I viaggi di Manuela

Siete pecore o lupi?

Ma i veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre “Andiamo”, e non sanno perché. I loro desideri hanno le forme delle nuvole.

(Charles Baudelaire)

Non nel senso se vi sentite prede o predatori, la metafora riguarda semmai turisti e viaggiatori. Amate partire in gruppo oppure, non necessariamente da soli, ma comunque individualmente? Dipende molto dal carattere, se non avete una particolare propensione all’imprevisto e alle sorprese, se volete sempre essere organizzati su tutto senza preoccupazioni e pensieri, allora appartenete alla prima categoria.

Per quanto mi riguarda, credo di essere stata traumatizzata dalle gite scolastiche. Intendiamoci, sono bei momenti di condivisione che, tra gli eventi di quel periodo della propria vita, si ricordano volentieri. Andavo ancora alle medie quando per la prima volta ho visto Venezia, Firenze, Napoli e portavo con me, da precoce lettrice, Viaggio in Italia di Goethe: leggendo quelle descrizioni di fine Settecento non si notavano allora grandi differenze… Ma in truppa, con orari stabiliti e snervanti ritardi perché c’era sempre qualcuno che pensava bene d’imboscarsi o di perdersi quando era ora di partire per qualche escursione. Mi sentivo sempre fuori posto se manifestavo qualche interesse per un museo o opere d’arte, l’occasione era quella di fare tanto “casino” e basta. Ma era proprio la tabella di marcia che mi dava fastidio, dover seguire un programma in un tempo preciso, anche senza essere a scuola.

Così, appena ho potuto viaggiare per conto mio l’ho fatto, e da ragazzi è normale non affidarsi a delle agenzie. Però ho continuato anche dopo. E devo dire che le vere scoperte arrivano proprio quando ci si allontana dai sentieri battuti, dietro quell’angolo, in quella stradina, a quella fermata, in quel luogo abbandonato che non c’è in nessuna guida né mappa. La meraviglia di svegliarsi al mattino e uscire dalla porta abbandonandosi senza meta per me è insostituibile. Senza contare che quando si viaggia in gruppo, si è tra simili, meno disponibili (anche per ragioni pratiche) all’incontro con l’altro, lo straniero. Si è come imbozzolati nella propria dimensione culturale, senza possibili trasgressioni. Tutti in fila dietro a una bandierina… È più comodo, più facile, ma meno arricchente.

Viaggiando con una persona o al massimo un piccolo gruppo di amici (molto affiatati, altrimenti è un disastro) ci si mette d’accordo e qualche volta si possono anche momentaneamente scegliere destinazioni differenti. Occorre sempre avere un certo spirito sia di adattamento sia di intraprendenza. La questione ha due facce, da una parte c’è lo scambio anche di impressioni e di pareri, che è sempre utile, dall’altra però c’è anche l’influenza, la contaminazione per cui ad un certo punto non si sa più cosa veramente ci appartiene (quando ci si muove in coppia, spinti dal vento dell’amore… beh, questa è tutta un’altra storia).

Ci può essere anche una differenza di ritmo. Quando vado a visitare una pinacoteca, ad esempio, spesso do appuntamento al bar o nell’atrio dopo un ragionevole tempo, perché non tutti si fermano davanti agli stessi quadri e perché la contemplazione è davvero un fatto individuale. Ho un’amica che passa, direi, trapassa, tutto in velocità, perché dice che tanto a lei serve solo una impressione generale. Non è la mia dimensione temporale. E quando leggo su certe guide che per visitare quel museo ci vuole almeno un’ora resto sempre sconcertata, come quando ti dicono che quel percorso a piedi richiede un quarto d’ora… Come, per tutti? Con quali piedi? Quanto si è alti, qual è l’ampiezza del passo, maschi e femmine, giovani e anziani?  Oppure fanno una media?

Poi ci sono i viaggi più complicati. Se i soldi non sono un problema, l’ideale può essere di avere una guida locale al nostro servizio, allora l’esperto darà consigli ma saremo noi a dire dove, quando andare e quanto tempo restare, nei limiti del possibile, naturalmente.

Dalle gite scolastiche non facevo più un viaggio organizzato, è questo che ho detto quando nel 2015 ho affrontato la Transiberiana, per la verità Transmongolica, Pechino-Mosca via terra, un mito, ma anche un itinerario molto complicato che tocca stazioni della profonda Russia, impensabile chiedere un biglietto ferroviario per tutto il tragitto. E quando sono capitata in stazione, colpita dal dépliant che emergeva nella griglia… Non ci ho pensato molto. È stata un’esperienza anche da questo punto di vista. Le icone ortodosse sarei stata lì a contemplarle per ore, ma occorreva andare, perché c’era il programma da rispettare…! Poi è vero che nel pacchetto offerto ci sono state occasioni che nel viaggio individuale difficilmente avrebbero potuto esserci, come cenare in una dacia familiare in mezzo al bosco o partecipare a un picnic in riva al Baltico… Rituali standard per il pacchetto tutto compreso non per il viaggiatore della prima ora… Mi rimane il rimpianto di avere avuto poche opportunità di conoscere il popolo, di fare magari altre scoperte fuoriprogramma… Una prossima volta… Può darsi…

E voi direte, questa continua a fare dissertazioni su un argomento o l’altro, ma i racconti di viaggio?  Ebbene, la prossima volta inizierò a descrivervi il mio itinerario più recente, quello dello scorso giugno in Scozia… Una fantastica realtà culturale e paesaggistica!

 

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