Teatro

Stefano Benni e le derive contemporanee al Cortile di Viganello

Da sinistra, Emanuele Santoro e Roberto Albin.

Emanuele Santoro, ieri sera, ha aperto la nuova stagione de Il Cortile di Viganello, “forse l’ultima”. Dopo averne accennato in sede di conferenza stampa, lo ha fatto anche davanti al suo fedele pubblico: nel luogo dove si trova la sala teatrale (affittata con un contratto rinnovabile ogni sei mesi) dovrebbe sorgere una casa dello studente, le voci continuano a circolare, però nessuna disdetta ufficiale è arrivata finora al regista e attore. Come lui, staremo a vedere, sperando che in ogni caso una soluzione si trovi.

Intanto ecco Comicità della solitudine, tre racconti di Stefano Benni che, attraverso il caratteristico senso di un assurdo grottesco sconfinante nel surreale, indagano la tragedia umana con risultati spesso amaramente esilaranti. Ad accompagnare la voce del lettore il “compagno di merende” Roberto Albin che, alternando vari strumenti musicali, soprattutto violino e chitarra, ha commentato sonoramente i passaggi, calandosi, quando era il caso, anche nella parte di rumorista e del cane protagonista del primo delle tre narrazioni scelte: Boomerang, di nome e di fatto. Al centro un uomo che dopo la morte della moglie inizia a odiare quel brutto botolo del suo animale convivente, ricevendone invece in cambio un condizionato e inattaccabile affetto. Dopo averlo trascurato, l’uomo decide di liberarsene, portandolo in luoghi ogni volta più lontani, perché se lo ritrova sempre alla porta, anche quando lo ha lasciato a chilometri di distanza; sempre lì, ossessivamente per lui. Fino a quando decide addirittura di partire, di prendere un aereo, ma anche in quel caso, sostituendosi ad un altro cane passeggero, il suo Boomerang, di nome e di fatto, se lo ritrova di nuovo lì con quello sguardo intollerabilmente amorevole… sempre insieme, inesorabilmente, fino alla soluzione finale.

Dalla terza persona alla prima del monologo proposto nella seconda lettura Mai più solo. Si vede brutto, a vivere circondato dall’indifferenza dell’altrui umanità che lo ignora, donne, uomini, privo di parenti e amici. Colpa dei cinesi… afferma il tormentone del nostro protagonista. Chiuso il verduriere, aperto Millevoci un negozio di cellulari. E inizia così la sua avventura in un inferno di finzioni; solleticato dalla commessa interessata, compra un telefono, poi due… quattro, ma fin dall’inizio nella sua solitudine non ci sono neppure comunicazioni possibili e allora finge telefonate, adopera un telefono per chiamare l’altro, da “me a io”. Benni ci guida nella drammaticità contemporanea: io esisto perché qualcuno mi chiama, sono preso in considerazione nella misura in cui il mio telefono squilla. Un paradosso anche questo portato all’estremo della follia mortale.

Per arrivare ad una parodia, con risvolti gustosamente erotici e un linguaggio decisamente più disinvolto, dell’Orlando furioso che, abbandonato dalla sua Angelica, distrugge l’appartamento, poi cerca di ricomporre i pezzi di tutto ciò che ha spaccato, ma precipita comunque in un lasciarsi andare preoccupante per gli amici, Astolfo in primis, che cercano di sollevarlo facendo leva sulle sue passioni, i camion, il calcio, i film di vampiri… senza successo; gli rifilano ogni genere di altra femmina, fino a quando la situazione, questa volta, si risolve positivamente dopo la scoperta del suo segreto profondo, terribilmente rumoroso e al quale solo una donna sorda può resistere…

Alla fine, anche un bis, in un ultimo racconto, quasi una parabola, quella di uno scienziato alla ricerca dell’“uomo più solo al mondo” e per questo viaggia per monti, mari, foreste, ghiacciai, ma sempre è deluso perché scopre che quel contrabbandato eremitaggio in realtà non esiste. È comunque una scoperta, l’inesistenza di un essere umano veramente solo, ma lo scienziato, che vive, lui sì, completamente isolato, senza amici, senza colleghi, non sa a chi comunicarla. Dopo averlo seguito in giro per il mondo, si constata che quella solitudine estrema era lì, nella casa, nella vita del protagonista.

La voce di Santoro ci ha guidato nella lettura auditiva, con tutte le sfumature del caso, mentre Roberto Albin ha fatto da giusto contraltare, in questi logici paradossi che attraversano le derive della contemporaneità.

Da non perdere oggi la replica alle 17. Prossimo appuntamento con l’Omaggio a Dürrenmatt, il 9 e 10 novembre.

Manuela Camponovo

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