, perché il passaggio successivo era costituito dalle comprensibili e naturali domande degli studenti. Ma quando un docente ha un contatto con un allievo, via posta elettronica o internet, per l’allievo di fatto non c’è più orario. Alcuni collegamenti avvenivano in tarda serata o anche di notte, con attesa di risposta quasi in tempo reale. Situazioni di disagio e fatica reali.
La stragrande maggioranza dei docenti si è impegnata e applicata con piena dedizione. Alcuni si sono dovuti attrezzare in proprio con PC adeguati per le videolezioni. Il Dipartimento ha dato ampio margine d’azione ai docenti, esigendo giustamente contatti il più possibile normali con gli allievi. Purtroppo, considerando lo stemperarsi delle varie fasi con relative modalità – alcune delle quali purtroppo di vasta demotivazione – alcuni allievi sono letteralmente “scomparsi” dal radar della scuola. Concordi nel giudizio alcuni docenti: si chiedeva ai ragazzi di lavorare e non corrispondevano. Da una parte c’erano docenti che si prodigavano per produrre materiale utile e studenti che non accedevano neppure più ad internet.

Note delle verifiche, lo spartiacque di marzo

Nell’iter del coronavirus, il consigliere di Stato, Manuele Bertoli, ha detto alla stampa che i docenti – da settembre all’11 marzo – avevano potuto acquisire sufficienti elementi per formulare una valutazione sui singoli studenti. E se le note delle verifiche effettuate nel secondo semestre erano inferiori alla nota del primo semestre, non andavano tenute in considerazione.
Analisi di un docente: «Prendiamo un allievo di prima liceo, chiamato ad un bel salto di specie. Il primo semestre è di normale e non sempre facile ambientamento. A questo allievo un po’ insicuro e disorientato il docente non rifila un’insufficienza, ma lo porta piuttosto sul 4, che è già in parte regalato. Se questo stesso allievo all’inizio del secondo semestre si fosse ritrovato con due valutazioni negative, non le si conteggiava. Io ho finito per dare delle note sufficienti ad allievi che avevo già graziato nel primo semestre e che nel secondo s’erano già beccati un 3. Però ho dovuto dare il 4 finale perché la nota non poteva essere peggiore di quella del primo semestre». Si sono insomma create disuguaglianze evidenti tra gli allievi, ad esempio quelli non graziati e che forse sarebbe stato giusto aiutare. Conclusione: si è accantonata l’equità all’interno della classe.

Se il docente parla a riquadri neri

Un altro docente: «Si tratta di voti che non sono reali. Alla fine dell’anno ho parlato con ciascun allievo, uno alla volta in forma privata, spiegando qual era il voto di media matematica e il voto finale, come e perché si era arrivati lì. Non è una situazione corretta ma di favore».
Non si sa bene come i docenti stessi potranno ripartire nel nuovo anno scolastico e con quali valutazioni per allievi che sono stati assenti per mesi. Chiunque capisce che anche per l’allievo più motivato era difficile seguire tutto. Con la seconda piattaforma a disposizione – Teams – il docente aveva la possibilità di tenere delle video-lezioni tipo Skype. L’ideale sarebbe stato di poter tenere almeno una video-lezione a settimana, ma la pratica a volte è più ostica della grammatica. Il docente accende la telecamera e il microfono e per 45 o 60 minuti simula una lezione in classe per 4 o 6 o 10 studenti se questi accendono la videocamera. Se i 4 o 6 o 10 non accendono la videocamera, il prof parla con altrettanti riquadri neri senza alcun riscontro. Uno scenario che ha del surreale.

Giuseppe Zois

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