Arte

“The Concert”, il progetto di Latifa Echakhch per la Biennale Arte 2022

(Da sin.): Alexandre Babel, Latifa Echakhch, Francesco Stocchi. © Sébastien Agnetti

La Fondazione svizzera per la cultura Pro Helvetia ha incaricato Latifa Echakhch di rappresentare la Svizzera alla 59ma Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia. Il progetto “The Concert” è stato concepito e realizzato in collaborazione con il percussionista e compositore Alexandre Babel e il curatore Francesco Stocchi. «Vogliamo che il pubblico lasci l’esposizione con la stessa sensazione di quando si esce da un concerto. Che senta l’eco di questo ritmo, di quei frammenti di memoria», afferma Latifa Echakhch. «Ogni volta, la Biennale offre un profluvio di eccellenza artistica. Un’onda che culmina in una magnificenza catartica per poi rifluire, lasciando un paesaggio deserto di edifici abbandonati». Latifa Echakhch solleva la questione se l’arte, similmente alla musica, inizia a esistere soltanto quando il silenzio e un senso di vuoto prendono il sopravvento.

Malinconici scampoli d’arte riempiono il primo spazio, dove i visitatori e le visitatrici iniziano un viaggio a ritroso nel tempo. In ogni sala l’atmosfera cambia – il tempo corre alla rovescia, dalla viva luce del giorno alla sera precedente. Sempre più manifestamente ispirate a opere e tradizioni folcloristiche, le sculture di ampie dimensioni appaiono vieppiù velate da un’oscurità incombente. Sono scene di impermanenza, di catarsi, con cui l’artista Latifa Echakhch incanta i visitatori e le visitatrici del Padiglione svizzero alla Biennale di Venezia, scene che mettono in luce il ciclo vitale in una maniera composita e ricca di sfaccettature. La maggior parte dei materiali utilizzati per la mostra, riciclati da precedenti Biennali, sono essi stessi risultato di una trasformazione.

L’artista Latifa Echakhch, residente in Svizzera, evoca i fuochi rituali presenti in molte culture. A tale proposito si possono citare il rogo di pupazzi di paglia nella notte di San Giovanni, che dovrebbe proteggere contro i demoni e le malattie nel periodo del solstizio alla fine di giugno, o, in Svizzera, il “Böögg”, dato alle fiamme sul Sechseläutenplatz per scacciare l’inverno. In questi contesti il fuoco simboleggia sempre sia una fine che un nuovo inizio e la ciclicità del tempo. Latifa Echakhch intesse inoltre un dialogo con l’edificio progettato da Bruno Giacometti nel 1951. L’artista rivisita il suo programma architettonico e si appropria degli spazi nella loro interezza, della loro relazione con la luce e dei diversi suoni che emergono da essi.

L’esposizione sarà accompagnata da un disco in vinile e da un libro che riflettono le discussioni che hanno guidato il progetto. Il libro presenta materiali d’archivio, interviste e testi critici, incluse considerazioni teoriche attorno al suono, al ritmo e alla nozione di opera d’arte totale. In quanto tale offrirà una chiave di lettura aggiuntiva della mostra.

In cima